L' Universo Parallelo - il Mondo dei GoBBi

Possono vincere tutti gli scudetti ( senza avversari ) che gli pare , ma restano i tifosi più disgraziati ... poco da dire.

articolo tratto da tuttojuve
SOTTOBOSCO - Un calendario scandaloso. Juve violentata, sorride la squadra del cuore di Tavecchio. Cara Figc, il popolo bianconero non ha l'anello al naso...

UN CALENDARIO SCANDALOSO

Chiariamoci subito. Credete a Babbo Natale? Alla Befana? Agli Ufo? Ai fantasmi? Credete al Mostro di Lochness? Se ci credete non continuate a leggere. Perché se ci credete sarete propensi a credere che anche il calendario della prossima stagione di serie A, sia frutto del caso, del capriccio di un “cervellone “, come con mefitica pudicizia lo chiamano in Federazione e in Lega. Balle. Il “cervellone“ è una macchina. E le macchine si attivano su imput “umani“. Quelli di lorsignori. Che non vengano a raccontare la fiaba dell'orso. Sappiamo come funziona: inquadri l'orso al Luna Park, spari e il povero grizzly , impotente come un sacco da allenamento pugilistico, si muove a destra, a sinistra, al centro, “punito“ dagli spari del cecchino della domenica.

Non ci credo che il “caso” abbia fatto sfornare al “ cervellone”, alla prima giornata, un Juventus – Fiorentina . E le altre ? Pescara – Napoli. Roma – Udinese. Chievo- Inter. Atalanta – Lazio . Milan – Torino . In Federazione devono credere che il popolo bianconero abbia l'anello al naso e la sveglia al collo. Non è così. Fiorentina alla prima. Poi la Lazio, poi il Sassuolo, poi l'Inter al Meazza. Solo alla quinta il Cagliari allo Stadium. E un calendario che sa sorridere l'Inter. Magari in onore del ritorno di Massimo Moratti alla presidenza, come sibilano con insistenza i siti più informati. Quattro gare in avvio di campionato, pesantissime per la Juve. Due trasferte toste. Guardi il calendario e visto che non credi che Supercalifragilistichespiralidoso sia una formula magica, non puoi non dirti: ma porca miseria ma è un calendario che sembra fatto su misura per quelli lì. La società nel cuore di Carlo Tavecchio.



CHIACCHIERE E DISTINTIVO

Solo un ingenuo può pensare che questo calendario sia frutto del caso. Questo calendario è stato visibilmente “istruito“ . E in guanti bianchi, da vera macchina, ha lavorato nella direzione indicata. Ma le tracce sono evidenti. Sì, io sono andreottiano: “A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca“. Questo calendario sembra il frutto di una Istituzione calcistica visibilmente alla canna del gas .Quaranta giorni: poi il Tar del Lazio si pronuncerà sul ricorso della Juventus. Sulla sua richiesta che Tavecchio definì, con splendida allocuzione giuridica, “temeraria“. Quaranta giorni per trovare un giudice a Berlino. Un giudizio che prenda in considerazione, anche parzialmente, la richiesta della Juventus. Avete idea di come vadano le cose? Vanno che se il giudice accoglie anche solo in parte (443? 300? 200? 100?) la richiesta danni della Juventus, la Federazione del signor Tavecchio dichiara fallimento. Le sentenze del Tar si onorano statim. Ne sa qualche cosa Silvio Berlusconi per la sua querelle (Mondadori e dintorni) con Carlo de Benedetti. Statim. Tradotto: subito. Ha accantonato l'eventuale conquibus il signor Tavecchio? Oppure finora le sue sono state sole chiacchiere e distintivo? No, non è credibile che questo pazzesco calendario, il più penalizzante della storia della Juventus, sia frutto del caso. Come se il “ cervellone “ si fosse detto: in fondo la passata stagione hanno dovuto fare i miracoli per vincere il quinto scudetto di fila. Avviso ai naviganti: il calendario della Juventus in avvio è impossibile. Frutto di un cervellone in evidente confusione , fuso nelle parti pensanti del suo dispositivo. Ma la Juventus che inizierà il campionato, non sarà quella della scorsa stagione. La preparazione è stata cambiata. E al netto di acquisti e cessioni, quando la bandiera dello starter darà il via, la Juventus sarà pronta.



E SE A GENNAIO … ?

