Ausilio out è stato uno degli ashtag più ricorrenti sui profili social nerazzurri fino all’anno scorso. Oggi, dopo un anno, tutto si è ribaltato, addirittura abbiamo ascoltato durante il Radja Day il coro Ausilio uno di noi. Dalle stelle alle stalle nel giro di 365 giorni: come al solito il tifo non conosce le vie di mezzo, perché com’è normale la passione ha le sue ragioni che la ragione non conosce… Eppure, a mente fredda, bisogna ammettere che questo dirigente che sta all’Inter da vent’anni (venti) si è dovuto assumere troppo spesso responsabilità non sue, prendendosi colpe che non possono e non devono essere attribuite a un DS. Bisogna essere molto chiari: gli scorsi mercati non sono stati fatti sotto la sua direzione, checché se ne dica. Prima Roberto Mancini, ben più di un mister che dà le sue preferenze sulla rosa, spalleggiato da Fassone, poi i passi da elefante in una cristalleria di Suning con le follie da dilettanti allo sbaraglio De Boer e Kia Joorabchian, poi il DS-non-DS Sabatini. Insomma Ausilio non ha mai lavorato in autonomia, e allora perché si è preso da solo tutte le colpe?

Un giugno da incorniciare

Nonostante il commissariamento della sua carica ha sempre lavorato con la testa bassa, dando la sua opinione, spesso inascoltata, e cercando di fare il bene dell’Inter. Dopo due anni di assestamento della proprietà, finalmente, quest’anno, qualcosa è cambiato: con le dimissioni di Sabatini si è costituita una piramide dirigenziale coesa e chiara: Antonello, Gardini, Ausilio, Spalletti. E guarda caso, finita la confusione, stiamo assistendo al miglior inizio di mercato dal 2010. Prima l’acquisizione dei parametri zero migliori della serie A: De Vrij e Asamoah, poi, con un blitz d’altri tempi, l’ingaggio del Toro Lautaro Martinez, il più forte giocatore militante in Argentina secondo la quasi totalità degli esperti e, più recentemente, Nainggolan, con un’operazione incredibile, per cui, per intenderci, sono stati spesi gli stessi soldi che il Milan l’anno scorso ha tirato fuori per Biglia, di due anni più vecchio e infine, in questi giorni, Matteo Politano, esterno (o seconda punta) di 24 anni con uno score nell’ultima stagione di 10 gol e 5 assist in serie A.

Gli haters professionisti

Certo gli haters professionisti, infaticabili, non accennano a cambiare opinione, e non paghi di questo mercato, non pronosticabile fino a un mese fa, imputano al DS i mancati riscatti di Cancelo e Rafinha, ricadendo nel solito errore: se per gli accordi con l’UEFA non si è potuto spendere 80 milioni (non bruscolini) per riportare il brasiliano e il portoghese alla Pinetina, ammesso che questa potesse essere una strategia vincente, che cosa c’entra il DS?
La Juve ha comprato Cancelo spendendo 40 milioni di euro, ed è normale che al tifoso dispiaccia, ma la verità è che l’Inter, ad oggi, piaccia o non piaccia, non ha potuto muovere questo genere di liquidità, tant’è vero che sta acquisendo giocatori in prestito con diritto di riscatto e parametri zero per poterli tesserare nelle liste europee. In sintesi, per comprare a 80 milioni Cancelo e Rafinha, avrebbe dovuto vendere Icardi o Skirniar. Questa è quanto.

La chiusura del bilancio

Come se non bastasse, questo Giugno è stato corredato da una serie incredibile di cessioni “minori” per un totale di circa 45 milioni di euro, con cui si è messo a posto senza patemi il bilancio in chiusura al giorno 30 del mese, senza depauperare la rosa della prima squadra. Su molti dei giovani ceduti, inoltre, l’Inter si è riservata un’opzione di recompra, per tenerli nella rete nerazzurra ma senza le pressioni che necessariamente gravano sui calciatori di una squadra che si gioca la Champions League.

Le prospettive

Senza dubbio un giudizio definitivo sull’operato di Piero Ausilio non può essere dato in corso d’opera, ma bisogna aspettare la chiusura del mercato, il 17 Agosto alle ore 20:00, non si può negare, però, che i nomi che circolano (Florenzi, Dembelè, Malcom) sono nomi di tutto rispetto e sul fronte cessioni al momento tutto tace.
Ci sentiamo di poter dire che l’Inter del prossimo anno avrà una rosa che le permetterà di competere fino in fondo per i suoi obiettivi: rientrare nelle prime quattro in campionato e non sfigurare in Champions, con la consapevolezza che passare il girone sarà un’impresa. Non bisogna però cadere nell’errore di pensare che si possa da subito lottare per lo scudetto, in primo luogo perché non è vero, e illudersi e illudere non fa bene, e poi perché saltare gli step, giocarsi l’all-in, cercando il “tutto e subito”,  il più delle volte risulta essere una strategia fallimentare.