L’astinenza da calcio gioca brutti scherzi. E come fossimo sotto l’ombrellone, da settimane l’interista si sta esibendo in uno dei suoi passatempo preferiti: immaginare l’attacco della beneamata che verrà. C’è chi conta gli incassi della cessione di Icardi (e quella sempre più probabile di Lautaro) e chi dibatte sui nomi degli eredi. Cavani, Werner, Mertens e Aubameyang e tanti altri… ma ce ne è uno che non viene quasi mai citato: Seba Esposito. 

PREDESTINATO

Quella di Esposito e l’Inter è una storia che ha tutti gli ingredienti per diventare un bellissimo romanzo nerazzurro. Seba arriva all’Inter dodicenne, ha questo vizio della sterzata dalle fortissime risonanze principesche e nelle notti europee quando entra in campo sembra mosso da un fuoco particolare. Il rapporto fraterno con Lukaku e l’abbraccio con la mamma in occasione del primo gol a San Siro (il più giovane della storia dell’Inter a farlo) chiudono il quadro romantico. Ma a cementare la convinzione del tifoso di avere davanti un talento speciale è la glaciale sicurezza con cui Antonio Conte, non propriamente un morbido, afferma che quello di Esposito sarà un futuro luminoso.

FUTURO IN PRESTITO?

Seba è giovane, giovanissimo (“ad inizio stagione era proprio un bambino, anche fisicamente” dirà Conte) e quando in piena emergenza si trova ad essere titolare convince a metà. Ora a leggere i giornali sembra che si sia già deciso di mandarlo in prestito per farlo giocare con continuità. Ma se i motivi dietro un percorso così “classico” sono fin troppo noti, vorrei provare ad elencare le ragioni per le quali forse non è una scelta felice come può sembrare.

SI E’ CAMPIONI A PRESCINDERE DALL’ETA’

Se uno è da Inter, lo è a 18 come a 30 anni. Un certo tipo di talento, necessario per fare l’attaccante in determinate squadre, non ha età e lo si riconosce subito. Balotelli esordì a 17 anni e rimase in top club per diversi anni, Obafemi Martins a 18 e fece lo stesso percorso. Nessuno di loro ebbe la necessità di andare in prestito, si imposero. Ma anche a guardare fuori da Appiano quello del 2020 è sicuramente un calcio per giovani. Troppo facile citare Halaand e Mbappe, ma si può guardare anche la storia di Sterling che ha esordito a 17 anni con il Liverpool e li è rimasto fino a passare al City, o di Sancho prelevato dalle giovanili dei citiziens e lanciato subito in prima squadra con il BVB. Come tanti altri. Si dirà sono talenti speciali, è vero. Ma è questo il tipo di giocatore che bisogna essere per fare l’attaccante titolare all’Inter. Lukaku a 16 anni segnava una doppietta all’Ajax in Europa League. Provocando: Totti ha esordito sedicenne in A e a nessuno è mai passato per la testa di mandarlo in prestito. Esposito non è Totti? Allora forse l’attaccante titolare all’Inter non lo farà mai.

“FARSI LE OSSA” NON SIGNIFICA NULLA

“Andare a farsi le ossa in provincia” è un modo di dire che in Italia piace tantissimo. Un po’ perché si rifà a questo immaginario della leva applicato al mito del calcio di provincia duro e puro, come gavetta imprescindibile per “irrobustire” il flaccido spirito del bambino viziato nato e cresciuto negli allori della grande squadra. Ma siamo sicuri che al giorno d’oggi andare un anno in prestito in una provinciale sia un’esperienza formativa? I giovani non hanno bisogno di andare a giocare un calcio difensivo in una piccola squadra che deve salvarsi. Zaniolo sta lì a dimostrarlo. Esposito ha bisogno di allenarsi con i grandi campioni, assaporare il clima delle gloriose serate europee, crescere in un calcio propositivo, soffrire le pressioni della grande squadra, avere uno staff di alto livello che ne segua lo sviluppo fisico e capire cosa significhi affrontare un avversario che ti aspetta in undici dietro la palla. Sono convinto che Seba abbia imparato di più in quella mezzora con il Borussia Dortmund piuttosto di quanto possa imparare in tre mesi in una squadra di provincia italiana. 

TROVARE QUALCUNO CHE CREDA IN TE

Inoltre la cosiddetta continuità che un giovane dovrebbe trovare in provincia è una chimera che esiste solo sulla carta. “Deve conquistarselo lo spazio” mi si risponderà, come se giocarsi il posto con Lukaku, Lautaro e Sanchez non fosse già un discreto banco di prova in termini di concorrenza. Purtroppo spesso il giovane calciatore viene stritolato dalle circostanze tipiche del calcio di provincia. Allenatori che combattono per tenere in piedi la loro panchina e per portare a casa un punto praticano scelte conservative, sia in termini di gioco che di uomini (prediligendo il profilo esperto che li espone a meno rischi). Di sicuro non si ha il tempo di valorizzare un giovane calciatore, al netto di piazze particolari, specie se la società in questione non ha nessun alcun economico per farlo.

CONCLUDENDO

Quindi mi domando, ha davvero senso dare Esposito in prestito un anno in una squadra di provincia? Partendo dal presupposto che sarebbe un “rimandato” per Seba, potrebbe averlo a patto che si trovi una piazza adatta, interessata a proporre un calcio propositivo, a valorizzare il giovane e un allenatore che abbia voglia di puntare sul ragazzo rischiando qualcosa. Passando inevitabilmente per un diritto di recompra che dia la possibilità alla squadra d’approdo di monetizzare la crescita. Auguri.