Diciamo la verità: ci sarebbe piaciuto arrivare alla volata finale per la Champions League con qualche punto, ma soprattutto con qualche certezza in più. E invece a Bergamo, a sole sette partite dalla fine del campionato, mister Spalletti ha deciso di aprire le porte a una ventata di cambiamento, provando addirittura la difesa a tre. E non è ancora chiaro se l’esperimento sarà ripetuto contro il Cagliari. Pare di sì.

Sinceramente non sentivamo la mancanza di queste sperimentazioni, anche perché se c’era una cosa che stava funzionando quella era proprio la difesa, con un solo gol subito, e pure sfortunatissimo, nelle ultime sei partite. Mentre invece a Bergamo, specie nel primo tempo si è ballato parecchio (anche se il mister in conferenza stampa ha ridotto l’incertezza, prima a 20 minuti poi a 15). Ora, un piccolo scotto nei cambiamenti lo si paga sempre, ma così tante incertezze in così pochi minuti la difesa nerazzurra non le vedeva da tempo. Però c’è una regola superiore a cui vogliamo sempre attenerci, che è quella di lasciare lavorare l’allenatore in pace per almeno un paio di stagioni, che sono il tempo minimo per pianificare e raccogliere qualche risultato (salvo rare e fortunate eccezioni).

Grazie al cielo, la vigilia di Inter-Cagliari presenta anche qualche certezza: su tutte il rientro di Brozovic, ovviamente nel ruolo che ormai si è ritagliato di regista arretrato. Ma, di nuovo, cercando di immaginare gli uomini che gli ruoteranno davanti e intorno, ci imbattiamo in ulteriori dubbi. E sinceramente spiace, perché le partite con Sampdoria, Milan e persino Torino, pur nell’immeritata sconfitta, avevano distillato un nuovo equilibrio in campo. Perché mai a Bergamo ci si è sentiti in dovere di cambiare? Bastavano la squalifica di Brozovic, la caviglia di Candreva e la voglia di mettersi a specchio con l’avversario a giustificare questa voglia di novità? Spalletti, in una conferenza stampa legnosa e ostica, ha di nuovo utilizzato la parola “imprevedibilità”, come obiettivo da ricercare. E certamente, nel suo momento peggiore, l’Inter aveva proprio perso imprevedibilità, ma in che modo la difesa a tre possa aiutare nella ricerca dell’imprevedibilità in fase offensiva non ci è chiaro, specie se poi la ricerca dell’imprevedibilità è affidata ai piedi, ad esempio, di un Santon, parlandone con il massimo rispetto.

Ad aumentare le nostre perplessità c’è la considerazione che il problema principale, in questa fase, sembra casomai risiedere da tutt’altra parte ed è relativo all’isolamento in avanti di Icardi, almeno nelle ultime due partite.
Per quanto riguarda gli altri interpreti, quelli più qualitativi, è sembrata certamente eccessiva la reazione di Rafinha alla sostituzione di Bergamo, ma non ci hanno del tutto tranquillizzato nemmeno le parole di Spalletti in conferenza:

“Rafinha non deve essere amareggiato di aver sbagliato un gol, ma deve essere amareggiato del tiro che ha fatto”.

Commento bizzarro e, se vogliamo, ingeneroso verso un elemento che è stato protagonista della mini-rinascita nerazzurra di marzo. Certamente Rafinha (e con lui altri compagni, tra cui in particolare Candreva) sembrano avere un fatto personale con il gol: pali, tiri parati, occasioni mancate, inspiegabili scelte in area sono state fin qui all’ordine del giorno e, assieme all’isolamento di Icardi, sono alla base della crisi di gol attuale, tanto è vero che con 4 gol (e 4 pali) è ancora Skriniar il terzo marcatore interista. Il nostro timore è che questo induca Spalletti a non schierare il brasiliano tra gli undici di partenza, il che ci spiacerebbe molto, viste anche le condizioni attuali di Borja Valero.

Mentre l’ipotizzato utilizzo di Candreva con Perisic, alle spalle di Icardi in un ipotetico 3-4-2-1, non sappiamo quanto possa funzionare.
Insomma siamo davvero curiosi di vedere come e con quali uomini, mister Spalletti deciderà di risolvere il rompicapo che, in qualche misura, si è autoimposto: mai come prima di questo match si affollano nella nostra mente sentimenti contrastanti. Toccherà alla prestazione, aldilà degli schemi adottati, il difficile compito di portare punti e certezze perché, e su questo non possiamo che concordare con Spalletti:

“Non si può più gestire niente: la vittoria è l’unico obiettivo”.

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