José Mourinho

Intervenuto in esclusiva ai microfoni di beInSports, Josè Mourinho ha confessato in maniera convinta quella che secondo lui è stata la miglior squadra mai allenata in carriera. Una risposta che farà felici tutti i tifosi dell’Inter. Ecco le parole dello Special One:

INTER? LA MIGLIORE SQUADRA MAI ALLENATA – “La miglior squadra che io abbia mai allenato? Devo dire Inter, perché abbiamo vinto tutto. Devo essere oggettivo e rispettoso verso tutte loro, ma ovviamente scelgo la squadra che ha vinto tutte le competizioni a cui ha partecipato, che ha battuto le più grandi squadre del mondo: il Barcellona 3-1, il Bayern Monaco 2-0 nella finale di Champions League, che ha vinto il campionato italiano con un numero straordinario di punti, che ha vinto la coppa nazionale e che ha vinto tre finali in 10 giorni“.
CRITICA – “Si spendono tanti soldi in ogni parte del mondo per allenatori stranieri, che però allenano e non insegnano calcio. Arrivano per allenare, senza però dare più informazioni alle persone locali. Questa è la colpa più grande. Se andassi ad allenare per esempio in Qatar, per esempio, non avrei solo una responsabilità nei confronti del mio club o della mia Nazionale, ma dovrei avere, e questo dovrebbero richiederlo anche le federazioni locali, maggiore influenza nella formazione delle persone locali. Se guardiamo gli allenatori della Coppa d’Asia, vediamo tantissimi grandi allenatori: Lippi, che ha vinto una Champions League; Erikson e Cuper, che hanno giocato finali di Champions; Queiroz, uno dei migliori allenatori portoghesi di sempre; Zaccheroni. Tutti loro sono ottimi allenatori, ma anche ottimi insegnanti di calcio. Loro dovrebbero avere più influenza nello sviluppo del vostro calcio (quello degli Emirati Arabi Uniti, ndr). Qui non ci sono centri di formazioni per allenatori come in Europa. Qui gli allenatori, finito il lavoro, prendono i vostri soldi e vanno a casa. Dovrebbero fare di più. Semmai dovessi allenare una Nazionale di quest’area, vorrei che il mio successore fosse un allenatore locale“.