E se vince le prime cinque, facendo fuori in fila Fiorentina, Lazio ed Inter, a quale santo protettore si aggrapperanno lorsignori? Cosa faranno, loro che sono soliti “decidere di non decidere“? Che parlano di “fionde“ anche davanti ad un evidente e conclamato illecito sportivo? Che spregiano di “temerarietà“ chi chiede solo parità di giudizio? Un giudice a Berlino: uno con gli attributi. Uno che una volta per tutte metta all'angolo questa stirpe arrogante di gattopardi. Gente che finge di cambiare affinché tutto resti come prima. Gente disposta a tutto per salvare la poltrona.

Questo calendario è uno scandalo. Una vera violenza ai danni della società campione d'Italia. La Juventus è la società che ha offerto alla Nazionale, da sempre, nel corso della sua storia, il maggior numero di giocatori. Ma il presidente federale sembra essere preoccupato solo per quel ricorso al Tar, con quanto quel ricorso implica. Certo che una Federazione che dovesse dichiarare fallimento, sarebbe una cosa comica. Ma anche una rivincita per chi non ha mai digerito scudetti di cartone e consigli pelosi di “non andare al Tar“. Come può confermare il presidente Cobolli Gigli, in quel 2006, ci furono giornalisti-ascari che ripetutamente si spesero affinché il ricorso al Tar della Juventus , non bloccasse il campionato. Gaucci lo fece. E nessuno dei clientes in giro per il Paese scrisse - allora- una riga di disapprovazione. Anzi: la trasversale “consorteria" parlamentare dell'epoca, insorse al grido: “Il Catania non deve essere retrocesso“ . Ma la Juventus no: meglio la serie B, dissero i disinteressati consiglieri, che mettere i bastoni tra le ruote al già sofferente calcio italiano in procinto di partire per i Mondiali senza la benedizione del Commissario Straordinario Guido Rossi. Nel 2006, nel processo sportivo noto come Calciopoli, è andata in scena una farsa crudele. Ma c'è gente che non ha dimenticato . E che inutilmente, da 10 anni, chiede giustizia. A chi avrebbe dovuto preoccuparsi di dispensarla. Rossi, Abete, Petrucci, Tavecchio , Malagò: i nomi di questi uomini sono scolpiti nella pietra del monte Rashom della Juventus. Non sarà un calendario ordito con destrezza a togliere il sonno alla Juventus. Altri hanno, di questi tempi, bisogno di sonniferi per dormire.

Nessuno speri che le vicende Pogba e Higuain, distolgano l'attenzione da questa ennesima (“cervellotica? Fatta da un cervellone?“) marajuolata .



DALLO STADIUM: CON FURORE

Ci si vede alla prima di campionato: dallo Stadium con furore. Più soprusi lorsignori fanno e più, quelli di Torino, si incavolano. Anzi , proprio si incazzano. Se lorsignori volevano disinnescare - alla partenza - un possibile sesto scudetto di fila, hanno sbagliato propellente. Questa evidente ingiustizia è “rosolio“ per quelli là. Poi nessuno si lagni se il torneo, già a gennaio, risulterà boccheggiante. Chi è causa del suo mal: e quel che ne segue. E se al Tar ci sarà un giudice a Berlino : fuochi d'artificio, come nella mia laguna, per la festa del Redentore. Fuochi per tutta la notte. Se al Tar : un giudice a Berlino …

Credo sia uno dei più grandi deliri di tutti i tempi :tiprego:
Chapeau :tiprego:
 
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http://www.calciomercato.com/news/r...razie-a-calciopoli-potrei-comprare-la--633044


Mino Raiola (agente tra gli altri di Pogba, Ibrahimovic e Balotelli) si racconta in un'intervista al Corriere dello Sport.

Raiola, che effetto le fa aver concluso operazioni e trasferimenti nel calcio per oltre 300 milioni?
"Nessun effetto e certo non credo di essere speciale. Io mi sento solo Mino. Sono felice se vengo apprezzato dalla mia famiglia e dai miei giocatori. La mia immagine pubblica non mi interessa perché nel mondo c’è sempre chi ti ama e chi ti odia per quello che dici o che fai. I miei punti di riferimento sono i miei familiari e i miei calciatori che tratto come figli. Loro lo apprezzano".

E’ questa la filosofia che l’ha portata a diventare il re del mercato?
"Non sono al mondo per piacere agli altri, ma per fare quello che è giusto. Io sono al servizio dei miei giocatori ai quali do tutto, il 150% di me stesso. Sono fiero di me quando faccio il loro bene. E non mi interessa né dei sacrifici che devo compiere, né dei soldi. Quelli non contano. Per me è importante la qualità del lavoro e i risultati che si raggiungono".

