La preoccupazione che aleggia tra gli ambienti interisti circa un mercato che stenta a decollare, sia in entrata che in uscita, sta assumendo contorni eccessivamente tetri.
Vero è che la fiducia nel board dirigenziale è andata affievolendosi.
Ma altrettanto vero è il ricambio che quel board ha subito: Sabatini, Zhang e Spalletti, al luogo di Ausilio, Thohir e De Boer credo possano quanto meno essere garanzia per un abbattimento sensibile del rischio d’impresa: il fallimento emozionale di acquisti poco utili e mediatici.
Tutti abbiamo ancora l’immagine d’un novello numero 9 brasiliano che per modalità d’acquisto, per storicità e per simbolo di pubblicità dei nostri sponsor ci ha regalato un sussulto poi mai effettivamente comprovato dalla realtà.
Spalletti in conferenza ha lanciato un monito che per molti suona come una sentenza: “Guai a sbagliare gli acquisti”. Perché è esattamente questo il preludio al fallimento. Sbagliando l’acquisto di uomini e giocatori non necessari ed alle volte neanche degni, si arriva al fallimento sportivo e societario.
Costruire un successo, parte da lontano. Parte dalla programmazione che evidentemente nel corso degli ultimi anni è stata, per noi, una chimera.
Conosciamo tutti la spada di Damocle che incombe sulla testa della Beneamata, quei celeberrimi 30 MLN di € cui far fronte a mo’ di plus valenza entro il 30 Giugno. Conosciamo anche quali possono essere i mezzi cui far fronte (Perisic ndr), e sappiamo anche che sostituire un giocatore del genere non sarà facile.
Eppure i nomi accostati sono stati molti, così come molti i procuratori sentiti. Ma non come fanno molti sotto i riflettori per avere un tornaconto societario – leggasi Milan ed i loro incontri volgari alla luce del sole in cui si assiste ad una reale mercificazione dell’uomo-calciatore. Non ci si può lamentare mai del lavoro svolto sottotraccia, supposto che questo ci sia e idealizzato che Sabatini abbia dato mandato a chi di dovere di preparare la strada agli acquisti a partire del 1 Luglio.
Bisogna smetterla con la mercificazione e massificazione dell’ideale di squadra da fantacalcio. Spalletti è stato chiaro e già solo per questo merita il nostro appoggio. Ragionare da azienda è importante, ma agire da padri di famiglia ancora di più. Al netto del calciatore utile al progetto, è evidente che serva anche un lavoro certosino di punta e fioretto per arrivare all’obiettivo.
Non può spaventare quindi questo apparente immobilismo. Spaventa invece il j’accuse di quella parte di tifosi, che hanno avuto un termine stabilito dopo – e non entro –cui iniziare a cogliere i frutti del lavoro di cui sopra.
L’attesa, eccitante nei modi, è sicuramente logorante. Soprattutto se si è soliti, in un ambiente competitivo come quello del calcio, effettuare paragoni con i nostri competitor. Il punto di partenza, degli stessi, però è effettivamente lontano anni luce: rifondazione per loro, accreditamento per noi.
Bisogna accreditare dei calciatori già presenti in rosa al progetto e soprattutto alla maglia dell’inter. Una volta imposto questo dogma, spetta a Spalletti decidere come e quando agire in funzione dello stesso progetto.
Sono certo che il mister abbia già dato mandato ai dirigenti di muoversi. Così come tutti noi dobbiamo esser certi della bontà delle sue valutazioni. L’unica cosa che ci compete e cui dobbiamo far fronte è la nostra attesa. Il saper attendere con la maturità che un grande progetto impone. Senza parossismi umorali e senza isterismi da comparazione.
Perché l’inter si ama in termini assoluti.
Perché l’attesa possa essere strumento di successi, considerato che la fretta è stata il preambolo ai recenti fallimenti.
Il mercato arriverà, attendiamo con la fiducia che questo nuovo board merita.