CECH – “Quando sono arrivato al Chelsea, nel 2004, il club aveva già deciso di comprarlo. Era un bambino, aveva circa 20 anni. Il portiere allora era Cudicini, che nella stagione precedente era stato nominato giocatore dell’anno. Nella prima partita della stagione, contro il Manchester United, decisi di lasciare fuori Cudicini e mettere in campo questo ragazzo di cui nemmeno si sapeva come pronunciare il nome. Da lì in poi, è stato tutto merito suo, io non ho contato più nulla. Un professionista straordinario, un portiere con un enorme potenziale. Dopo il drammatico incidente alla testa, iniziò a giocare con l’elmetto, ne aveva bisogno. Quando poi sono tornato per la mia seconda esperienza al Chelsea, puntai su un giovane Courtois e gli dovetti comunicare che sarebbe stato il numero due. L’ho visto, dunque, in due fasi diverse della sua carriera. Divenne un fantastico numero due, ha un carattere straordinario“.
DROGBA – “E’ un ragazzo talmente leale che non ha mai dimenticato il fatto che fui io a portarlo al Chelsea dal Marsiglia. Quando Abramovich mi chiese chi volessi come attaccante, io gli feci il suo nome e lui mi rispose: ‘Chi è? Dove gioca?’ Io gli ho risposto: ‘Mister Abramovich, paghi e non parli’. E’ diventato un giocatore iconico per il Chelsea e per la Premier League. Ogni volta che l’ho incontrato da avversario, mi ha sempre fatto male. Quando sono tornato al Chelsea gli ho detto: ‘Non sarai più il numero uno, ma ho bisogno di te, perché hai esperienza e perché puoi aiutarmi con giocatori come Hazard e gli altri giovani’. Ci sono giocatore che sono troppo importanti per il loro carattere fino all’ultimo giorno della loro carriera“.
MANCHESTER UNITED – “Una cosa fondamentale che un allenatore deve sempre considerare è da dove parte e dove arriva con un progetto. Se per esempio vi dicessi che il secondo posto ottenuto in Premier League con il Manchester United è stato uno dei lavori migliori che io abbia mai fatto, voi mi rispondereste che sono pazzo, dato che ho vinto 25 trofei. Ma è così, perché la gente non sa cosa accade dietro le quinte”.
FUTURO – “Ora sono qui, e spero nel prossimo futuro, in cui non penso di tornare subito in panchina, di imparare molte più cose del calcio. Ritiro? No, sono ancora troppo giovane, avrò 55 anni anni fra poco e la mia strada è ancora lunga. Dove sarò? Io appartengo al massimo livello del calcio, è lì che sarò“.
STILE – “Una cosa è la comunicazione, un’altra è vincere e ottenere risultati. E’ facile ‘giocare bene’, ma poi non ottenere risultati. C’è una classe di allenatori, che è poi quella a cui appartengo anche io con Guardiola, Ancelotti e altri, che hanno una carriera di vittorie costanti. Gli altri dove sono? I risultati sono importanti, perché sono quelli che ti fanno salire a un certo livello“.
SALAH – “Molte delle cose che sono state dette non sono vere. Sono stato accusato di essere l’allenatore che ha venduto Salah, mentre sono stato il manager che l’ha comprato. L’ho visto che era un bambino in un match di Champions League contro il Basilea e mi sono innamorato di lui, spingendo la società a comprarlo. Solo che a Londra era un ragazzo perso in un nuovo mondo. Lo volevamo tenere con noi per far sì che potesse migliorare sempre, ma lui era entrato nell’idea che voleva giocare. Allora lo abbiamo mandato in prestito in un campionato tecnico e fisico come la Serie A alla Fiorentina, un ottimo club che però non aveva la pressione di vincere titoli. Quando è tornato, il club lo ha venduto, non io. Il mio rapporto con lui è buono, penso che lui non abbia rimpianti riguardo a ciò che è successo visto poi come è andata la sua carriera. Desiderava giocare ogni settimana e non potevamo garantirglielo“.
CALCIO DI OGGI – “Oggi non fa notizia quello che di buono fa l’allenatore con i suoi giocatori, ma se ci sono problemi fra lui e la squadra. Tutto quello che di buono ho fatto nella mia carriera con i miei giocatori, nel calcio di oggi non fa notizia, ma se c’è qualcosa che non fa fa subito scalpore. E’ una cattiva notizia quando c’è un allenatore che viene lasciato solo a gestire la squadra, se non c’è una struttura dietro di lui. Solo un grande club strutturato in un certo modo può far fronte a ciò che richiede il calcio di oggi: un presidente (o comunque un proprietario o un amministratore delegato), un direttore sportivo e quindi l’allenatore. Ricordo quando Ferguson vendette Beckham al Real Madrid e disse: ‘Nel momento in cui un giocatore diventa più importante di un club, arrivederci’. L’allenatore, però, è lì per allenare e non per dare disciplina a qualsiasi costo, è la struttura complessiva del club che deve fare questa cosa”.
REAL MADRID – “La gente spesso dimentica quello che ho fatto al Real solo perché non ho vinto la Champions, ma abbiamo vinto la Copa del Rey e un campionato con 100 punti e con il record di gol segnati. Se qualcuno dice una bugia per 1000 volte potrà sembrare una verità, ma sarà per sempre una bugia. Ho con il Real il record di gol segnati nel calcio spagnolo“.
(Fonte: beInSports)
 
Fossi in lui andrei o al psg o al bayern. Cioè in un campionato tranquillo dove vince in ciabatte e può cosi concentrarsi solo sull Europa. Mal che vada arricchisce il palmares di altri titoli nazionali e non perde appeal.
 
Il solito Mou, presuntuoso e con versioni accomodate per far risaltare il suo lavoro...sono sempre in attesa di leggere qualcosa in cui riconosca un suo errore...riguardo al suo rapporto con noi, quando sperava di tornare al Chelsea era sempre lì a menarla col fatto che il Chelsea era il club in cui si era trovato meglio...ora che al Chelsea è bruciato, magicamente ritorna di attualità il nome Inter...se davvero da noi si era trovato così bene, poteva anche restare...nessuno lo ha mandato via...
 
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