Sono ore di immensa euforia, nelle quali ogni tifoso nerazzurro è libero di vivere l’attesa più dolce nella maniera che più desidera. A qualcuno sembrerà di sognare ad occhi aperti, qualcuno si dedicherà agli sfottò verso i rivali di tifo, qualcun altro – come il sottoscritto – ripercorrerà passo per passo tutti i bocconi amari mandati giù negli ultimi 10 anni per poter apprezzare e realizzare meglio questo momento fantastico, che vorremmo non finisse mai. All’Inter mancavano 4 punti, la pratica era sostanzialmente archiviata pure prima del match di Crotone, ma la vittoria di ieri ha avuto l’effetto di far scatenare in maniera definitiva giocatori e allenatore, che negli spogliatoi si sono lasciati andare a cori di giubilo, quelli che si fanno partire quando si è arrivati al traguardo.

La squadra che ci sta regalando il sogno, 11 anni dopo, anche ieri ha mantenuto la propria fisionomia, concedendo poco e niente agli avversari grazie ad un terzetto difensivo per il quale ogni aggettivo elogiativo risulterebbe sprecato. Confermata la stanchezza collettiva, nonostante i cinque giorni pieni di riposo, come testimoniato dal digiuno di gol che continua a caratterizzare la coppia d’attacco protagonista di questa cavalcata memorabile. C’è da dire anche che prosegue il trend sfortunato relativo ai legni colpiti dai nerazzurri: sono 8 nelle ultime 4 partite. Ieri hanno impedito prima a Lukaku, poi a Lautaro di ritrovare il gol. Ma ciò non ha impedito all’Inter di vincere, la cosa che in questa stagione ha saputo fare meglio. E scusate se è poco.

Favola Eriksen

La storia di Christian Eriksen è arcinota, sarebbe inutile ripercorrerla. E per questo motivo è particolarmente suggestivo che sia stato lui a sbloccare una partita complicata, agevolato da una deviazione, e potrebbe aver firmato il gol scudetto, nel caso in cui oggi l’Atalanta non dovesse vincere a Reggio Emilia. Eriksen, nonostante sia stato di fatto reintegrato ad un certo punto della stagione grazie ad una radicale variazione di atteggiamento, non ha disputato una grande annata. O meglio, se parlassimo di un calciatore come tanti ci si potrebbe accontentare. Ma le sue potenzialità legittimano aspettative superiori nei suoi confronti, ed è per questo che la sua prossima stagione dovrà essere caratterizzata da un ulteriore salto in avanti. Ciò non toglie che ieri il danese abbia deciso la partita, non soltanto con il gol, ma entrando in campo con lo spirito giusto e riuscendo a velocizzare la manovra nerazzurra, insieme ad un Alexis Sanchez encomiabile – ancora una volta – per dedizione e voglia di spaccare il mondo. Sempre. Nonostante una carriera piena di successi alle spalle. Questa è l’Inter di Conte: nessuno si sente escluso, ognuno ha dato la vita per questo scudetto.

Bandiere, sciarpe, cappelli: ci siamo!

L’Inter oggi è un fronte unico: proprietà, dirigenti, allenatore, giocatori e tifosi. Niente divisioni, niente fazioni, niente polemiche. Solo tanta voglia di festeggiare.

La settimana è stata caratterizzata dal ritorno a Milano di Steven Zhang che ha tenuto un discorso alla squadra nel quale ha ringraziato uno per uno tutti i componenti per un “viaggio eccezionale”. Poi, ieri, le parole di Beppe Marotta, che ha smentito le voci di un suo ritorno alla Juventus perché vorrebbe “aprire un ciclo con l’Inter”. Poi le dichiarazioni di Antonio Conte, che dopo l’ennesima vittoria ha ammesso che “vincere con l’Inter è più difficile, hai tutti contro. Sempre”. In questo contesto, un meraviglioso gruppo di giocatori, ma soprattutto professionisti, che hanno rappresentato l’Inter ponendo il senso di appartenenza quale valore peculiare e prioritario, travalicando le difficoltà sugli stipendi e sulla situazione societaria.

Noi tifosi non abbiamo potuto essere fisicamente presenti per sostenerli, partita dopo partita, a causa di una maledetta pandemia che ci ha privato e ci priva, ogni giorno, di esperienze formative e potenzialmente indimenticabili. Ma l’Inter è stata lì, nell’anno più difficile per molti di noi, a ricordarci che barcollare si può, mollare no, proprio come nel suo piccolo la squadra di Conte ha fatto dopo l’eliminazione dalla Champions. Questo gruppo ha oltrepassato i suoi stessi limiti, si è alimentato attraverso le critiche ed ha continuato a seguire il proprio condottiero, credendo nei suoi insegnamenti con lo sguardo perennemente proteso verso la vittoria, la dolce ossessione di Antonio Conte. Se oggi dovesse rivelarsi il giorno, siamo coscienti del fatto che non potremo celebrare nella misura in cui questa impresa meriterebbe. Potremo però fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per ringraziare una squadra che, in questo anno tormentato, ci ha regalato un sorriso, anche piccolo, quando tutto sembrava cupo. È vero, è pur sempre calcio. Ma sarebbe ingiusto non riconoscerne il valore sociale e morale. E allora, andiamo a prendere i nostri vessilli nerazzurri e poi lasciamoci trasportare dalle emozioni, dalla gioia e, perché no, dalla commozione. Questa Inter lo merita. E noi meritiamo di essere felici.

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.