Lei è l’uomo dei trasferimenti record e adesso ne sta preparando un altro con Pogba allo United.
"A me delle operazioni da record non frega niente. I giornali scrivono che Pogba può stabilire il record, ma io i record li ho già fatti con Ibrahimovic e Nedved. Io voglio il meglio per i miei calciatori e quindi anche per Pogba".

La Juventus ha fatto filtrare che è stato Paul a volersene andare.
"Non rispondo a nessuno e non parlo dei miei affari. Di certe cose discuto solo con i miei assistiti e loro sanno sempre come stanno le cose".

Se Pogba è il re del mercato, Balotelli è decisamente meno richiesto. Cosa spera per Mario?
"Nella vita non è mai troppo tardi. Se pensate che Mario mi faccia disperare, vi sbagliate perché la sua vita è migliorata parecchio e adesso deve solo avere l’occasione giusta. Certo, ha bisogno anche di un po’ di fortuna che nelle ultime stagioni non ha avuto, ma vi assicuro che è una grande persona, un ragazzo con un grande cuore. Sta pagando per cose sue o non sue".

Lo rivedremo la prossima stagione in Serie A, resterà in Premier o andrà in Cina?
"Non dico niente. Vediamo quello che succede. Io non chiudo la porta di fronte a nessuna soluzione. Per Mario e per tutti i miei calciatori. Ascolto quello che mi viene proposto e poi decido con loro".

E’ questa “formula” di lavoro che l’ha portata ad essere considerato un punto di riferimento per molti colleghi?
"Non so se sono un punto di riferimento per gli agenti. Mi basta esserlo per i miei giocatori. Se poi lo sono anche per altra gente, bene. Spero che la mia storia insegni che si può diventare quello che si vuole. Che nella vita non è giusto porsi limiti o accontentarsi. E’ bello sognare e poi rincorrere i propri sogni. Al tempo stesso però bisogna ricordarsi che senza sacrifici non si ottiene niente. Nessuno è nato sapendo tutto. Per diventare il miglior giocatore al mondo, il miglior industriale o il miglior ristoratore ci vuole fortuna, ma soprattutto sono necessari la voglia di imparare, la capacità di rialzarsi quando si cade, la predisposizione ad aprirsi al mondo. Gli italiani devono iniziare a guardare oltre i loro confini. Il mondo non è l’Italia".

Se la chiamano 'pizzaiolo', come ha fatto qualche anno fa Mihajlovic, come reagisce?
"Pizzaiolo non è mica una parola dispregiativa o un’offesa. Ho lavorato nel ristorante di mio padre Mario ed è stata questa esperienza che mi ha fatto diventare la persona che sono oggi. Io non dimentico da dove sono venuto e non rinnego il lavoro onesto che ho svolto. Anzi, ne sono fiero. A fare il cameriere e a servire ai tavoli si imparano tante cose, prima di tutto il rispetto delle persone. Il cameriere tratta tutti allo stesso modo, dal più potente imprenditore all’operaio. Mi hanno insegnato a non giudicare nessuno e ad ascoltare tutti. Il ristorante è stato la mia università. Anche se io l’università l’ho frequentata...".

Che facoltà?
"Ho studiato giurisprudenza ad Amsterdam. Sono arrivato a pochi esami dalla fine, ma poi ho dovuto mollare perché a vent’anni avevo già creato la mia prima società: si chiamava Intermezzo e si occupava di intermediazioni e consulenze non in ambito calcistico. I miei clienti erano le aziende italiane e olandesi che avevano problemi nello sviluppare i loro affari. Io dovevo mettere le cose a posto".

Già allora aveva talento negli affari.
"Ho imparato tanto da mio padre. Lui è un perfezionista: mi ha insegnato come organizzare per bene le cose, mi ha spiegato che è fondamentale andare fino in fondo quando inizi un lavoro, che non bisogna porsi limiti. Ho frequentato il ristorante di famiglia ad Haarlem da quando avevo 11 anni perché volevo stare con lui e i miei zii. Però ho anche studiato: prima il liceo classico, poi l’università. Non stavo mai fermo... Mio padre faceva tutto il possibile per rendermi felice, ma sulle regole del lavoro nessuna deroga: alle 6 del mattino in casa mia suonava la sveglia per organizzare la terrazza del ristorante. Potevo andare a letto anche alle 5, ma per le 6 dovevo essere in piedi. Adesso mio padre ha 87 anni e non gestisce più i ristoranti che abbiamo. Ci pensano alcuni miei familiari, ma lui per me è sempre un punto di riferimento".

