Negli ultimi anni ci siamo abituati a considerare l’urna di Nyon come sinonimo di inesorabile spietatezza e la parola sorteggio come equivalente di condanna. Non ci siamo nemmeno stupiti più di tanto quando poco più di un anno fa, in quella stramaledetta cittadina svizzera, l’estrazione che ci aveva illuso per un istante accoppiandoci con l’Ajax fu stravolta a causa di un errore tecnico in un abbinamento da inferno con la corazzata Liverpool, futura finalista. Ma quest’anno il Dio Calcio ha deciso di operare attraverso logiche pressoché sconosciute a noi innamorati dell’Inter, legando il nome della Beneamata alla squadra più abbordabile sulla carta: il Porto dell’ex Sergio Conceição. Una sfida sicuramente giocabile ma da non sottovalutare, con i portoghesi che da squadra ostica ed organizzata quale sono sanno come fare male. Juventus docet.

Quasi non riusciamo a godercelo, questo fortunato sorteggio. La recente e dolorosa débâcle contro i bianconeri guidati da Massimiliano Allegri è una ferita ancora aperta che si rimarginerà solamente col tempo e in seguito a prestazioni convincenti. Ma d’altra parte, così come ci sono stati giorni in cui essere interista è stato facile, quelli che stiamo vivendo sono i giorni in cui è doveroso. Essere interisti sarà un onore proprio nei giorni e nelle notti di Champions che vivremo il 22 febbraio e il 14 marzo, quando i ragazzi guidati da mister Inzaghi cercheranno di portare in alto il nostro blasonato e nobile nome. Iniziamo dunque a leccarci le ferite e apprestiamoci a sentirci onorati di vivere partite prestigiose come quelle contro il Porto coi colori nerazzurri stampati sulla pelle.

Adriano il Porto se l’è bevuto tutto da solo

Adriano il Porto se l’è bevuto tutto da solo”. Con questa provocatoria asserzione esordiva La Gazzetta dello Sport il 15 marzo 2005, lo stesso giorno del successo interista targato Imperatore a San Siro contro il Porto. Ottavi di finale della Champions League 2004/2005, partita di ritorno. Nel match d’andata del do Dragão aveva regnato l’equilibrio tra i padroni di casa, allora campioni d’Europa, e l’Inter di Roberto Mancini. Una partita bloccata e ruvida che terminerà 1-1, con Ricardo Costa che al 61′ risponderà alla rete di Oba Oba Martins e demanderà alla gara di ritorno il verdetto sulla vincitrice, la quale potrà strappare il biglietto per i quarti di finale contro il Milan.

Ed eccoci al 15 marzo, in una gara resa immortale della straripanza fisica e tecnica del fuoriclasse di Rio de Janeiro. Il numero 10 apre le danze dopo solo 6 minuti, quando una sua conclusione sbatte sul corpo del povero Pedro Emanuel e trafigge l’incolpevole Vitor Baia. Dopo un primo tempo soporifero, la ripresa assume tutt’altro registro: al quarto d’ora Adriano si inventa un goal da sogno, spedendo il pallone in rete con un tocco d’esterno sinistro che anticipa l’intervento del difensore. Subitanea la reazione dei Dragões, che trovano la via del goal grazie al tap-in fortunoso del capitano Jorge Costa. Ma l’attaccante brasiliano non ci sta, e a 3 minuti dalla fine si inventa un capolavoro che rappresenta l’incarnazione perfetta del connubio tra classe e potenza da parte di un giocatore che purtroppo non è sempre stato in grado di esprimere al 100% il proprio potenziale.

Julio Cruz, il “Jardinero” che affossò il Porto 

La successiva edizione di Champions League, quella 2005/2006, vede affrontarsi di nuovo Inter e Porto – stavolta nella fase a gironi – ma con interpreti ed esiti differenti. L’andata in Portogallo è nefasta per Ivan Cordoba e compagni; infatti, con Adriano relegato alla panchina e Mancini criticato da commentatori sportivi e tifosi per le proprie scelte tecniche e di formazione, l’autogol di Materazzi al 22′ ed il timbro di McCarthy 13 minuti dopo inchiodano il risultato sul 2-0. Se l’inerzia della gara è cambiata in seguito all’ingresso dell’Imperatore al posto di un opaco Cruz, al ritorno sarà proprio il cambio a parti invertite a fare la differenza.

Per La Gazzetta dello Sport, Adriano è lo specchio di una squadra irriconoscibile anche per chi è abituato all’altalena nerazzurra”. I nerazzurri finiscono sotto al 16′, quando Hugo Almeida con una punizione potentissima dalla trequarti infila un sorpreso Julio Cesar. La reazione scatta con l’ingresso in campo dell’attaccante di Santiago del Estero, che al 75′ trasforma un rigore e all’82’ fa esplodere San Siro con una bella girata da calcio d’angolo. Per una sera il Jardinero indossò la corona da Imperatore e affossò le speranze di qualificazione alla fase a eliminazione diretta del Porto guidato dal tecnico olandese Co Adriaanse.

