L’Inter continua a muovere le sue pedine per cercare di arrivare ad Arturo Vidal. Anche Fabrizio Biasin, nel suo editoriale per Tmw, conferma l’accordo con il centrocampista, già anticipato ieri da Fcinter1908.it. Non c’è invece quello col Bayern: “Tutte le settimane ripetiamo le stesse cose, ma il tempo passa e diventa difficile rendere “digeribile” un certo tipo di piano societario. C’è chi pensa che dietro al mercato “stitico” ci sia una precisa e improvvisa scelta aziendale (“non spendiamo più!”), mentre certe decisioni sono state prese mesi addietro (“Spendiamo, ma con logica”).
Spalletti per molti ha infilato una maschera: sostiene di essere sereno e invece è nervoso e incazzato. La verità è che il tecnico sa bene quello che accade alle sue spalle: sono arrivate alcune delle pedine da lui richieste (Borja Valero e Skriniar), altre arriveranno (Vecino e Dalbert, quest’ultimo proposto dal club). E poi? Basta? No, assolutamente. “Poi”, arriveranno i colpi consistenti: per Vidal l’Inter ci ha provato, ha ottenuto il “sì” del giocatore ma non quello del club. Sabatini a tal proposito è stato chiaro: “Vogliamo giocatori che non sono facili da prendere”. Ma il solo fatto di puntare a un profilo il cui costo (cartellino più ingaggio) supera le svariate decine di milioni è la prova che le intenzioni di Zhang restano serissime e che il “colpo” verrà fatto esattamente in quella zona del campo.
Capitolo Perisic: il club ha fatto il prezzo (50 milioni) e da quello non scende. A Manchester prendono tempo, ma sanno che i nerazzurri non faranno passi indietro, a meno che nella trattativa non venga inserito Martial. In caso contrario il croato resterà a Milano.
Il resto è una questione di “equilibrio”: quello societario, che mantiene la calma ma effettivamente sa che è giunto il momento di sferrare gli attacchi decisivi; quello dei tifosi, divisi tra chi si fida e chi invece “compriamo qualunque cosa prima che sia troppo tardi”; quello del tecnico e della squadra, che ha battuto il Lione in un’inutile amichevole di luglio ma ha dato segni evidenti di cosa significhi provare a “essere gruppo”. Un anno fa esatto Thohir e Mancini si incontravano a Portland per provare a trovare un punto di incontro. Non ci riuscirono e le cose andarono come andarono. È un’altra storia, è vero, e fare paragoni ha poco senso, ma certo quest’anno sembra che si stia utilizzando quella cosa che vale più di un buon giocatore preso “tanto per”: la logica.”