A mente fredda, il giorno dopo Real Madrid-Inter superato il rammarico per una partita giocata bene ma persa male, possiamo valutare con lucidità la prestazione contro gli spagnoli e soprattutto fare un bilancio del nostro cammino in Champions fin qui.
Dopo gli elogi, l’incenso, la glorificazione dell’Inter e di Inzaghi nel post-partita nella Capitale la cosa fondamentale era affrontare il Real con lo stesso piglio del match di Roma, con la stessa idea di gioco, intensità e voglia di cercare un risultato favorevole anche se un risultato favorevole non era la cosa fondamentale.
Un paradosso? Sì, perché una sconfitta contro la formazione allenata da Ancelotti poteva arrivare l’importante era in quale maniera e dobbiamo dire che fino al ’60/’64 minuto di gioco l’Inter ha meritato molto di più che di star sotto per uno a zero, insomma proprio come all’andata la squadra di Inzaghi non ha sfigurato, anzi, giocandosela ampiamente contro una squadra molto più strutturata per la massima competizione europea, non a caso è una delle candidate ad alzare la coppa.
Terminiamo dunque i gironi di Champions trovando una prenotazione agli ottavi con una gara d’anticipo, avendo disputato due partite contro il Real Madrid imponendo il nostro gioco, migliorando partita dopo partita e nonostante aver attraversato momenti di difficoltà con Sheriff e Shakhtar siamo arrivati al punto di divertirci e divertire contro la migliore del girone seppur non trovando punti: tant’è che Inzaghi ha sottolineato, in conferenza, il dover migliorare sotto questo aspetto, una squadra non può sprecare così tante occasioni da rete contro avversari di questo calibro altrimenti l’epilogo sarà sempre questo.
Ma l’Inter non è ancora una squadra bella e fatta, pronta per il definitivo salto di qualità, ci sta arrivando con il lavoro del proprio allenatore e quindi il bilancio, nonostante sia arrivata una sconfitta, è più che positivo fin qui: gli ottavi erano l’obiettivo, arrivare primi al gironi solo un lusso che oggi non possiamo permetterci.

Identità Inter

L’Inter ha mantenuto la propria anima anche a Madrid. Contro gli scettici che pensavano di vedere una squadra con un atteggiamento in campionato ed un altro in Europa la gara di ieri li ha largamente smentiti.
La conclusione alla quale giungiamo, prendendoci tutti i rischi del caso, è che l’Inter ha una identità.
Dopo sei mesi dall’arrivo di mister Inzaghi sento di poter affermare che questa è la sua Inter, lontana dall’impostazione Contiana seppur mantenendone l’ossatura (il modulo). Finalmente si vede una squadra con un dogma, che per nostra fortuna si traduce in un gioco convincente ed allegro portato ad una grande attenzione alla fase offensiva e quindi di per sé piacevole, giocatori che scendono in campo sapendo cosa cerca il loro allenatore e tifosi che salgono i gradini dello stadio sapendo cosa aspettarsi dalla propria squadra. Ciò naturalmente porterà a gioie e dolori, aspettative alte comportano prestazioni adeguate ma è il gioco, che vale sicuramente la candela, per chi vuole trovarsi ai vertici.
Questa prima parte di Champions e di stagione l’Inter l’ha affrontata in fasi diverse, conquistando punti al principio, inciampando nel mezzo trovando degli ostacoli e ritrovandosi a giocar con tranquillità esprimendo la propria filosofia.
Proprio come in un cammino, allenatore e squadra viaggiano sugli stessi binari, si trovano e percorrono la strada sapendo di non aver raggiunto la vetta, affrontando le criticità del caso e superandole con il lavoro.
L’Inter è una squadra che non mi sarei aspettato di vedere così ad agosto che mi ha portato oggi ad aspettarmela in un certo modo a maggio e le carte per non rimanere deluso sono tutte sul tavolo.

