A breve sarei divenuto il nuovo allenatore dell’Inter e una rivista italiana pubblicò delle foto di Oriali mentre faceva jogging con Mancini. In quel momento mi fu chiaro che tipo di persona fosse, se ne fregava dell’immagine che avrebbe dato al nuovo tecnico. Avrei potuto considerarlo troppo legato alla gestione precedente. Decisi di tenerlo accanto a me dopo aver visto quelle foto, mi fecero capire che era vero, un uomo onesto disposto a dare tutto per il suo allenatore”. Così José Mourinho parlò di Lele Oriali poco dopo il suo approdo all’Inter, insieme scrissero la storia. Basterebbero queste parole per descrivere l’importanza e l’incidenza di Oriali all’interno di un gruppo, ma andremo oltre.

Dopo l’Inter arriva la Nazionale per il “Piper”, dove ricopre il ruolo di team manager con Antonio Conte commissario tecnico. Nasce un gruppo meraviglioso, un’unità di intenti che porta la squadra, modesta, a un passo dall’eliminare la Germania, che sarebbe divenuta campione d’Europa. Dopo Mancini e Mourinho, Oriali lega anche con Antonio Conte, l’allenatore più esigente d’Italia.

Nella primavera del 2019 iniziano i contatti tra Marotta e il tecnico salentino per il suo trasferimento all’Inter e tra le prime richieste alla società nerazzurra, l’ex c.t. ne avanza una in particolare: «Rivoglio con me Oriali». Immediatamente accontentato. Anche perché lo stesso Ausilio, ai tempi di Sabatini, aveva già raggiunto un accordo con il “Piper” per il suo ritorno ad Appiano Gentile, salvo poi ricevere un inaspettato osteggiamento. Per i primi mesi Conte si accontenterà di un part-time, perché Oriali dovrà sdoppiarsi tra Inter e Nazionale, che nel frattempo si gioca gli Europei. Perché? Perché Mancini non vuole farne a meno e lo chiede fino al termine della competizione. Ok, affare fatto: Inter e Federazione trovano l’accordo.

Mancini vuole Oriali all’Inter, Mourinho vuole Oriali all’Inter, Conte vuole Oriali in Nazionale e poi lo vuole anche Inter, Mancini non vuole fare a meno di Oriali in Nazionale e lo condivide con l’Inter. Insomma, tutti vogliono “Lele”, ma secondo Antonio Cassano tutto ciò accade senza evidenti meriti: «Oriali fondamentale di che? Facciamola finita con questa manfrina: era amico di Mancini e non faceva niente , era amico di Mourinho e non faceva niente. Erano i giocatori e l’allenatore a vincere, mica Oriali».

Come al solito chi non fa giudica chi fa. Da anni Antonio Cassano è fuori dal mondo del calcio, si accontenta di ospitate televisive e sogna di diventare direttore sportivo. Parla da un pulpito, emette sentenze in assenza di una controparte. Lo fa con immotivata arroganza e saccenza, come se fosse al di sopra delle parti, come se provenisse da un passato inappuntabile. “Ma cos’è questa mentalità vincente? Ho 36 anni e ancora non ho capito cos’è questa mentalità vincente”, ha anche aggiunto ieri sera. Non ce n’era bisogno, guardando il suo curriculum e le sue cadute ce ne eravamo accorti tutti.

La mentalità vincente è quell’empatia che si crea all’interno di un un gruppo integro, fatto di persone mature pronte a convergere nella stessa direzione. La mentalità vincente è un’impostazione dell’animo, è predisposizione al sacrificio. Valori che Oriali ha sempre contribuito a diffondere.

Ci sentiamo di dare un consiglio a Cassano: caro Antonio, nell’augurarti di realizzare i tuoi sogni, e quindi di diventare un direttore sportivo, ti suggeriamo di affiancarti sempre di dirigenti come Lele Oriali, porterebbero al tuo gruppo quella mentalità vincente che a 36 anni non hai ancora capito cosa sia.

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