«Voglio aumentare ancora il mio livello di gioco, migliorarmi e crescere come giocatore importante in questa squadra».
«È successo tutto in tre giorni: il giovedì ho fatto quell’errore con l’Eintracht, poi domenica ho segnato nel derby che abbiamo vinto: un concentrato incredibile di emozioni».
«Non potevo restare con la testa a pensare a quell’errore, dovevo uscirne subito perché mancavano ancora 75 minuti alla fine».
«Di gol ne ho fatti solo due nel primo anno ma quello al Milan vale doppio – ride -. Potevo segnarne di più, ma mi è girata un po’ male: ho preso un palo nel derby d’andata, nella gara con la Juve Szczesny ha fatto un bella parata e lo stesso è accaduto con Dragowski all’ultima partita contro l’Empoli. Nella stagione precedente alla Lazio invece ne ho segnati 7 ma con otto, nove tiri in porta…».
«Sì, è molto chiaro nel farsi capire: ci fa lavorare, sudare e vuole che l’Inter giochi ad alta intensità pure quando si allena, la stessa che dovremo avere in partita».
«Sono appena tre giorni che lavoriamo e lo stiamo facendo alla grande. Noi daremo il massimo, poi si vedrà».
«Non dobbiamo pensare agli altri, ma a noi stessi: vogliamo fare un grande salto in avanti, migliorare e crescere con l’obiettivo di fare il massimo in questa stagione».
«Sì, è un buon segnale per il gruppo. Sono molto professionali, si vede che hanno esperienza e sanno come arrivare a certi risultati».
«Sono cose tra loro e la società, non riguardano il sottoscritto e il gruppo».
«È indifferente: basta che i concetti siano chiari e che si lavori di squadra».
«No, nelle giovanili ero mediano a centrocampo mentre al Feyenoord, quando ho esordito in prima squadra a 17 anni, l’ho fatto da terzino destro. Però sapevo già che avrei reso meglio al centro della difesa, anche se loro non mi credevano».
«Mario Been, che, prima di allenare, aveva pure giocato in Italia, nel Pisa».
«Puntiamo tantissimo sulla tecnica, sul possesso palla, sul fatto di passare per bene la palla a due tocchi. Quando sono arrivato in Italia invece ho visto che qui si allena di più la tattica».
«Non so nulla sulla trattativa, ma so che è un giocatore fortissimo per l’età che ha e, in più, è un bravissimo ragazzo. Matthijs è un tipo intelligente, un gran lavoratore e pure un caro amico: in Nazionale ci troviamo molto bene perché abbiamo un carattere simile e spesso ci sentiamo anche al telefono. Però non mi chieda se va alla Juve perché parliamo di altre cose…».
«Ovviamente la lingua: io, per esempio, ci ho messo un po’ per capire cosa l’allenatore voleva da me. E poi, come spiegato, il vostro è un calcio molto più tattico rispetto a quello che si gioca in Olanda: qui ci si allena anche per reparti, palla libera, palla coperta… C’è tanto da imparare».
«Io e la mia fidanzata Doina viviamo benissimo. Lei ha appena finito il primo anno di Design allo IED ed è molto brava, prende tutti trenta e pure qualche trenta e lode: ha tanta disciplina, sono molto orgoglioso di lei. L’ho conosciuta a Roma, è moldava e vive qui da 14 anni: parla perfettamente la lingua, tanto che tra noi comunichiamo in italiano».
«Anche l’anno scorso siamo stati i primi in Italia e quinti in Europa: a San Siro c’è un’atmosfera bellissima. E’ un piacere giocarci».
«Che daremo il massimo e, come ha detto Conte, che usciremo dal campo dopo ogni partita con la maglia sudata. È la cosa più importante che possiamo fare».
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