Dopo quattro partite vissute sull’ottovolante delle emozioni, l’Inter riesce a regalare ai propri tifosi i primi 90 minuti tranquilli dalla ripartenza del calcio in Italia. Stavolta va proprio come vorresti nel tardo pomeriggio che inaugura il mese di luglio.

Di quelli che, anche alla 19:30, il clima è torrido, i sudori grondano sulla fronte e non hai proprio voglia di dover convivere anche con una versione della Pazza Inter. E i nerazzurri in campo ci accontentano, schiantando per 6-0 un Brescia che – va detto – sembra aver ampiamente staccato la spina, complice una classifica che appare eloquente in fatto di retrocessione in Serie B. L’Inter, dal canto suo, risponde alle feroci critiche dell’ultimo periodo, non ultime quelle relative al match di Parma, nel quale la squadra di Conte era riuscita ad ottenere tre punti francamente immeritati. Questa volta è dominio totale, senza appello. E, rimanendo in tema di dimostrazioni, una importante arriva dal numero 7.

La risposta del Niño Maravilla

Nelle ore in cui si è disquisito molto sul suo futuro, Alexis Sanchez non ci sta a farsi trattare come un pacco, che viaggia qui e lì a seconda della convenienza temporanea del club proprietario del suo cartellino. Il Manchester United, infatti, lo ha scaricato la scorsa estate, ma soprattutto non ha nessuna intenzione di reintegrarlo nel proprio progetto. Le parole di Solskjaer, che lo ha definito “un bel divano, che però non è adeguato al nostro salotto”, appaiono come una lapalissiana bocciatura. Però, nello stesso tempo, i Red Devils temono di ritrovarselo contro in Europa League e quindi vorrebbero impedirgli di giocarla con l’Inter. Anzi, fargliela giocare fino agli ottavi e poi riportarlo alla base, in attesa di piazzarlo nuovamente. Un’anomalia, una pagina non edificante per il calcio europeo, come ha messo in evidenza Marotta, che chiede una norma alla UEFA o alla FIFA che chiarisca la situazione e non alteri le competizioni. Tornando al campo, Sanchez ha dimostrato una volta in più di non essere “bollito”, o addirittura “ex giocatore”, sfoderando una prestazione straordinaria. Già a Parma il cileno aveva rappresentato la svolta, conferendo imprevedibilità, velocità all’Inter e rendendo frizzante una manovra sterile e compassata. Stavolta parte dall’inizio, e si vede. Serve un cross delizioso a Young sul primo gol, lancia con precisione chirurgica Moses che si guadagna il rigore che lo stesso Niño realizza, pennella su Gagliardini per il 4-0. Una performance totale di Alexis, che dimostra ancora una volta che gli unici dubbi che possono riguardarlo in ottica futura sono di natura fisica, non certamente tecnica.

È tuttora un giocatore di livello superiore, nonostante non sia ai livelli inauditi dei tempi dell’Arsenal. Conte lo ha ribadito, per motivarlo ulteriormente: “Non è ancora il giocatore che ho apprezzato in Premier League”. Ma fa la differenza e, se entra ulteriormente in forma evitando intoppi fisici, può ulteriormente migliorare. Lo stesso Conte, poi, ha evidenziato quanto sia stato deleterio non averne potuto disporre per gran parte della stagione, costringendo la coppia Lautaro-Lukaku agli straordinari. A proposito di Lu-La: sei reti per i nerazzurri ieri, ma nessuna delle due con la loro firma. Da un lato una risposta a chi dice che l’Inter sia dipendente dal tandem d’attacco, dall’altro una stranezza. Ma la speranza è che il numero 9 e il numero 10 abbiano “conservato” i propri gol per occasioni più importanti, quando ce ne sarà maggior bisogno. In ogni caso, avere tutti e tre gli attaccanti a disposizione con continuità fino alla fine della stagione – quindi anche in Europa League – sarebbe fondamentale. Conte, fra le righe, ha esortato la società a trovare un accordo con lo United anche per la campagna europea. Troppo importante poter disporre di un’alternativa in più nel reparto avanzato, già povero numericamente.

ItalPremier

I sei gol siglati ieri dall’Inter si possono dividere in due tronconi, che riassumono un po’ l’intero progetto nerazzurro che si è delineato in particolare dalla scorsa estate e che è stato ulteriormente integrato a gennaio. Tre sono dell’anima italiana, quelli di D’Ambrosio, Gagliardini e Candreva. Cercare i migliori giocatori del nostro Paese, ed in particolare quelli più giovani, è un tratto distintivo delle gestioni targate Beppe Marotta, che anche all’Inter non sta facendo eccezione. Ai tre andati a segno ieri si sono aggiunti in estate Barella e Sensi, e molto probabilmente potrebbe unirsi anche un centrocampista che ieri era avversario, ovvero Sandro Tonali. Gli altri tre marcatori – YoungSanchez ed Eriksen – condividono invece un passato (anche recente) in Premier League. Un’altra costante degli acquisti nerazzurri che – oltre a questi tre – hanno guardato al campionato inglese anche per gli acquisti di Lukaku e Moses (a proposito, ieri gran partita del nigeriano). Un’altra dimostrazione che la strada intrapresa – anche per il futuro – è quella giusta. Se poi a questi due nuclei aggiungi giocatori universali, fra i primi al mondo nel proprio ruolo, come Hakimi, tutto diventa più facile.

“Attaccate me, non loro”

Ma la giornata di ieri è stata importante anche ai microfoni, nel post-match. Dove abbiamo ammirato un Antonio Conte particolarmente coinvolto nella causa nerazzurra. Perché quando un allenatore dichiara che “c’è interesse nel creare problemi intorno all’Inter, ma voglio che gli attacchi siano rivolti a me, non ai giocatori o al club” significa che si sta calando – o probabilmente si è già calato – in tutto e per tutto nell’ambiente nerazzurro. Conte ha capito che quella dell’Inter è una realtà particolare, per mille motivi, nella quale non si può contare su alcun tipo di protezione esterna. E per questo il tecnico ha capito che qui c’è da ergersi a capopopolo. Un altro allenatore, di nazionalità portoghese, che all’Inter ha avuto discreti successi, fece esattamente questo. E il suo modo di porsi a difesa della causa fu propedeutico ai trionfi. Perché l’empatia, in particolare all’Inter, è la base delle vittorie.

Conclusione

I nerazzurri dominano in lungo e in largo un Brescia alle corde, si “servono” della voglia di rivincite e dell’orgoglio di un Alexis Sanchez in grande spolvero e sfruttano il mix fra italiani ed ex Premier League. Il punteggio in classifica recita 64, score che non si vedeva dalle stagioni scudettate a cavallo fra Mancini e Mourinho. Ulteriore dimostrazione che la strada intrapresa con Conte e in società è quella giusta per arrivare alla vittoria. Ulteriore nota di merito, i gol stagionali segnati: i nerazzurri sono a 83 e possono ambire a toccare o ad avvicinarsi a 100. Alla faccia di chi afferma, incurante dei numeri, che “questa strada non ha gioco”. Ma d’altronde, l’Inter ha pochi amici. E Conte lo ha capito fin troppo bene. Questione di empatia

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.