Massimo Moratti

per me bastava un Delio Rossi per vincere lo scudo
Leonardo ti ha dato quella scossa nel breve periodo ma alla lunga sarebbero emersi limiti , tattici
benitez creò essenzialmente una barriera empatica (in realtà ci sono anche altre cose che non mi son piaciute,tipo Stankovic ala in supercoppa europea , ma a grosse lineee...)
cambiando l' ordine degli addendi il risultato non cambia : bastava poco per restare campioni in quell' anno , ma non si fece

Io credo che quel gruppo avrebbe fatto pagare a qualsiasi allenatore la colpa di non essere José Mourinho.
Non avrebbero seguito nessun altro generale.

Leonardo, cioé l'autogestione, era l'unica via, ma appunto, nel lungo periodo i limiti sarebbero emersi...
 

Fede654

Titolare
  Bannato
è un ossimoro dire che Moratti ha dovuto vendere perchè non ce la faceva più finanziariamente.
Nel corso della sua gestione è vero che ha dovuto far fronte a passivi spaventosi che, stando a quanto si dice, gli hanno fatto intaccare il patrimonio personale. E difatti non è stata una gestione virtuosa, bensì romantica, appassionata, sofferta, trionfale, sicuramente dispendiosa.
Sta di fatto però che le regole attuali impongono l'autosostentamento, pertanto, se moratti fosse stato capace di far crescere l'inter come società, sarebbe tranquillamente in sella, senza dover intaccare il patrimonio personale, semplicemente perchè, anche volendolo fare, non si può più fare.
 
Ultima modifica:
Io credo che quel gruppo avrebbe fatto pagare a qualsiasi allenatore la colpa di non essere José Mourinho.
Non avrebbero seguito nessun altro generale.

Leonardo, cioé l'autogestione, era l'unica via, ma appunto, nel lungo periodo i limiti sarebbero emersi...
Mmmm NI, Benitez si pose in posizione di totale rottura con l'era mourinhana sin da subito, è un allenatore molto didattico che si cura poco dei rapporti umani, (persino Steven Gerrard Non ha speso parole di affetto per lui......... ), , prendere uno antitetico a Mourinho in una squadra mourinhana è stato , prima di tutto , un errore concettuale
 
Ultima modifica:
Moratti, per rivivere il Triplete partiamo dalla Coppa Italia. Quel 5 maggio servì ad esorcizzare quello del 2002?
«Niente viene esorcizzato nel calcio, quel 5 maggio resta. Anche se Milito poi lo rese meno amaro. Io però nel dubbio per scaramanzia quel giorno a Roma non andai…».



Quanto pesò quel successo?
«Gettammo le basi per il resto. Vincendo peraltro la sfida più dura delle tre, soffrendo in puro stile Inter. La Roma era la rivale storica di quegli anni e ci teneva a superarci. Servì una prodezza da fuori, un gol non da Milito».

Seconda tappa, quella scudetto, a Siena.
«Altra battaglia, ma diversa. L’avversario era meno forte della Roma ma giocò con una determinazione feroce. Poi Zanetti decise che bisognava riscrivere la storia, ne dribblò un po’ e servì un pallone d’oro a Milito».

Ci fu modo di festeggiare o la testa era già a Madrid?
«Fu festa vera anche in spogliatoio. Lo scudetto ci preparò al meglio per la Champions. Ricordo il rientro in auto a Milano: una lunga onda nerazzurra, i tifosi che mi affiancavano anche per farmi gli auguri di compleanno. Bellissimo!».

Sei giorni dopo arriva la sfida contro il Bayern.
«Fu paradossalmente la meno difficile. Avevamo sofferto abbastanza a Barcellona. Emotivamente, la Champions l’abbiamo vinta al Camp Nou. La partita più drammatica della mia vita. Giocata quasi interamente in 10 per l’espulsione ingiusta di Thiago Motta. Vedere Eto’o sacrificarsi in fascia rincorrendo chiunque fu un segnale forte. Lì capimmo che il destino era dalla nostra parte, che potevamo superare ogni ostacolo».

Quale fu la vera svolta di quella Champions?
«Segnando negli ultimi minuti 2 gol alla Dinamo Kiev evitammo l’eliminazione nel girone, ma la svolta arrivò nell’ottavo col Chelsea. Dopo anni di sofferenza in Europa, capimmo di essere una squadra vera. Mou fece un capolavoro tattico».

Torniamo a Madrid. La prima cosa che le viene in mente.
«Sembrerà strano, ma è un’immagine vista dopo in tv. Una ragazza coi capelli corti e la maglia nerazzurra che piange a dirotto. L’emblema della felicità regalata a tanta gente. Poi il primo gol di Milito, per l’importanza e la bellezza, quell’esitazione con cui fece perdere il tempo a portiere e difensore. Diego era così, classe purissima: anche i suoi silenzi erano delle lezioni».

