Mario Corso

I supplementari contro l'Independiente, in un Bernabeu colpito da un diluvio incredibile, e la prima Coppa Intercontinentale della nostra storia.
La punizione "a foglia morta" che aprì la rimonta contro il Liverpool l'anno dopo.
Il capolavoro del 1970-71 quando prese la squadra sulle spalle portandola alla conquista dell'undicesimo scudetto in rimonta sul Milan da -7 (all'epoca si davano solo 2 punti per vittoria). Straordinaria la sua performance nel derby di ritorno: siglò il vantaggio su punizione sorprendentemente rasoterra e non classicamente "a foglia morta"; poi vinse un contrasto con Rivera (San Siro in tripudio) lanciando il contropiede del definitivo 2-0

Questi i tre picchi della sua straordinaria carriera.

Ma limitarsi a citare solo questi sarebbe riduttivo ed ingeneroso.

Si potrebbero ricordare le parole del c.t. dell'Israele che, dopo una partita di qualificazione a Cile 1962, disse "siamo stati sconfitti dal piede sinistro di Dio".
Si potrebbe ricordare che fosse il cocco di Lady Erminia, moglie di Angelo Moratti, la quale una volta disse "Non andavo a San Siro solo per lui, ma se c'era lui ci andavo più volentieri. Ero certa che mi sarei divertita".
Si potrebbero ricordare le annuali richieste di Herrera di cederlo, forse geloso del fatto che Moratti adorasse più lui di HH.

Ci sarebbero tante cose da dire su Corso (nell'1985-86 Pellegrini lo mise sulla panchina della prima squadra al posto di Castagner per traghettare l'Inter fino a fine stagione: fu la sua unica esperienza da allenatore di Serie A).

Purtroppo, sono troppo giovane per ricordare il Corso giocatore e allenatore.

Chi lo ha vissuto ne conserva un ricordo inscalfibile che chi è venuto dopo, come il sottoscritto, per quanto possa aver 'studiato', non riuscirà mai a comprendere appieno.

Mariolino Corso è stato tormento ed estasi di una generazione intera di tifosi nerazzurri. Vestiva la 11, ma giocava dove lo conduceva l'estro.

Grazie di tutto Mariolino. Il tuo nome non sarà mai dimenticato.
 

lubnax

Prima squadra
I supplementari contro l'Independiente, in un Bernabeu colpito da un diluvio incredibile, e la prima Coppa Intercontinentale della nostra storia.
La punizione "a foglia morta" che aprì la rimonta contro il Liverpool l'anno dopo.
Il capolavoro del 1970-71 quando prese la squadra sulle spalle portandola alla conquista dell'undicesimo scudetto in rimonta sul Milan da -7 (all'epoca si davano solo 2 punti per vittoria). Straordinaria la sua performance nel derby di ritorno: siglò il vantaggio su punizione sorprendentemente rasoterra e non classicamente "a foglia morta"; poi vinse un contrasto con Rivera (San Siro in tripudio) lanciando il contropiede del definitivo 2-0

Questi i tre picchi della sua straordinaria carriera.

Ma limitarsi a citare solo questi sarebbe riduttivo ed ingeneroso.

Si potrebbero ricordare le parole del c.t. dell'Israele che, dopo una partita di qualificazione a Cile 1962, disse "siamo stati sconfitti dal piede sinistro di Dio".
Si potrebbe ricordare che fosse il cocco di Lady Erminia, moglie di Angelo Moratti, la quale una volta disse "Non andavo a San Siro solo per lui, ma se c'era lui ci andavo più volentieri. Ero certa che mi sarei divertita".
Si potrebbero ricordare le annuali richieste di Herrera di cederlo, forse geloso del fatto che Moratti adorasse più lui di HH.

Ci sarebbero tante cose da dire su Corso (nell'1985-86 Pellegrini lo mise sulla panchina della prima squadra al posto di Castagner per traghettare l'Inter fino a fine stagione: fu la sua unica esperienza da allenatore di Serie A).

Purtroppo, sono troppo giovane per ricordare il Corso giocatore e allenatore.

Chi lo ha vissuto ne conserva un ricordo inscalfibile che chi è venuto dopo, come il sottoscritto, per quanto possa aver 'studiato', non riuscirà mai a comprendere appieno.

Mariolino Corso è stato tormento ed estasi di una generazione intera di tifosi nerazzurri. Vestiva la 11, ma giocava dove lo conduceva l'estro.

Grazie di tutto Mariolino. Il tuo nome non sarà mai dimenticato.
Una grande gioia averlo visto in azione. Un giocatore che faceve innamorare San Siro per le giocate tecniche. Addio grande campione.
 
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