Lei è diventato un procuratore che non si pone limiti negli affari. E’ vero che ha pensato e pensa tuttora di acquistare la Roma?
"Se la Roma fosse sul mercato, insieme a un gruppo di investitori, potrei comprarla perché sarebbe un progetto interessante. Gli americani per il club giallorosso hanno fatto poco e non credo nel loro progetto. Esattamente come non credevo nel progetto dell’Inter".

Andiamo con ordine e partiamo dalla Roma. Cosa non va?
"Per ora ho sentito parlare di un progetto per la costruzione dello stadio, ma non ho visto investimenti come quelli che hanno fatto al Psg o al City. Gli americani hanno speso 300-400 milioni? Non mi sembra... Ho visto acquistare giocatori, ma anche rivenderli. La Roma ha un direttore sportivo (Sabatini, ndr) bravo a scovare i talenti, ma se prima costruisci e poi smonti tutto, come fai a crescere?".

Passiamo all’Inter.
"Finora l’Inter non aveva un progetto e secondo me c’è stata solo... attesa. Attesa che arrivasse qualcuno per comprare il club. Anche in questo caso niente investimenti, ma gestione della società. Adesso ci sono i cinesi che hanno soldi, ma devono avere anche un progetto tecnico e delle idee. Google è stata un’invenzione e non è mica costata miliardi... I soldi da soli non bastano per far bene".

La Cina si è presa l’Inter e tra poco anche il Milan. Favorevole alla globalizzazione della Serie A?
"Non è questione di essere favorevoli o contrari. L’Italia è un Paese... fermo, che non guarda quello di buono che fanno gli altri, cercando magari di copiarlo. E così gli altri ci hanno mangiato il pane in casa nostra. Ora sta succedendo anche nel calcio con i cinesi. L’Italia deve cambiare. Idem la Serie A".

Qual è il modello da seguire?
"Il calcio è lo specchio della società e della politica. Per tornare competitivi ci vuole una rivoluzione. Non è possibile che non si possano costruire stadi per i tifosi, che non si riesca a rendere sicuri gli impianti e a sconfiggere i violenti. E poi i giovani: bisogna farli crescere bene, dar loro delle opportunità e avere il coraggio di valorizzarli. In Germania lo hanno fatto e adesso quello tedesco è il campionato più giovane d’Europa. Questo risultato, però, lo hanno raggiunto insegnando calcio ai bambini, con allenatori preparati. L’Inghilterra sta facendo gli stessi errori dell’Italia: lì puntano tutto sui diritti tv e poco sui giovani. Per ora hanno i soldi e l’impresa del Leicester è stata bella: dà speranza e fa capire che non solo le grandi possono vincere".

Tra le squadre italiane solo la Juventus può competere in Europa. D’accordo?
"La Juve vince perché ha avuto la fortuna-sfortuna di andare in Serie B. Ha ricostruito la sua struttura, si è dotata di uno stadio di proprietà e ha iniziato a investire sul mercato nazionale e internazionale. Altre 4-5 società italiane invece non lo hanno fatto: prendevano i soldi dalle tv e non costruivano niente. Adesso raccolgono i frutti... Nel calcio bisogna cambiare quando sei forte, altrimenti è tutto più complicato".

Non crede che qualcosa si stia muovendo, sia in Italia che all’estero?
"Cosa? Prendete la Fifa: è andato via Blatter e cosa è successo? Niente. E’ stato solo sostituito uno con un altro. Bisogna cambiare il sistema".
 
http://www.calciomercato.com/news/r...razie-a-calciopoli-potrei-comprare-la--633044


Mino Raiola (agente tra gli altri di Pogba, Ibrahimovic e Balotelli) si racconta in un'intervista al Corriere dello Sport.

Raiola, che effetto le fa aver concluso operazioni e trasferimenti nel calcio per oltre 300 milioni?
"Nessun effetto e certo non credo di essere speciale. Io mi sento solo Mino. Sono felice se vengo apprezzato dalla mia famiglia e dai miei giocatori. La mia immagine pubblica non mi interessa perché nel mondo c’è sempre chi ti ama e chi ti odia per quello che dici o che fai. I miei punti di riferimento sono i miei familiari e i miei calciatori che tratto come figli. Loro lo apprezzano".