In porta lo mandò Snejider. Quelli per l’olandese furono i 16 milioni meglio spesi durante la sua presidenza?
«Wes cambiò l’Inter, le permise di alzare il ritmo, le diede una nuova dimensione».

Dopo tante spese, quella rosa le costò appena 150 milioni.
«Vero. A parte l’operazione col Genoa per Milito e Motta e lo scambio Ibra-Eto’o più soldi, da poco era arrivato Julio Cesar. E Cambiasso a parametro zero, grande intuizione di Branca. Ancora non mi spiego come fece il Real a perdere uno così. Il Cuchu arrivò con Mancini, iniziò benissimo ma lo staff tecnico pensava che grazie al suo fisico andava in forma prima. Invece è stato un crescendo. Prima o poi Cambiasso allenerà l’Inter».

Maicon a 6 milioni?
«Al tempo qualcuno mi prese in giro per quella spesa. Intanto arrivò il più grande terzino destro della storia dell’Inter!».

Quello sinistro invece si vide la notte di Madrid dall’alto…
«Ho pensato a Facchetti dopo ogni vittoria. Figuriamoci quella. “Dopo tante sofferenze insieme, dovresti essere qui a godertela anche tu” gli dissi».

Come festeggiò a Madrid?
«Ero svuotato, avendo centrato l’obiettivo rincorso da sempre. Pensai “ora cosa può andare storto? Ah già, Mou che ci lascia…”. Decisi di non rientrare a Milano con la squadra perché non c’era Mou e non volevo essere io al centro dell’attenzione. Lasciai che a portare la Coppa a San Siro fosse mio figlio Mao, che come il resto della famiglia mi era stato vicino in quel percorso».

Prima di tornare a Mou, quanti meriti di quei trionfi vanno attribuiti a Mancini?
«Tantissimi. Aveva costruito la casa negli anni precedenti. In Italia prima di lui non vincevamo, anche perché c’era una ragione molto importante… È un grande allenatore, come sta confermando in Nazionale. E pensare che decisi di prenderlo dopo che nel Natale 2003 mi regalò una maglia di lana dell’Inter con uno scudetto enorme e nel biglietto scrisse “Se vuole tornare a vincere, io sono a disposizione…”».

Veniamo a Mou e alle frasi un po’ polemiche di Milito.
«All’addio di Mourinho ero preparato. Fu comunque doloroso, ma ricordo che quando ci abbracciammo in campo gli dissi che a quel punto poteva fare quello che voleva. Fu lì che lui iniziò a piangere».

Non ne avevate già parlato?
«Mai! Non volevo rompere l’incantesimo. Però ci scambiammo qualche sguardo che valeva più di tante parole. Ci siamo rivisti due sere dopo. Venne a cena a casa mia, con la Coppa a centro tavola. Quante risate!».

Milito invece a fine gara disse: «Non so se resto».
«Quella sera commisi l’errore di non dire che era da Pallone d’oro. Forse Diego non si sentì abbastanza apprezzato. Ma non diedi peso alle sue frasi».

Qualcuno disse che dopo un anno così andava venduto.
«Mi viene ancora da ridere. Era al top e se non si fosse infortunato si sarebbe ripetuto l’anno dopo. Se hai una squadra così forte e non hai bisogno di soldi, perché dovresti cambiarla? La verità è che sbagliai la scelta dell’allenatore. Benitez era bravissimo, ma non era la persona giusta. Avrei dovuto prendere subito Leo, non a Natale».

Ci furono altri errori nella gestione del post Triplete?
«Non ci preoccupammo di capitalizzare quell’impresa. Mi occupai delle cose di campo, meno di quelle commerciali. Era un calcio che cambiava».

Ci svela un aneddoto di Madrid che ora non infastidirebbe l’interessato?
Ride… «Ma no… Al limite c’era Snejider pressante per avere un mio orologio che gli piaceva. E pensi che valeva un millesimo di quanto guadagnarono loro quell’anno e che di regali ne avevo già fatti abbastanza…».

Mou e Conte sono simili?
«Non conosco abbastanza bene Conte per giudicare. Ma sono due martelli, ossessionati dal calcio, dalla voglia di dar tutto».

Lautaro può lasciare l’Inter.
«Se arriva Messi, ci sto. E se Leo è impossibile, al posto del Toro vorrei Dybala».

È favorevole alla ripresa?
«Meglio preparare la prossima stagione. Ma ci sta che uno come Lotito parli da tifoso».

Assegnerebbe lo scudetto?
«Ora non è una priorità. Però l’Inter ha tutto per vincerlo».

Andrea Agnelli ha messo un like al post di un tifoso che non vorrebbe lo scudetto, perché la Juve non è come l’Inter.
«C’è una leggerissima differenza. Allora si trattava di una truffa, qui di un virus che ha paralizzato il mondo».

