Nel pomeriggio in cui tutti i tifosi nerazzurri coltivano legittime ambizioni di primo posto in classifica, la buona notizia è che l’Inter fa il suo dovere battendo lo Spezia a San Siro e portando a casa altri tre punti. Quella cattiva, però, è che il Milan fa lo stesso a Reggio Emilia contro il Sassuolo, conservando la leadership della Serie A. I rossoneri dimostrano di non voler essere una fugace sorpresa, ma i nerazzurri confermano di fare sul serio, continuando il tallonamento a un solo punto di distanza. E lo fanno centrando la sesta vittoria consecutiva: una tale striscia, nell’era Conte, si era verificata soltanto nelle prime giornate dello scorso campionato. Un ottimo segnale per un’Inter che vuole arrivare alla tanto agognata sosta di Natale nelle migliori condizioni possibili. Mai come adesso, infatti, i ragazzi di Conte danno l’idea di essere sulle gambe, in netta difficoltà fisica, arrivati quasi al termine di un estenuante forcing di partite.

Imbrigliati…o stremati?

L’Inter gioca forse il primo tempo peggiore della stagione o addirittura dell’era Conte. Eppure nei primi 12 minuti i nerazzurri riescono a mettere insieme ben tre occasioni da rete: una con Lukaku ben servito da Lautaro dopo una grande giocata da Toro, una dopo una serpentina micidiale di Young ed un’altra con il numero 10 argentino che prova a sfruttare la pessima uscita di Provedel ma non è preciso di testa. Dopodiché, il nulla. Lo Spezia di Vincenzo Italiano imbriglia tatticamente gli avversari e fa un figurone a San Siro dimostrando di essere squadra abile in costruzione, sfruttando movimenti sinuosi dei propri interpreti che abbinano forza fisica a discreta qualità. Detto dei meriti degli avversari, però, va anche riconosciuto che la squadra di Conte fa veramente poco e delude a livello individuale ma soprattutto collettivo. In particolare, è il reparto di centrocampo ad apparire inesistente. Barella commette qualche errore di troppo ma ci mette la consueta voglia e dedizione; le prestazioni pessime arrivano invece da Brozovic Gagliardini. Entrambi lasciano ampiamente a desiderare in ambedue le fasi. Il centrocampista bergamasco – che certo non è noto per le spiccate doti in fase di impostazione – perde anche alcuni palloni di troppo. Il croato è inesistente in fase difensiva – dove regala palla spesso e volentieri agli avversari – oltre a risultare dannoso in attacco, quando rallenta ogni singola azione nerazzurra vanificando i movimenti e le corse dei suoi compagni e risultando macchinoso.

C’è da dire, però, che la prova generale è troppo brutta per non avere il fondato sospetto che l’Inter sia stremata fisicamente per poter fare molto di più. Conte, come sappiamo, ha trovato la quadra in entrambe le fasi puntando su un determinato nucleo di giocatori e ha deciso – anche contro lo Spezia – di non ricorrere al turnover per sfruttare l’onda delle vittorie consecutive e renderla ancora più lunga. L’effetto collaterale, però, è che questi interpreti a tratti boccheggiano. Il terzetto di difensori titolari è ormai all’ottava partita consecutiva nel giro di 25 giorni: uno stress fisico, oltre che mentale, decisamente rilevante. Lo stesso si può dire per i centrocampisti: detto della pessima prova di Marcelo Brozovic, bisogna rimarcare che il croato ha sempre giocato da titolare dopo aver smaltito il Covid, quindi dalla trasferta di Monchengladbach in poi (1 dicembre). E cosa dire di Nicolò Barella, elemento imprescindibile per questa Inter che sta stringendo i denti da ormai dieci giorni e avrebbe assoluto bisogno di riposo. Ma sono le recenti prove dell’uomo di punta di questa squadra, Romelu Lukaku, a testimoniare che questa squadra è esausta. Contro Napoli e Spezia ha timbrato il cartellino soltanto su calcio di rigore, non riuscendo a spaccare le difese avversarie come nei giorni migliori, anzi risulta spesso in affanno.

Napoli e Spezia, stessa dinamica: coincidenze?

All’Inter non resta altro che aggrapparsi all’episodio perché, in questo periodo, va bene così. Per il divertimento e le vittorie convincenti…ripassare. L’aspetto interessante, rispetto al match di ieri, è che si può rintracciare un lampante parallelismo con il match di mercoledì contro il Napoli, per almeno tre ordini di ragioni.

