Dopo la splendida vittoria contro il Genoa, il mercato ha regalato a Inzaghi l’ultimo acquisto, quel Joaquin Correa tanto desiderato. L’Inter ha lottato contro il tempo per portarlo in panchina a Verona, nonostante avesse un solo allenamento di gruppo all’attivo: ne è valsa la pena. In generale, quella del Bentegodi era già alla vigilia partita ostica, soprattutto se raffrontata a quella dell’esordio a San Siro contro la squadra di Ballardini, che era un cantiere aperto e contro la quale i Campioni d’Italia hanno avuto vita fin troppo facile. Gli scaligeri del nuovo tecnico Di Francesco, infatti, hanno mantenuto l’identità di gioco che li aveva caratterizzati nella gestione Juric, continuando ad interpretare le partite con un uomo contro uomo a tutto campo, seppur sia variato il modulo. E l’Inter, che anche con Conte aveva faticato sia all’andata che al ritorno (pur ottenendo il bottino pieno di sei punti su sei) nella passata stagione, ha sofferto ancora la filosofia di gioco dell’Hellas. L’epilogo è stato fortunatamente quello sperato, ma la strada per gli uomini di Inzaghi si è rivelata impervia, nonostante l’approccio alla partita – come sottolineato dallo stesso tecnico piacentino – fosse stato positivo, condensato nell’occasione capitata a Lautaro e respinta da Montipò. Poi, però, l’imprevisto che da un po’ di tempo a questa parte comincia a diventare triste consuetudine, dunque dovrebbe cominciare a rientrare nel “previsto”, a meno di non ricorrere a scelte forti che mai più di oggi sembrano necessarie.

L’ennesimo, brutto errore

Samir Handanovic ha cambiato l’inerzia del match in negativo: l’Inter non era stata scintillante fino a quel momento, ma sembrava avere la partita sotto controllo, in attesa della zampata giusta per portarsi in vantaggio. Poi, però, il portiere sloveno si è reso protagonista, ancora una volta, di un brutto errore, regalando un gol a Ilic (lo stesso a cui regalò una rete nello scorso dicembre, sempre al Bentegodi, quando si fece sfuggire una palla dalle mani già bloccata) con uno sciagurato passaggio in costruzione. Già l’anno passato Handanovic era apparso più problema che soluzione: non è un caso che si ricordino le sue prestazioni positive più che le negative, brutto segnale per un portiere. Quest’anno ha cominciato, nostro malgrado, su quella scia, facendo la differenza non nella stessa accezione desiderata dai suoi compagni, da Inzaghi e dai tifosi. Dopo le incertezze mostrate contro il Genoa, ieri l’ennesima frittata che è costata agli uomini di Inzaghi il primo gol subito stagionale, nonostante non avessero concesso – e non concederanno – tiri in porta agli avversari. E, a proposito, complimenti ai tre fenomeni sui quali l’Inter può contare in difesa.

Da quel momento in poi, comunque, cambia la storia della partita: il Verona prende coraggio, l’Inter perde certezze, si allunga ed è disordinata. Vengono sbagliate parecchie scelte e movimenti, sia da parte dei centrocampisti che per quanto riguarda i due attaccanti, i quali ancora devono affinare l’intesa. In particolare, Hakan Calhanoglu è spesso impreciso e i suoi errori risaltano se paragonati allo spettacolo di qualità del quale si era reso protagonista contro il Genoa. In generale, la mezzora successiva al gol di Ilic è molto negativa per i nerazzurri, come ammesso dallo stesso Inzaghi nel post-partita.

La reazione dei campioni

L’Inter scende in campo decisa, con lo scopo di voler ribaltare la partita, con il piglio dei campioni che non accettano – neppure lontanamente – l’idea della sconfitta. E la volontà conduce ai risultati, ancora. I nerazzurri, in particolare, sfruttano un’arma inedita: quella della lunga rimessa laterale (marchio di fabbrica di Inzaghi negli anni alla Lazio) di Perisic. Quando hai Dzeko in squadra, d’altronde, è una soluzione parecchio intelligente, considerato che le sponde del bosniaco si rivelano letali per le difese avversarie e ghiotte per i compagni. A sfruttare la torre del numero 9, infatti, c’è il 10: è la prima, grande prova d’intesa fra i due. Lautaro Martinez spera si tratti di un manifesto programmatico in vista del prosieguo della stagione, viste le attese e le speranze nerazzurre che vengono riposte su di lui. Prestazione non eccelsa da parte sua, ma prima presenza e primo gol. La cosa interessante è che il Toro va vicino, pochi minuti dopo, a una rete fotocopia, se non fosse che si trova costretto a provare la conclusione al volo di piede e non di testa: ancora sponda di Dzeko, ancora Inter pericolosissima. Potrebbe essere un leit-motiv frequente. Ma i nerazzurri non la sbloccano: serve un lampo, serve un colpo di genio, serve la freschezza del nuovo arrivato.

È subito Tucu!

Come Recoba nel 1997, come Pazzini nel 2011: doppietta decisiva all’esordio. Joaquin Correa in nerazzurro deve silenziare due frange di scettici: la prima è formata da chi lo considera un giocatore discontinuo, con pochi gol nelle gambe, incapace di fare il salto di qualità; la seconda è composta da molti tifosi nerazzurri che sono rimasti scottati dagli ultimi giocatori arrivati poiché avevano lavorato in passato con gli allenatori del momento, dunque Nainggolan con Spalletti e Vidal con Conte. A proposito, che impatto del cileno sulla partita! Anche lui a caccia di rivincite dopo una brutta prima stagione in nerazzurro (è il primo ad esserne consapevole), ha contribuito a cambiare il volto della partita entrando in campo con spirito battagliero ma anche con lucidità, risultando decisivo nel gol del 2-1 lanciando Darmian e fondamentale nel finale, recuperando palloni preziosi e guadagnando calci di punizione vitali. Dopo il gol contro il Genoa, Vidal vuole scrivere un’altra storia con l’Inter.

Torniamo però al protagonista di serata, torniamo a Correa. Entrato in campo al 75′, il primo pallone del Tucu è stato uno splendido assist per Barella che, al limite dell’area avversaria, ha perso il tempo per la conclusione. Nessun problema, però: l’argentino realizza poco dopo un gol strepitoso poiché eseguito con un imperioso stacco di testa, da bomber vero, partito da un cross lento (seppur Darmian sia stato bravissimo nel tenere il pallone in campo e a metterla dentro). Non aveva mai segnato con questo fondamentale in Serie A: segni del destino di una serata magica, che diventa storica – per il ragazzo – al minuto 93, quando Vecino vince un contrasto, serve Barella che si affida al Tucu: gol eccezionale, di sinistro all’angolino.

Molte delle fortune interiste in questa stagione dipenderanno dalle prestazioni di Correa, considerato che al momento l’Inter può disporre di tre attaccanti, di cui uno validissimo ma 36enne. Ne servirebbe un altro da reperire sul mercato, ma Inzaghi ha imparato ad accontentarsi in un’estate complicatissima. L’intesa tutta argentina, Lautaro-Correa, sarà decisiva nella stagione interista: i due sono ovviamente molto legati. Ieri non hanno disputato nessun minuto in coppia, visto che il Tucu ha sostituito il Toro. E nonostante questo, sono stati loro ad entrare nel tabellino dei marcatori. L’Inter ha riscoperto il tango, la forza, tenacia e classe argentina che è legata indissolubilmente alla storia di questo club. Non può che essere di buon auspicio.

 

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.