Precedenti favorevoli ai nerazzurri

Lo storico della gara è dunque favorevole all’Inter. I nerazzurri, infatti, sono risultati imbattuti in 3 delle 4 sfide totali disputate nelle competizioni europee. L’Imperatore Adriano ed il Jardinero Cruz sono stati in gran parte i protagonisti dei 2 successi contro os Azuis e Brancos, in virtù delle 5 reti segnate in due sulle 6 totali. La squadra di Simone Inzaghi dovrà confermare questo trend positivo soprattutto tra le mura amiche del San Siro, mai espugnato dai portoghesi detentori della Taça de Portugal. La trasferta di Oporto sarà senza ombra di dubbio una delle più toste – se non la più tosta – della stagione, considerata l’accoglienza infernale che ci riserveranno i tifosi biancoblù al do Dragão.

Analisi tecnico-tattica del Porto di Sergio Conceição

L’ex Inter, Lazio e Parma Sergio Conceição ha plasmato a propria immagine e somiglianza il Porto, di cui è allenatore dal 2017. Il tecnico di Coimbra predilige un versatile 4-4-2 di base, destinato a mutare a seconda delle varie situazioni di gioco e del momento della partita. Infatti, questo schema piuttosto conservativo si trasforma in un 4-2-3-1 in fase di possesso e in un 4-4-1-1 o in un 5-4-1 in fase di non possesso.

La concezione di costruzione del mister portoghese non si può incasellare in una posizione di dogmatica e irragionevolmente vincolante costruzione dal basso. Infatti, se gli avversari pressano alti la linea difensiva dei Dragoni, l’estremo difensore classe ’99 Diogo Costa cerca con un rilancio lungo solitamente efficace i centimetri di Mehdi Taremi o la rapidità di Otávio e Galeno, esterni di centrocampo che si fanno trovare alti e larghissimi. Nel caso in cui il pressing avversario non sia feroce, la disposizione in campo assume la conformazione di un 4-2-3-1. Con questo schema di gioco, il difensore centrale che riceve palla dal portiere portoghese la scarica sul terzino di riferimento che verticalizza rapidamente per l’esterno o la affida al centrocampista di parte. Una possibile alternativa è il passaggio al 3-3-2-1, soluzione che prevede l’abbassamento del centrocampista centrale e la conseguente ricerca della profondità da parte dei terzini. L’obiettivo è sempre quello di scavalcare la prima linea di pressione e approfittare della “zona di nessuno” che si crea tra centrocampo e difesa avversaria per infilare le retroguardie rivali.

Il Porto opera un pressing corale e coordinato. Le due punte Evanilson e Taremi sono coadiuvati dai mediani e dagli esterni nel compito di svolgere una prima fase di pressione, per far sì che le difese avversarie siano costrette al lancio lungo. La squadra è inoltre veloce a compattarsi nella zona centrale del campo nel momento in cui perde il possesso di palla, riuscendo a mantenere i propri effettivi corti, densi e aggressivi.

Elemento fondamentale per il gioco di Conceição è la ricerca rapida sul recupero palla degli esterni, i quali sono spesso indotti a tentare il tiro o cercano di innescare Taremi, attaccante abilissimo nel gioco aereo e disinvolto nei movimenti nonostante la stazza possente. Il gioco sulle fasce resta dunque la prerogativa dei portoghesi, che spingono in continuazione con i terzini per supportare l’imprevedibilità di Otávio, padrone indiscusso della catena di destra.

L’Inter dovrà fare l’Inter

L’abbiamo già detto e lo ripetiamo all’infinito: il Porto è certamente la squadra più abbordabile tra tutte, ma sottovalutare la qualità dei ragazzi di Conceição sarebbe una leggerezza imperdonabile. L’Inter dovrà fare l’Inter, proponendo quel gioco caratterizzato da imprevedibilità in fase offensiva e da solidità in fase difensiva che quest’anno, a dire il vero, abbiamo visto assai raramente. Sarà cruciale sfruttare la velocità dei nostri esterni per arginare le ripartenze portoghesi, che nelle loro scorribande offensive portano sempre molti uomini in zona di finalizzazione.

La prestanza fisica di Edin Dzeko sarà fondamentale per tentare di scardinare la rocciosa difesa dei biancoblù, guidata dai giovani ma esperti Fabio Cardoso e David Carmo. Risolutivo sarà l’atteggiamento di Denzel Dumfries, che una volta assicuratosi di aver ricevuto copertura può mettere in difficoltà con la propria prorompenza fisica e il proprio scatto sul breve il terzino sinistro dei lusitani, Zaidu Sanusi, non sempre impeccabile in fase difensiva. Le nostre mezz’ali dovranno inoltre essere pronte a schermare l’avanzata dei centrocampisti centrali Mateus Uribe e Stephen Eustaquio e a prenderli alle spalle quando, proiettandosi in zona offensiva, lasceranno scoperta la difesa. Una soluzione vincente potrebbe essere quella di attirare su una corsia esterna i portoghesi per poi andarli ad attaccare sul lato opposto con un cambio di gioco preciso ed istantaneo. In questo senso, la tecnica e la visione di gioco di un giocatore come Dimarco potranno risultare sicuramente decisivi.