Il primo motivo è che, come contro la squadra di Gattuso, l’Inter è stata brava e finalmente cinica nel sfruttare gli episodi e le occasioni – a dir la verità poche – che le sono capitate a tiro. Mercoledì Darmian era stato abile nel fiondarsi su un pallone vagante e conquistare il calcio di rigore, ieri Lautaro ha sfruttato la sponda di testa di Lukaku per lanciare nello spazio Achraf Hakimi che, nonostante una prova fino a quel momento insufficiente (come del resto quella di tutti i suoi compagni) ha dimostrato istinto killer nel trafiggere un Provedel non irresistibile sul suo palo. Cinismo che Romelu Lukaku ha manifestato, ancora una volta, sul dischetto, spiazzando Provedel così come Ospina.

La seconda ragione è che, come contro il Napoli, le fortune dell’Inter coincidono con l’ingresso in campo di Stefano Sensi. Ancora una volta il numero 12 nerazzurro dimostra di essere un giocatore fondamentale per lo scacchiere di Antonio Conte, soprattutto perché possiede caratteristiche uniche in rosa: abbina qualità, velocità nello stretto, dinamismo, intelligenza tattica nei raddoppi, capacità di rubare palla. Il prototipo del giocatore contiano. E se contro i partenopei da una sua giocata era nata l’azione del calcio di rigore, ieri dai suoi piedi nasce il cross che Nzola ferma con un braccio ampiamente distaccato dal corpo. Ormai è un’asserzione che non fa più notizia ma che è giusto rimarcare: se Sensi sta bene, è un titolare fisso di questa Inter e le ambizioni di questa squadra sono direttamente proporzionali alla sua condizione fisica.

Se le prime due ragioni si possono connotare positivamente, la terza e ultima porta con sé una nota estremamente negativa: l’incapacità della squadra di Conte di gestire il vantaggio. Contro il Napoli i nerazzurri si erano fatti assalire dal panico e dal “braccino del tennista” nonostante la superiorità numerica, oltre che nel tabellino. Ieri l’Inter ha mostrato le stesse lacune sul risultato di 2-0. Palla costantemente buttata in avanti senza particolari pretese e sistematicamente regalata agli avversari che, prova e riprova, hanno trovato il gol sfruttando un’indecisione difensiva e un’uscita così così di Handanovic, che era stato invece decisivo contro il Napoli. La condizione fisica sicuramente incide perché parliamo, in entrambe le occasioni, dei minuti finali di gara, ma è assurdo come i nerazzurri non riescano a gestire le fasi conclusive dei match – quando il risultato è a favore – con un minimo di pulizia nei passaggi e di furbizia. Se l’Inter si sta avvicinando alle squadre vincenti in quanto a cinismo, sotto questo punto di vista ne è invece ancora lontana, perché non è ammissibile il batticuore cui ogni volta è costretto tutto il mondo Inter nei minuti finali.

Atto finale

La sosta di Natale ma, in generale, dieci giorni senza partite è tutto quello che serve a questa Inter per rigenerarsi fisicamente e mentalmente. Il piccolo problema è che, prima del riposo, c’è da affrontare una delle partite più ostiche del campionato: mercoledì alle 18:30 i nerazzurri sono attesi dall’Hellas Verona al Bentegodi. I veneti sono ovviamente inferiori ai nerazzurri per valore assoluto, ma quello che preoccupa è il fatto che la squadra di Juric, contro le big, non perde mai. Questo il ruolino di marcia dell’Hellas, fino a questo momento, contro le squadre più forti del campionato: 0-0 in casa contro la Roma, poi vittoria per 3-0 a tavolino; pareggio (1-1) allo Stadium contro la Juventus; pareggio (2-2) a San Siro contro il Milan; vittoria (2-0) a Bergamo contro l’Atalanta; vittoria (2-1) a Roma con la Lazio. Dati che parlano da soli e che ci dicono chiaramente che l’Inter, mercoledì, è chiamata a una piccola impresa. Sarà dura, specie considerando la condizione fisica e le difficoltà da essa derivanti summenzionate, in particolare per i due attaccanti – Lautaro e Lukaku – che non hanno alcun ricambio in panchina e che saranno chiamati agli straordinari. Da loro, e da tutta l’Inter, i tifosi nerazzurri si attendono un regalo per chiudere il 2020.

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.