Adesso è ufficiale: Antonio Conte è il nuovo allenatore dell’Inter. Il tecnico leccese ha firmato fino al 30 giugno 2022 a 12 milioni netti l’anno. Sarà l’allenatore più pagato in Italia (in attesa di sapere nome e ingaggio del nuovo tecnico della Juventus) e fra i top in Europa, dietro soltanto a nomi come Klopp, Guardiola, Simeone e Zidane. Altra testimonianza dell’enorme fiducia riposta in lui da Marotta in primis, che è riuscito a convincere la proprietà ad effettuare un esborso così importante. Se la tifoseria nerazzurra si divide fra chi è entusiasta per il suo arrivo e fra chi gli “rimprovera” un passato juventino, bisogna comunque attenersi a un dato di fatto inconfutabile, che non può che far felice ogni tifoso della Beneamata. Quello di Suning è un segnale importante, un vero guanto di sfida, è indice di grande ambizione e di voglia di successi futuri. Dopo le critiche degli ultimi anni per alcuni mercati non all’insegna delle spese folli, anche e soprattutto a causa dei limiti imposti dal Settlement Agreement dal quale l’Inter è appena uscita, stavolta l’investimento è di quelli importanti. Conte è allenatore di spessore internazionale, con un background di successi almeno in campo nazionale. Adesso dalla proprietà cinese ci si aspetta un mercato di alto livello per permettere a Conte di lavorare al meglio con nuove e vecchie risorse. Poi, starà a lui ripagare i tifosi che già da ora gli daranno fiducia e fare invece ricredere chi sul suo nome continua ad essere scettico. Andiamo a fare un’analisi a 360 gradi su ciò che aspetta Conte, considerando quello che sarà il suo apporto all’Inter e la situazione che, invece, all’Inter trova. Concentrandoci sugli aspetti da migliorare.
Cosa porta in dote?
Garra, tenacia, ambizione super: caratteristiche che possono soltanto far bene all’Inter. Conte è ossessionato dalla vittoria, in questo ricorda Mourinho, paragone che vuole essere di buon auspicio per il nostro futuro. La personalità è di quelle forti, visto che l’allenatore leccese ha dimostrato di saper convivere con personalità importanti sin dai tempi della Juventus, proseguendo con la Nazionale e poi nell’esperienza inglese. Tanti i campioni con i quali Conte ha avuto a che fare. Tuttavia, la sua miglior dote è quella di saper rigenerare giocatori che sembrano in momenti di appannamento, oltre a quella di far rendere al massimo e a volte anche oltre le proprie possibilità elementi con capacità tecniche non eccelse. Nel primo caso, basti pensare a Pirlo con la Juventus, che sembrava ormai lontano dai fasti di un tempo e che era stato scaricato senza (iniziali) rimpianti dal Milan; al Chelsea, invece, ha tirato nuovamente fuori il meglio da Pedro, che fino a quel momento era stato lontano dal rendimento di Barcellona, così come Fabregas e Diego Costa, che nella stagione precedente sembrava il fantasma di se stesso. Come detto, ci sono stati esempi lampanti di giocatori “non top” che con lui sono riusciti ad avere un rendimento “top”. I vari Matri, Vucinic, Giaccherini, Pepe con la Juventus; Eder, Parolo, per non parlare della coppia Zaza-Pellè (fino agli sciagurati rigori contro la Germania); Moses, Marcos Alonso al Chelsea. In generale, comunque, la sensazione è che tutti rendano al 100%.