Fermarsi qui toglierebbe alla Juve il sogno Triplete.
«Avranno altre occasioni. Se mi darebbe fastidio un loro en plein? Nessun record resiste in eterno. Di sicuro il Triplete non ce lo toglierà nessuno».


Mi han fatto sorridere i due passaggi grassettati :ghigno

Chissá cosa penseranno i tifosi della Lazio di Mancini che, allenatore della Lazio, si propone a Moratti da piacione consumato :ghigno

C'é tutto Moratti in questa intervista, tutto il suo mondo, tutto il morattismo, la parte piú bella e romantica e quella piú ingenua.

Bella.
Confesso che non l' avevo letta tutta, mi ero fermato al titolo perchè è quello che penso io, cioè la Champions l' abbiamo vinta a Barcellona
è un paradosso ma per esempio a dieci anni di distanza mi fa piu' emozionare rivedere Barcellona che la finale di Madrid. E ricordo di avere esultato di piu' al fischio finale.
Ci sta, cosi come il Milan 2007 la Champions alla fine l' ha vinto dopo la semifinale contro il Manchester United, la ' rivincita contro i Liverpool era talmente telefonata che la vidi distrattamente, con rassegnazione
Bellissimi gli aneddoti, tra l' altro dicembre 2003 è prima ancora che vincesse la Champions League col Porto (che è l' inizio della sua leggenda)
 
è un ossimoro dire che Moratti ha dovuto vendere perchè non ce la faceva più finanziariamente.
Nel corso della sua gestione è vero che ha dovuto far fronte a passivi spaventosi che, stando a quanto si dice, gli hanno fatto intaccare il patrimonio personale. E difatti non è stata una gestione virtuosa, bensì romantica, appassionata, sofferta, trionfale, sicuramente dispendiosa.
Sta di fatto però che le regole attuali impongono l'autosostentamento, pertanto, se moratti fosse stato capace di far crescere l'inter come società, sarebbe tranquillamente in sella, senza dover intaccare il patrimonio personale, semplicemente perchè, anche volendolo fare, non si può più fare.

Si può farlo tutt'ora in realtà. La maggiorparte degli sponsor che trovano i grandi club al giorno d'oggi a ben vedere vengono da aziende "vicine" ai proprietari del club. Adesso c'è qualche paletto in più rispetto al passato, ma i proprietari che vogliono davvero investire nel loro club possono farlo tutt'ora per vie traverse.
 
è un ossimoro dire che Moratti ha dovuto vendere perchè non ce la faceva più finanziariamente.
Nel corso della sua gestione è vero che ha dovuto far fronte a passivi spaventosi che, stando a quanto si dice, gli hanno fatto intaccare il patrimonio personale. E difatti non è stata una gestione virtuosa, bensì romantica, appassionata, sofferta, trionfale, sicuramente dispendiosa.
Sta di fatto però che le regole attuali impongono l'autosostentamento, pertanto, se moratti fosse stato capace di far crescere l'inter come società, sarebbe tranquillamente in sella, senza dover intaccare il patrimonio personale, semplicemente perchè, anche volendolo fare, non si può più fare.
L'ossimoro infatti é qui.

Non é questione di patrimonio personale ma delle possibilitá che puoi procurare indirettamente, Moratti per quanto ricco non aveva né le capacitá né le possibilitá di mettere a disposizione dell'inter i mezzi necessari per crescere.

Ma anche un Berlusconi, per dire, che quanto a patrimonio personale é alla fine ricco come Zhang

Le premesse andavano create 10 anni prima negli anni di vacche super grasse, ma come ha ammesso anche lui, non si é mai interessato del lato commerciale e visti i tempi era anche comprensibile

Quel che non ho mai compreso é come sia stato tra i piú agguerriti sostenitori di un ffp che andava in direzione diametralmente opposta alla sua, ma va beh
 
Ultima modifica:
Confesso che non l' avevo letta tutta, mi ero fermato al titolo perchè è quello che penso io, cioè la Champions l' abbiamo vinta a Barcellona
è un paradosso ma per esempio a dieci anni di distanza mi fa piu' emozionare rivedere Barcellona che la finale di Madrid. E ricordo di avere esultato di piu' al fischio finale.
Ci sta, cosi come il Milan 2007 la Champions alla fine l' ha vinto dopo la semifinale contro il Manchester United, la ' rivincita contro i Liverpool era talmente telefonata che la vidi distrattamente, con rassegnazione
Bellissimi gli aneddoti, tra l' altro dicembre 2003 è prima ancora che vincesse la Champions League col Porto (che è l' inizio della sua leggenda)
ah sicuro, come ho raccontato tante volte, io quella partita non riuscivo a guardarla, l'ho vista senza l'audio camminando per la stanza avanti e indietro, togliendo a volte lo sguardo dalla tv perché non reggevo la visione, robe mai viste, dolore fisico, una tortura lenta, una partitá che sará durata 6 o 7 ore
 
Alto