Che stress la scorsa estate. Caldo, afa, sudore? No. Semplicemente stress da sessione di mercato, perlomeno per noi tifosi interisti.
L’agonia per l’incertezza della reale qualità della rosa per la stagione 21/22 che avevamo alle porte ci stava logorando mente e corpo. L’addio di Hakimi, partito per Parigi dopo un solo anno (meraviglioso) in nerazzurro, la tragedia extra-calcistica che ha coinvolto Eriksen (che a dire il vero è stato un dolore umano e poco importa se lo rivedremo in campo o meno anche se naturalmente ce lo auguriamo per l’Inter e per lui) ed infine la partenza, molto discussa, di Lukaku direzione Londra è stata la “mazzata” finale per il tifoso dell’Inter.
C’è da dirlo, Marotta e Ausilio hanno fatto il massimo con le risorse disponibili, portando a casa: Dzeko, Dimarco, Calhanoglu, Dumfries e Correa – nomi che hanno ridato speranza all’ambiente e anche i risultati sul campo stanno confermando che la fiducia data ai nostri dirigenti non è regalata.
Se per i primi due (Dzeko e Dimarco) possiamo parlare di inizio positivo, soprattutto per il bosniaco autore di 6 gol in 7 partite. Per altri ci si aspetta(va) qualcosa di più e sicuramente l’andamento positivo dell’Inter non sta dipendendo da loro, il che è un bene se si pensa al loro potenziale non ancora espresso, un male se il trend non dovesse cambiare.
Delusione turca
Dei tre, Calhanoglu è stato il più deludente, per distacco. Con le aspettative che lo circondano non può permettersi di fermarsi alla grandissima prestazione in casa contro il Genoa alla prima di campionato e campare di rendita, purtroppo per lui non siamo a scuola e la prima impressione non conta poi tanto se non si continua a studiare. Lo avevamo scritto poco dopo la firma del turco che lo portava dalla nostra sponda meneghina: il ragazzo deve migliorare sulla continuità e allora sì che sarà un calciatore fatto. La scelta Inter è sinonimo di ambizione, arrivare in una squadra fresca di scudetto ti dà la consapevolezza di dover alzare l’asticella per poter competere per certi traguardi e per certi risultati, a maggior ragione se il tuo più grande difetto è proprio il non riuscire a trovare un equilibrio prestazionale.
Tra gli altri aspetti c’è da sottolineare la totale fiducia di Inzaghi nei suoi riguardi, il mister lo sta schierando praticamente sempre titolare giungendo poi, inevitabilmente, verso l’ora, l’ora e mezzo di gioco a sostituirlo. Dunque, minutaggio e partenza dagli undici non sono un alibi per il turco che sotto questi punti di vista non può manifestare mal di pancia (come sta facendo il suo collega Sanchez per chiarirci).
Ci ripeteremo, Calhanoglu può essere importante per la causa Inter ma deve decidere di esserlo ora perché in questo momento ha la possibilità di cambiare questo nuvoloso inizio in una stagione raggiante, avendo Inzaghi che gli sta concedendo parecchie chances ma le giostre non sono infinite e i gettoni per salirci su bisogna guadagnarseli.
Dumfries e l’impatto mancato
Premettiamo che l’eredità era pesante. Mentre con la staffetta Lukaku-Dzeko la differenza sta, oltre che naturalmente sotto il profilo anagrafico, nel diverso approccio a qualsiasi aspetto della partita: bomber spietato il belga, rifinitore e costruttore di gioco il bosniaco quindi due diversi modi di interpretare lo stesso ruolo, insomma quel che ci si aspettava da uno si sapeva fin dal principio che non avrebbe potuto darlo l’altro e viceversa.
Nel caso del passaggio di testimone sulla fascia destra la differenza è tutta sulla caratura dei due giocatori coinvolti: Hakimi e Dumfries che per caratteristiche e compiti da svolgere sono due profili equivalenti. Dumfries è indubbiamente un giocatore con un grande margine di miglioramento fisico e tecnico ma oggettivamente di importanza minore rispetto all’ex-nerazzurro. Quel valore aggiunto che il marocchino sembrava riuscire a portare ad ogni affondo non si riscontra, ad oggi, in Dumfries che seppur non giocando mai male, non sempre lo abbiamo visto “sul pezzo”.
Forse perché lo scorso anno Hakimi già aveva preso pieno possesso del ruolo, confinando Darmian a riserva ufficiale (e quanto mai preziosa) cosa che con Dumfries ancora non è accaduta tant’è Inzaghi spesso gli preferisce l’esterno italiano. L’ambientamento non è per tutti uguale a maggior ragione per un giocatore straniero che sta imparando una lingua benché mai più lontana dalla sua e soprattutto il dover entrare a giocare effettivamente in un campionato di un livello nettamente superiore rispetto a quello olandese.
Detto ciò, in definitiva è mancata la scintilla, un impatto che faccia innamorare ma diamo il tempo che serve a Dumfries, i paragoni ora purtroppo sono leciti ma appena avrà trovato la sua strada nell’Inter e riuscirà a convincere, sicuramente Hakimi rimarrà solamente un (bel) ricordo.
El Tucu ci aspettiamo di più
Quelli come Correa li conosciamo, ti riempiono di belle giocate, entrano e sconvolgono una partita al loro esordio e poi spariscono, un classico della loro categoria: dei belli ma non ballano. Più li ami follemente e più ti feriscono senza alcuna pietà. L’entrata monster in campo contro il Verona e la sua evidente classe hanno portato la mia mente in maniera istantanea a Recoba, e tutto questo ovviamente mi ha spaventato e sappiamo tutti il perché.
Correa deve essere incisivo a partita in corso, lo sa lui e lo sappiamo noi. E non necessariamente segnando ma perlomeno partecipando ed entrando nel vivo del gioco quando c’è un risultato da ribaltare o da andare a chiudere.
Come Calhanoglu, oltre al botto iniziale non ha più minimamente inciso su una partita, anzi, nell’ultima partito da titolare il cambio (al 57’) dell’argentino è stato addirittura provvidenziale per la vittoria finale con Dzeko che si è preso la scena.
Decisivo, questo dovrà essere Correa all’Inter e non lanciare sporadici lampi a ciel sereno sulle difese avversarie.
C’è da dire che l’Inter non è una squadra che gioca in verticale come lui era abituato fine a qualche mese fa alla Lazio quindi alcune difficoltà sul percorso le troverà, ma c’è anche da dire che è allenato proprio da chi quel gioco lo praticava a Roma e vuole replicarlo a Milano.
Non vedere a San Siro l’esplosione del talento di Correa sarebbe uno schiaffo alla miseria.
Le prossime gare, Nazionali premettendo, saranno emotivamente impegnative e altamente pericolose (Lazio – Sheriff – Juventus) ma potrebbero essere fungere da chiave di volta per i nostri deludenti (per ora) ma promettenti (speriamo) neo-acquisti.
Il momento di dover dimostrare chi si è e di che stoffa si è fatti è arrivato, i presupposti tecnici Calhanoglu, Dumfries e Correa li hanno “aspettiamo” solo che li esprimano sul rettangolo verde quanto prima.