E’ questa la filosofia che l’ha portata a diventare il re del mercato?
"Non sono al mondo per piacere agli altri, ma per fare quello che è giusto. Io sono al servizio dei miei giocatori ai quali do tutto, il 150% di me stesso. Sono fiero di me quando faccio il loro bene. E non mi interessa né dei sacrifici che devo compiere, né dei soldi. Quelli non contano. Per me è importante la qualità del lavoro e i risultati che si raggiungono".

Lei è l’uomo dei trasferimenti record e adesso ne sta preparando un altro con Pogba allo United.
"A me delle operazioni da record non frega niente. I giornali scrivono che Pogba può stabilire il record, ma io i record li ho già fatti con Ibrahimovic e Nedved. Io voglio il meglio per i miei calciatori e quindi anche per Pogba".

La Juventus ha fatto filtrare che è stato Paul a volersene andare.
"Non rispondo a nessuno e non parlo dei miei affari. Di certe cose discuto solo con i miei assistiti e loro sanno sempre come stanno le cose".

Se Pogba è il re del mercato, Balotelli è decisamente meno richiesto. Cosa spera per Mario?
"Nella vita non è mai troppo tardi. Se pensate che Mario mi faccia disperare, vi sbagliate perché la sua vita è migliorata parecchio e adesso deve solo avere l’occasione giusta. Certo, ha bisogno anche di un po’ di fortuna che nelle ultime stagioni non ha avuto, ma vi assicuro che è una grande persona, un ragazzo con un grande cuore. Sta pagando per cose sue o non sue".

Lo rivedremo la prossima stagione in Serie A, resterà in Premier o andrà in Cina?
"Non dico niente. Vediamo quello che succede. Io non chiudo la porta di fronte a nessuna soluzione. Per Mario e per tutti i miei calciatori. Ascolto quello che mi viene proposto e poi decido con loro".

E’ questa “formula” di lavoro che l’ha portata ad essere considerato un punto di riferimento per molti colleghi?
"Non so se sono un punto di riferimento per gli agenti. Mi basta esserlo per i miei giocatori. Se poi lo sono anche per altra gente, bene. Spero che la mia storia insegni che si può diventare quello che si vuole. Che nella vita non è giusto porsi limiti o accontentarsi. E’ bello sognare e poi rincorrere i propri sogni. Al tempo stesso però bisogna ricordarsi che senza sacrifici non si ottiene niente. Nessuno è nato sapendo tutto. Per diventare il miglior giocatore al mondo, il miglior industriale o il miglior ristoratore ci vuole fortuna, ma soprattutto sono necessari la voglia di imparare, la capacità di rialzarsi quando si cade, la predisposizione ad aprirsi al mondo. Gli italiani devono iniziare a guardare oltre i loro confini. Il mondo non è l’Italia".

Se la chiamano 'pizzaiolo', come ha fatto qualche anno fa Mihajlovic, come reagisce?
"Pizzaiolo non è mica una parola dispregiativa o un’offesa. Ho lavorato nel ristorante di mio padre Mario ed è stata questa esperienza che mi ha fatto diventare la persona che sono oggi. Io non dimentico da dove sono venuto e non rinnego il lavoro onesto che ho svolto. Anzi, ne sono fiero. A fare il cameriere e a servire ai tavoli si imparano tante cose, prima di tutto il rispetto delle persone. Il cameriere tratta tutti allo stesso modo, dal più potente imprenditore all’operaio. Mi hanno insegnato a non giudicare nessuno e ad ascoltare tutti. Il ristorante è stato la mia università. Anche se io l’università l’ho frequentata...".

Che facoltà?
"Ho studiato giurisprudenza ad Amsterdam. Sono arrivato a pochi esami dalla fine, ma poi ho dovuto mollare perché a vent’anni avevo già creato la mia prima società: si chiamava Intermezzo e si occupava di intermediazioni e consulenze non in ambito calcistico. I miei clienti erano le aziende italiane e olandesi che avevano problemi nello sviluppare i loro affari. Io dovevo mettere le cose a posto".

