Il progetto Super League fallito con conseguente polverone mediatico, uno scudetto che veniva già annoverato nella bacheca nerazzurra senza un riscontro effettivo dal campo, la pressione che sale per la maggior parte degli uomini chiave che non hanno mai alzato un trofeo, la stanchezza – fisiologica – dopo un’annata estenuante, affrontata dopo aver concluso quella precedente ad agosto e senza aver svolto quindi la tradizionale preparazione estiva. L’Inter che affrontava il Verona aveva il bagaglio pieno di potenziali distrazioni e fattori avversi. Per l’ennesima volta, però, gli uomini di Conte sono stati più forti degli ostacoli e hanno superato anche la squadra di Juric, che arrivava da sei sconfitte negli ultimi sei match ma ha venduto carissima la pelle, uscendo da San Siro a testa altissima.

Sì, la palla ora pesa di più

Antonio Conte lo ha ribadito spesso nelle ultime settimane, e la pressione che attanaglia diversi giocatori nerazzurri – con il grande sogno che si avvicina – è palpabile, tangibile nelle loro prestazioni, nei loro sguardi, nelle loro scelte. Lautaro sbaglia un gol facile a tu per tu con Silvestri dopo due minuti ed è spesso difettoso nel primo controllo, Barella conferma il momento di appannamento ed è più impreciso del solito, Brozovic si perde spesso in un bicchier d’acqua: del resto, parliamo di un gruppo di ragazzi che si appresta a vivere il primo, grande trionfo. E sono umani. Meno giustificabile che a trasmettere panico e insicurezza sia il capitano Handanovic, vicinissimo al terzo gol subito per diretta responsabilità nel giro di una settimana. Incomprensibile perché non salti sul campanile che si appresta ad avvicinarsi alla sua porta: per fortuna, Faraoni colpisce leggermente con la spalla il braccio dello sloveno e causa l’annullamento del gol del pareggio. Lukaku è il solito totem, il riferimento assoluto, specialmente nel primo tempo: il duello con Magnani è duro, ma Big Rom spesso sbaglia passaggi facili, che in altri frangenti non sbaglierebbe. E allora deve pensarci lui, l’uomo che sblocca i match chiusi, l’uomo che consente all’Inter di mettere nel mirino, e questa volta ben a fuoco, il grande traguardo.

Darmian, uomo del destino

Arrivato in estate fra le perplessità generali, quasi snobbato, Matteo Darmian si è conquistato un posto speciale nel cuore dei tifosi nerazzurri. Sempre brillante quando impiegato, l’esterno dell’Inter sblocca un altro match che sembrava stregato, dopo quello contro il Cagliari di due settimane fa. Lo fa ancora su assist di Hakimi, come con i sardi, ma questa volta non deve limitarsi al semplice tap-in, bensì puntare l’avversario e bucare Silvestri. Mica facile. Darmian è l’uomo simbolo del progetto Conte e della filosofia del tecnico salentino: giocatore dalle doti tecniche non eccelse, sta andando oltre i suoi limiti in una stagione spettacolare a livello personale e collettivo, guadagnandosi forse pure una chiamata per l’Europeo di giugno, direttamente sponsorizzato proprio dall’allenatore nerazzurro. È ancora Darmian a regalare l’urlo di gioia strozzato in gola al popolo interista, nello stesso minuto in cui ha segnato al Cagliari, è ancora Darmian a fare impazzire di gioia Conte e a provocare l’abbraccio di gruppo della squadra. Se il destino esiste, Darmian certamente gli sorride. O viceversa.

Si sbilancia anche Conte

La vittoria di ieri è stata quella che probabilmente ha annientato ogni scaramanzia di sorta anche da parte degli stessi tifosi dell’Inter: adesso lo scudetto è veramente a un passo, si tratta solo di capire quando si potrà festeggiare e liberare un urlo di gioia che teniamo dentro da 11 lunghissimi anni, nei quali ne abbiamo viste di cotte e di crude, toccando il fondo per poi intravedere la salita, cominciata faticosamente 4 anni fa con Spalletti e resa sfavillante da Conte, principale responsabile del salto di qualità di questa squadra. Il tecnico, che finora era rimasto abbottonato, ieri ha parlato di un gol che vale “il 95% dello scudetto ed ha sorriso a chi diceva che fosse fatta. Lo sa anche lui, e sa benissimo quanto sia stato sfiancante ma nello stesso tempo eccitante il viaggio, intrapreso con una squadra reduce da due quarti posti agganciati all’ultimo secondo dell’ultima giornata e che ora guarda tutti dall’alto a distanza di sicurezza, quando mancano 5 giornate alla fine del torneo. Conte è stato ancora una volta realista, ha ammesso che i suoi avvertono la pressione e che le prestazioni ne vengono inevitabilmente condizionate, ma ha sottolineato come il primo scudetto consentirà a questi interpreti di “diventare vincenti”: sarà qualcosa che non dimenticheranno mai. E allora viviamole insieme, queste ultime settimane, pronti a liberare la nostra gioia e a sventolare, colmi di gioia, la nostra meravigliosa bandiera.