I social media oramai sono il principale mezzo per l'eserizio della libertà d'espressione...dire "sono aziende private e prendono le loro decisioni bla bla" è giusto sulla carta ma nella pratica è un modo per sfuggire a quella che secondo me è una questione che prima o poi va affrontata:
Internet è una giungla, prima o poi andrà regolato
Anche perché sempre più persone DIPENDONO dal web e dai social LAVORATIVAMENTE parlando (con questo devio un'attimo dall'argomento principale del topic), sono necessari dei diritti che vengano riconosciuti a chi lavora sul web. Metti che una o più persone gestiscono dei canali su Youtube, Twitch etc e vengano bloccati senza un motivo chiaro...e quindi si blocca anche la loro fonte di reddito, insomma bisogna fare chiarezza proprio a livello di giurisdizione dei singoli stati/organismi sovranazionali
Le piattaforme sono private ma la funzione oramai è PUBBLICA e quindi, ripeto, la cosa va regolamentata. Il dibattito politico si è spostato quasi esclusivamente sui social e mi pare un dato di fatto (è un bene? è un male? non lo so ma non è questo il punto) e questo imho rafforza il primo punto del mio discorso
Lo youtuber, l'influencer o in generale chi lavora sugli spazi virtuali offerti da un'azienda privata è tenuto a rispettare obbligatoriamente netiquette ed ogni tipo di regolamenti e condizioni di utilizzo sin dall'inizio. Proprio perché è "un ospite" di quella azienda. Magari si potrebbe obiettare che quell'ospite contribuisca ad aumentarne gli introiti grazie alla pubblicità e alle persone che guardano i suoi video. Però, è anche vero che rimanga comunque un fruitore di un servizio virtuale che gli permette di godere di una potenziale notorietà n-volte superiore a quella di uno sperduto blog del Web: sperduto blog del Web che l'influencer di turno è sempre libero di crearsi in qualunque momento decidendo le proprie regole (fermo restando che comunque esistono le leggi ordinarie per cui, magari puoi decidere tutto quello che vuoi, ma se qualcuno ti becca a fomentare violenza ed attività illegali di ogni genere, rischi qualcosa di MOLTO più consistente di una banale chiusura della pagina o di oscuramento del blog).
Il politico o il leader di un partito o di un movimento, nonostante abbia una fonte di reddito indipendente dal social (perché è professore universitario, ingegnere, imprenditore o chissà cos'altro), è comunque tenuto al rispetto delle regole perché quel social gli permette di avere, esattamente come accade per l'influencer, una potenziale notorietà n-volte superiore a quella di uno sperduto blog personale. Il vantaggio è diverso: lo youtuber monetizza e, se è molto bravo e muove grandi numeri, ottiene da vivere; il politico ottiene un tornaconto elettorale perché è in grado di far veicolare le proprie idee ad un platea di persone n-volte più grande di quella offerta da un media tradizionale. E, se è in grado di farsi eleggere, ottiene anche lui da vivere, oltre che una quantità di potere democratico non indifferente.
Il punto è: "il fine NON giustifica i mezzi". Se, per ottenere da vivere, devo propagandare notizie false, allarmistiche, complottistiche o comunque devo infrangere le regole che il servizio virtuale mi impone (esempio stupido: non condividere immagini pornografiche o non bestemmiare o non insultare chi ha un pensiero politico/religioso/calcistico diverso dal mio) e che io ho accettato all'atto di apertura del canale/della pagina, io vengo cacciato. Giustamente. Ma non vengo cacciato dal Web tout court. Vengo cacciato dal social di turno che, per motivi totalmente aziendali (come ben espresso da
@marc.overmars in prima pagina), ritiene di non voler farsi veicolo di notizie potenzialmente pericolose. E sottolineo come Trump sia stato bannato non al primo errore (tutti nella nostra 'esperienza virtuale' abbiamo sbagliato atteggiamento almeno una volta), ma solo dopo aver rilanciato per interi anni notizie false e solo dopo che si sia verificato qualcosa di sconvolgente negli USA anche a causa del suo uso spregiudicato del potere dei social. In altre parole, l'azienda privata si è sentita (a torto? a ragione? sono logiche aziendali nelle quali non entro) lesa in qualche modo (a livello di immagine? a livello di complicità indiretta/involontaria? non lo so, sono logiche aziendali nelle quali non entro e che francamente non mi interessano) e ha espulso un utente. Ciò non impedisce a Trump di crearsi un proprio spazio virtuale in Rete in cui decidere le proprie regole (fermo restando l'esistenza della legislazione ordinaria che può punirti per ciò che fai in maniera molto più gravosa di un banale ban o oscuramento di un canale/pagina/account).
Trump è stato bannato proprio perché Internet non deve più essere considerato una giungla in cui si è liberi di dire e urlare tutto ciò che si vuole.
Sono sempre stato dell'avviso che bisognerebbe istituire corsi di educazione a stare su Internet: strumento straordinariamente potente e straordinariamente meraviglioso che, se usato male, può provocare danni ingenti sulla società reale e sul mondo reale. Bisogna formare docenti e renderlo un corso obbligatorio a partire da una certa fascia d'età. E non è solo una questione anagrafica: saper stare in Rete non è banale come sembra. E' difficile come può esserlo la matematica o la letteratura.
Immaginate i danni provocati nella società se ognuno di noi decidesse arbitrariamente una propria matematica........