Cambiare tutto per non cambiare niente

Come già sostenuto in passato, forse l’unica pecca, l’unico appunto da poter fare ad Inzaghi è nella gestione dei cambi, ieri sera più che mai incomprensibile anche se non sono state le sostituzioni ad essere decisive ai fini della sconfitta.
In una partita dove nel primo tempo è stato ampiamente gestito il Real Madrid a casa propria (due titi in porta per i madrileni: un gol ed un palo, dunque anche fortunati nella prima fase della partita) la necessità di dover sostituire quattro elementi all’interno della prima ora di gioco lo trovo francamente curioso. Dimarco per Dumfries nell’intervallo è accettabile, nonstante l’olandese non stesse giocando male magari Inzaghi cercava una spinta maggiore da sinistra e aveva in mente di poter sfruttare di più i calci piazzati grazie al piede delicato del numero 32.
La triplice sostituzione al sessantesimo di Dzeko, Calhanoglu e Brozvic per Vecino, Vidal e Sanchez oltre ad essere un segnale di resa immotivato, è assolutamente fuori luogo per diverse motivazioni.
Per prima cosa anche se la partita non ha un valore a livello di qualificazione è comunque una partita di prestigio che qualcosina vale, perché tentare di passare il girone come prima comporta una maggiore (per usare un eufemismo) possibilità di pescare un avversario abbordabile agli ottavi.
Secondo, una partita del genere a meno che non sia definitivamente chiusa o non si sia giunti all’ottantesimo non ti permette di poter far riposare alcuni giocatori, uno su tutti: Brozovic.
Terzo, fare così tanti cambi insieme nonostante la squadra stia giocando un’ottima, partita seppur calando rispetto al primo tempo, diventa pericoloso se poi accade un episodio incontrollabile come l’espulsione di Barella che da lì in poi regala la partita al Real Madrid.
Dunque: tempistiche, uomini sostituiti e i perché sono sicuramente rivedibili; quando Inzaghi allenava la Lazio alcuni tipi di ragionamenti potevano essere leciti all’Inter no.
Nessuna critica feroce all’allenatore nerazzurro, anzi proprio come la sua(!) Inter deve crescere anche Inzaghi catapultato in ambiente totalmente diverso rispetto a quello di Roma deve migliorare alcuni aspetti della sua gestione e non c’è nulla di più naturale.


Barella errore sì, processo no

E’ ovvio che se c’è un giocatore dal quale non ci si aspetta un comportamento come quello di ieri sera è proprio Barella.
Giocatore che è maturato moltissimo da quando è all’Inter, campione d’Europa e d’Italia non può permettersi delle reazioni del genere alla “vigilia” degli ottavi dei quali probabilmente (speriamo di no) salterà sia andata che ritorno.
Ha detto bene Inzaghi nell’intervista post-gara, è un errore ha chiesto scusa e va bene così l’importante è che non ricapiti. Esattamente la cosa fondamentale è che questi tipi di atteggiamenti non ricapitino soprattutto in partite come queste, un po’ perché con l’espulsione la partita è praticamente finita per l’Inter, e perché dover fronteggiare una qualunque squadra nella fase ad eliminazione senza Barella è un gran bel problema.
Nicolò è un giocatore cardine nell’Inter, di livello superiore ed internazionale, lo ha dimostrato anche ieri sera nonostante abbia sbagliato un gol “facile” e non abbia disputato una prestazione monstre, figuriamoci quando gioca partite con altro rendimento; perciò da lui si fa fatica ad accettare una reazione come quella avuta con Militao.
E’ pur vero che a difesa del ragazzo c’è da dire che l’intervento subìto non è stato dei più corretti e che l’espulsione, seppur legittima, è stata comunque una decisione presa applicando il regolamento con forte rigidità.

Con questo, lo sbaglio di Barella è palese, ingenuo ed oltremodo sciocco ma non tale da crocifiggerlo, sarebbe come non riconoscere tutto ciò che di buono esprime con la nostra maglia ogni volta che scende in campo.