L’altra caratteristica che ha fatto di Conte uno degli allenatori più desiderati sul panorama europeo è quella di aver storicamente risollevato squadre che, nelle stagioni precedenti, avevano disputato annate mediocri. Quel riuscire a spingersi oltre le possibilità e a sovvertire ogni pronostico è un tratto caratteristico di Conte. Lo fece alla Juventus che veniva da anni disastrati barcamenandosi fra i vari Ferrara, Zaccheroni e Delneri, riportandoli (nostro malgrado) al primo posto e dando via al ciclo che tuttora prosegue. Ecco, è questa la sua sfida, che sicuramente si è già posto: essere colui che ha aperto il ciclo ma essere anche colui che lo ha chiuso. La spedizione degli Europei 2014 fu invece una delle meno promettenti alla vigilia per l’Italia, che invece riuscì a superare brillantemente il girone da prima e a battere la Spagna – nettamente superiore sulla carta – per 2-0 con un capolavoro tattico dell’allenatore leccese. Si narra che sia stata proprio quella partita ad aver fatto “innamorare” la famiglia Zhang dell’allora ct azzurro. L’eliminazione ai quarti di finale contro una Germania, anch’essa almeno due spanne sopra come rosa, arrivò poi soltanto ai sopracitati calci di rigore. Al Chelsea arriva ancora in una situazione difficile, con la squadra che nella stagione precedente era arrivata addirittura decima, e vince la Premier al primo colpo, per giunta dominandola. Nel secondo anno tante incomprensioni con la società ne hanno condizionato la stagione, chiusasi comunque con la vittoria della FA Cup. Non male. La sensazione è proprio quella che a Conte piaccia vestire i panni dell’underdog, almeno nei panni dell’allenatore, e a caricare la squadra sfruttando come linfa vitale il fatto che vengano sottovalutati. E deve riuscirci proprio bene, visto che i suoi giocatori spesso sembrano quasi “assatanati” ed iper-motivati.
In mezzo a tanti elogi, giusto anche sottolineare un difetto sul quale Conte deve lavorare: gli scarsi risultati ottenuti in campo europeo in primis. Alla Juventus il suo fallimento fu l’eliminazione alla fase a gironi nella terza stagione che, se sommata all’estromissione in semifinale di Europa League contro il Benfica, stona con la finale raggiunta da Allegri (con una rosa simile) nell’anno successivo.
Cosa trova all’Inter?
Conte torna in Italia e lo fa passando dall’Altra Parte per eccellenza. Da quanto di più lontano si possa trovare sul panorama calcistico italiano dalla squadra della quale è stato capitano e allenatore per anni. Dovrà abituarsi ad un nuovo ambiente, trattato diversamente dall’altro, che ha tutta un’altra storia e tutto un altro DNA. Dovrà dimostrarsi grandissimo professionista ma anche imparare a calarsi nella nuova realtà: qui le cose funzionano diversamente. Lungi da noi volerci addentrare nella storia dei due club in questione, basta soltanto dire che qui è tutta un’altra cosa. Conte è persona intelligente, sa anche dello scetticismo che pervade buona parte del popolo nerazzurro nei suoi confronti: siamo sicuri che questo fungerà da stimolo ulteriore per lavorare al massimo. Anzi, di più.
Passiamo al campo. L’allenatore leccese da sempre si concentra tantissimo sulla fase difensiva e le sue squadre subiscono in generale pochi gol. All’Inter trova un reparto arretrato di alto livello, che già contava su due top come Skriniar e De Vrij e che dalla prossima stagione vedrà anche l’innesto di Godin. Il materiale di base, in questo senso, è di quelli importanti. L’Inter, nell’annata appena conclusa, è stata la seconda miglior difesa subito dopo la Juventus (30 gol subiti vs. 33). Questione centrocampo: qui il discorso è diverso. Brozovic è l’unica certezza del reparto. Per il resto, bisognerà capire se Conte vorrà puntare sul recupero di Nainggolan che qualche anno fa era un profilo che lo integrava molto; inoltre, il tecnico dovrà esser bravo a tirar fuori il meglio da giocatori come Gagliardini (in caso di permanenza) e sfruttare la garra di Vecino (stessa discriminante). Mettiamo in chiaro che Conte è bravo ma non fa miracoli, quindi a centrocampo bisognerà per forza di cose investire se si vuole puntare ad obiettivi importanti. In attacco, Icardi pare certo di partire, e a meno di sorprese o ripensamenti del tecnico anche Perisic. Qui ci sarà un forte restyling, e possiamo solo augurarci che le decisioni prese di comune accordo fra il tecnico e la società saranno fruttuose per il futuro nerazzurro.
Soprattutto, però, quello che si chiede a Conte è rivoluzionare la tenuta mentale di una squadra che, negli anni, è sempre stata incline a crolli anche abbastanza duraturi (soprattutto nei mesi di gennaio-febbraio). Quello è il primo difetto da debellare. Dovrà lavorare sulla personalità di un gruppo che è apparso in troppe occasioni molto fragile, non ultima i minuti finali di Inter-Empoli, nel quale ci siamo dovuti affidare in toto ai miracoli di Handanovic per centrare nuovamente la vitale qualificazione alla Champions.
Il lavoro non è dei più facili, ma è proprio in questi casi che le motivazioni, per i vincenti, arrivano alle stelle. Da parte nostra, buona fortuna mister!