Già allora aveva talento negli affari.
"Ho imparato tanto da mio padre. Lui è un perfezionista: mi ha insegnato come organizzare per bene le cose, mi ha spiegato che è fondamentale andare fino in fondo quando inizi un lavoro, che non bisogna porsi limiti. Ho frequentato il ristorante di famiglia ad Haarlem da quando avevo 11 anni perché volevo stare con lui e i miei zii. Però ho anche studiato: prima il liceo classico, poi l’università. Non stavo mai fermo... Mio padre faceva tutto il possibile per rendermi felice, ma sulle regole del lavoro nessuna deroga: alle 6 del mattino in casa mia suonava la sveglia per organizzare la terrazza del ristorante. Potevo andare a letto anche alle 5, ma per le 6 dovevo essere in piedi. Adesso mio padre ha 87 anni e non gestisce più i ristoranti che abbiamo. Ci pensano alcuni miei familiari, ma lui per me è sempre un punto di riferimento".

Lei è diventato un procuratore che non si pone limiti negli affari. E’ vero che ha pensato e pensa tuttora di acquistare la Roma?
"Se la Roma fosse sul mercato, insieme a un gruppo di investitori, potrei comprarla perché sarebbe un progetto interessante. Gli americani per il club giallorosso hanno fatto poco e non credo nel loro progetto. Esattamente come non credevo nel progetto dell’Inter".

Andiamo con ordine e partiamo dalla Roma. Cosa non va?
"Per ora ho sentito parlare di un progetto per la costruzione dello stadio, ma non ho visto investimenti come quelli che hanno fatto al Psg o al City. Gli americani hanno speso 300-400 milioni? Non mi sembra... Ho visto acquistare giocatori, ma anche rivenderli. La Roma ha un direttore sportivo (Sabatini, ndr) bravo a scovare i talenti, ma se prima costruisci e poi smonti tutto, come fai a crescere?".

Passiamo all’Inter.
"Finora l’Inter non aveva un progetto e secondo me c’è stata solo... attesa. Attesa che arrivasse qualcuno per comprare il club. Anche in questo caso niente investimenti, ma gestione della società. Adesso ci sono i cinesi che hanno soldi, ma devono avere anche un progetto tecnico e delle idee. Google è stata un’invenzione e non è mica costata miliardi... I soldi da soli non bastano per far bene".

La Cina si è presa l’Inter e tra poco anche il Milan. Favorevole alla globalizzazione della Serie A?
"Non è questione di essere favorevoli o contrari. L’Italia è un Paese... fermo, che non guarda quello di buono che fanno gli altri, cercando magari di copiarlo. E così gli altri ci hanno mangiato il pane in casa nostra. Ora sta succedendo anche nel calcio con i cinesi. L’Italia deve cambiare. Idem la Serie A".

Qual è il modello da seguire?
"Il calcio è lo specchio della società e della politica. Per tornare competitivi ci vuole una rivoluzione. Non è possibile che non si possano costruire stadi per i tifosi, che non si riesca a rendere sicuri gli impianti e a sconfiggere i violenti. E poi i giovani: bisogna farli crescere bene, dar loro delle opportunità e avere il coraggio di valorizzarli. In Germania lo hanno fatto e adesso quello tedesco è il campionato più giovane d’Europa. Questo risultato, però, lo hanno raggiunto insegnando calcio ai bambini, con allenatori preparati. L’Inghilterra sta facendo gli stessi errori dell’Italia: lì puntano tutto sui diritti tv e poco sui giovani. Per ora hanno i soldi e l’impresa del Leicester è stata bella: dà speranza e fa capire che non solo le grandi possono vincere".

Tra le squadre italiane solo la Juventus può competere in Europa. D’accordo?
"La Juve vince perché ha avuto la fortuna-sfortuna di andare in Serie B. Ha ricostruito la sua struttura, si è dotata di uno stadio di proprietà e ha iniziato a investire sul mercato nazionale e internazionale. Altre 4-5 società italiane invece non lo hanno fatto: prendevano i soldi dalle tv e non costruivano niente. Adesso raccolgono i frutti... Nel calcio bisogna cambiare quando sei forte, altrimenti è tutto più complicato".

Non crede che qualcosa si stia muovendo, sia in Italia che all’estero?
"Cosa? Prendete la Fifa: è andato via Blatter e cosa è successo? Niente. E’ stato solo sostituito uno con un altro. Bisogna cambiare il sistema".

Intervista che non fa una grinza, da parte di un personaggio che può anche essere poco simpatico, ma fa il suo mestiere e lo fa benissimo.
 
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