Cristiano Ronaldo si racconta. L’attaccante del Real Madrid, attraverso un articolo scritto su The Players Tribune, ha dato uno sguardo alla sua carriera, ponendo l’attenzione sulle difficoltà iniziali fino ai sogni Champions e Pallone d’Oro, diventati entrambi realtà:

“Quando ho iniziato a giocare da professionista a 17 anni, mia madre poteva a malapena vedermi per lo stress. Veniva a vedermi giocare al vecchio Stadio José Alvalade e diventava talmente nervosa nei big match che è svenuta un paio di volte. Davvero, è svenuta. I medici hanno iniziato a prescriverle tranquillanti solo per le mie partite. E io le dicevo ‘Ricordi quando non ti interessava il calcio?’”.

UNITED – “Ho iniziato a sognare sempre più in grande. Volevo giocare per la nazionale e per il Manchester United perché guardavo sempre la Premier League in tv. Ero folgorato dalla rapidità del gioco e dai cori dei tifosi, l’atmosfera era coinvolgente per me. Quando sono diventato un giocatore dello United ero molto orgoglioso di me, ma penso di aver reso ancor più orgogliosa la mia famiglia”.

REAL – “All’inizio vincere trofei era emozionante per me. Ricordo quando ho vinto la mia prima Champions League a Manchester, è stato un momento sensazionale. Stessa cosa per il mio primo Pallone d’Oro. Ma i miei sogni iniziavano a diventare più grandi. Questo è il punto di un sogno, no? Ho sempre ammirato il Real Madrid e volevo una nuova sfida. Volevo vincere trofei al Real Madrid, infrangere record e diventare una leggenda del club. Negli ultimi otto anni, ho raggiunto traguardi incredibili a Madrid. Ma se devo essere onesto, vincere trofei nel prosieguo della carriera ha portato diversi tipi di emozioni. Specialmente negli ultimi due anni. A Madrid, se non vinci tutto gli altri lo considerano un fallimento. Questa è l’aspettativa che arriva con la grandezza: è il mio lavoro”.

CARDIFF – “C’è un momento con mio figlio che ricorderò per sempre, quando ci penso mi si riempie il cuore. E’ stato il momento sul campo dopo che abbiamo vinto l’ultima Champions a Cardiff. Abbiamo scritto la storia quella notte. Quando ero sul campo dopo il fischio finale, sentivo di aver mandato un messaggio al mondo. Poi è entrato in campo mio figlio per festeggiare con me… ed è stato come uno schiocco di dita. Improvvisamente, tutta l’emozione è cambiata. Correva intorno con il figlio di Marcelo. Abbiamo sollevato il trofeo insieme, poi abbiamo camminato per il campo mano nella mano. Quella è una gioia che non capisci finché non diventi padre. Ci sono tante emozioni che arrivano insieme e non puoi descrivere a parole il sentimento. L’unica cosa con a cui posso paragonarlo è come mi sentivo quando mi scaldavo a Madeira e vedevo mia madre e mia sorella abbracciate in tribuna. Quando siamo tornati al Bernabeu per festeggiare Cristiano junior e Marcelito giravano per il campo davanti ai tifosi. E’ stata una scena molto diversa da quando giocavo per le strade alla sua età, ma spero che il sentimento per mio figlio sia lo stesso che avevo io. Dopo 400 partite con il Real, vincere è sempre la mia ultima ambizione. Credo di essere nato così, ma i miei sentimenti dopo che vinco sono molto cambiati. Questo è un nuovo capitolo della mia vita. Ho un messaggio speciale inciso sulle mie nuove scarpe, sul tacco, e le parole sono l’ultima cosa che leggo prima di allacciarmi le scarpe e entrare nel tunnel. E’ come un ultimo promemoria, un messaggio motivazionale. Dice “El sueño del niño”. Il sogno del bambino. Ora forse potete capire”.

NUOVI RECORD – “Voglio continuare a infrangere record a Madrid. Voglio vincere più titoli possibili. E’ la mia natura. Ma quello che più importa del mio tempo a Madrid e quello che racconterò ai miei nipoti quando avrò 95 anni, è la sensazione di camminare per il campo da campione, mano nella mano con mio figlio. Spero lo faremo di nuovo”.

Redazione
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