L’Inter ha un serio problema quando affronta difese chiuse. Siamo alla terza partita consecutiva che si svolge seguendo lo stesso spartito: Genoa, Shakhtar Donetsk e Parma hanno deciso di affrontare la squadra di Conte chiudendosi a riccio e provando a ripartire, quando possibile. Se però nei due match precedenti gli avversari non erano riusciti a far male ai nerazzurri, ieri la squadra di Liverani colpisce con il solito Gervinho, che a San Siro sembra trovarsi particolarmente a suo agio. Non è un caso che l’Inter lo abbia cercato con insistenza sul finire del mercato estivo. E così si riacutizza il problema in fase difensiva: dopo due clean sheet consecutivi, ieri altre 2 reti incassate (siamo a 10 in campionato, 12 stagionali) quasi in fotocopia. L’ivoriano del Parma si inserisce alle spalle di una difesa troppo statica (De Vrij insolitamente disattento) e poco reattiva, con un movimento simile a quello di Ivan Perisic dopo pochi minuti di gioco. La differenza è che il croato conclude malissimo, non centrando neanche lo specchio, mentre l’attaccante del Parma è cinico e permette alla sua squadra di chiudere con il 100% di efficacia in fase realizzativa: 2 tiri in porta, 2 gol.

Per quanto riguarda la fase offensiva, il principale argomento degli ultimi giorni ha riguardato l’assenza forzata Romelu Lukaku, out per un problema muscolare. In molti hanno accusato l’Inter di possedere un solo schema: palla a Big Rom, poi ci pensa lui. I nerazzurri, tuttavia, ieri hanno creato svariate occasioni da gol, piuttosto è mancata la cattiveria sotto porta. Conte lo ha fatto presente nel post-partita, parlando di “squadra molle” quando c’è da scaraventare la palla in rete. Basti pensare alle occasioni di Hakimi, quella già citata di Perisic, di Vidal, di Lautaro. Alla fine l’Inter riesce a segnare e almeno a pareggiare la partita solo con un’azione personale di Brozovic e da un calcio piazzato, quando Perisic colpisce di testa e ribadisce in rete il cross di Kolarov. L’assenza di Lukaku non si è rivelata particolarmente pesante per il giocatore in sé (comunque determinante per il presente e il futuro dell’Inter), semmai per la mancanza di alternative valide. Conte ha preferito Perisic a Pinamonti di fianco a Lautaro, con Eriksen alle spalle. Il croato ha giocato una pessima partita da punta, ma si è rinvigorito nel momento in cui – durante il forcing finale – è stato spostato nel suo ruolo naturale, quello di esterno. Pinamonti si è guadagnato il calcio di punizione del pareggio, ma non ha offerto ulteriori spunti, dimostrando che non può essere considerato un’alternativa credibile a Lukaku. Si manifesta nella rosa nerazzurra l’atavico problema della mancanza del bomber di scorta, con il suo bottino di gol in canna da sparare quando non c’è Romelu. Senza dubbio, però, tutto diventa più difficile quando a tradire sono gli altri due uomini che dovrebbero colpire negli ultimi 20 metri.

Fantasmi

Christian Eriksen Lautaro Martinez decidono di rendere omaggio alla notte di Halloween nel modo peggiore: si trasformano in fantasmi. Innocui, per giunta. Perché non fanno alcuna paura agli avversari, anzi fanno loro il solletico.

Partiamo dal danese. Se puntualmente, in ogni intervista rilasciata in patria, il numero 24 nerazzurro non perde occasione per stuzzicare Conte riguardo il mancato impiego da titolare (su cui ci sarebbe da discutere, visto che era ormai alla terza partita nelle ultime quattro da titolare, impiegato nel suo ruolo da trequartista), ci si aspetta che in campo dimostri quello che vale e perché l’allenatore eventualmente si sbaglia. Peccato che faccia tutto il contrario e, oltre a qualche buona idea, manchi tremendamente in concretezza. Perché oltre a perdere palloni sanguinosi, farsi rimontare e sradicare palla da centrocampisti e difensori del Parma, non è mai decisivo negli ultimi 25 metri. Non calcia, non mette in porta i compagni, è avulso, apatico e inconsistente. Ancora una volta Eriksen esce e la manovra dell’Inter ne trae beneficio: si velocizza, diventa più fluida (che paradosso, per chi è arrivato proprio a questo scopo) e pericolosa. Dispiace dirlo, ma se il giocatore continua con questo atteggiamento è difficile non pensare ad un’eventuale cessione a gennaio. Il suo ingaggio da quasi 10 milioni l’anno pesa e tanto, in questo contesto.

Lautaro invece continua a vivere un momento di totale appannamento. È afflitto da un costante nervosismo, commette errori banali, crea confusione, ma soprattutto quando conclude verso la porta è sempre velleitario, sembra non crederci più di tanto. Addirittura, nell’assedio finale, manca l’impatto con il pallone dopo la sponda di Perisic. Si sperava che, con l’assenza di Lukaku, il conseguente carico di responsabilità lo avrebbe rivitalizzato, invece ha sortito l’effetto opposto. La speranza è che una grande notte di Champions come quella che attende lui e l’Inter tutta martedì sera a Madrid possa destarlo, altrimenti saranno grossi guai per la squadra nerazzurra, che non può permettersi di perdere l’altra metà della Lu-La.

L’Inter dice basta

Il rapporto fra l’Inter e gli arbitri storicamente non è mai stato dei più semplici, ed in questo inizio di stagione questa forte tensione si è riacutizzata. Benevento, Lazio, Milan, Genoa, Parma: cinque partite in cui l’Inter può recriminare. Ieri, però, l’episodio è stato di quelli che fa rumore, e coinvolge il mancato rigore assegnato dopo l’abbattimento di Perisic da parte di Balogh. Un rigore solare, con l’arbitro Piccinini fra l’altro piazzato benissimo, con la visuale migliore per assegnare un penalty lampante, lapalissiano. Piccinini non solo dice di andare avanti, si rifiuta persino di consultare il Var. Ed è questa la grossa critica che Marotta muove nel post-partita ai microfoni di Sky Sport, parlando di “vuoto normativo”. Lo strumento tecnologico è nato proprio per correggere dei chiari errori arbitrali, e quello di ieri rientra ampiamente nella categoria, anzi potrebbe essere il capofila. Così facendo, il Var diventa praticamente inutile, si rimette tutto in mano alla discrezionalità e non all’oggettività di un clamoroso abbaglio. Ma forse è questo il sentimento popolare, che addirittura mette in discussione il “fuorigioco di un piede”, perché “è troppo poco per annullare un gol”. Ritornare alla discrezionalità e allontanarsi dall’oggettività, eliminando quanto di più oggettivo esista (il fuorigioco): è questo il proposito sollevato da alcuni giornali che condensa un grave problema del calcio italiano. Il Var è stato (giusto parlarne al passato, almeno per il momento) una svolta in positivo, non si capisce perché voler fare dei passi indietro, ritornando ad un passato non proprio splendente.

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.