Raccontaci la tua passione per l'Inter e vinci la maglia neroazzurra!

Ciao a tutti, prima di parlare della mia storia nerazzurra, vorrei ringraziarvi tutti, perchè leggendo i vostri racconti mi sono emozionato ed ho i peli sulle braccia alti così. Siamo fratelli, grazie davvero a tutti.

Io sono nato in una famiglia di interisti (a casa dei miei nonni al posto dei quadri c'erano i poster della Grande Inter, tutti i miei cugini hanno il nome di battesimo in onore di un giocatore dell'Inter, io stesso a pochi mesi di vita sono finito sulla rivista ufficiale dell'Inter con in mano la mia prima tessera InterClub) e quindi io non ho scelto di essere interista, io SONO interista.
Ma la vera passione, la malattia e la dipendenza sono nate solo nella stagione 1995/96, all'età di 7 anni. Da allora ho iniziato a seguire tutti i giocatori, le partite, ho iniziato le collezioni di oggetti, delle maglie, ad allora risalgono le prime volte a San Siro con papà (grazie)...
Da allora migliaia di ricordi, di emozioni, di lacrime, di trasferte, di amicizie...
Ringrazierò per sempre mio padre per avermi dato la possibilità di essere orgoglioso SEMPRE della mia squadra. Lo ero da bambino, quando i miei amichetti indossavano le magliettine delle squadre "vincenti", lo sono stato nei momenti difficili, lo sono stato (con le lacrime agli occhi) quando abbiamo realizzato QUEL sogno, QUELLA notte... e sempre lo sarò.

Di giocatori ne sono passati tanti, e alcuni sono rimasti nel cuore. Inutile citarli tutti, quelli che hanno davvero amato l'Inter lo sappiamo e li avete citati voi (ragazzi, non dimentichiamoci però del grande Ivan Ramiro Cordoba... uomo vero, e grande cuore nerazzurro).
Se devo sceglierne uno solo (quanto è dura) allora mi faccio aiutare da una data in particolare, il 19/11/1995. In quella che è stata la mia prima volta al Meazza (Inter-Udinese 2-1...che emozione!e che tonfo allo stomaco quando dall'imbocco del secondo anello mi si è aperta quella vista...) mi sono innamorato a prima vista di una giovane e funambolica ala argentina che dribblava tutti su quella fascia destra... quel ragazzo che, allora, non era nient'altro che uno dei tanti, una promessa...
E' lo stesso ragazzo,poi uomo, che con il numero 4 sulle spalle e la fascia di capitano al braccio, ha onorato i nostri colori e la nostra società per tantissimi anni. Ha sofferto con noi ed ha meritato con noi...

La partita che ricordo? Come per i nostri giocatori, la scelta è quasi impossibile. Resto legato a molte partite viste da bambino (Spartak Mosca, le sfide con Real e Manchester in Champions), da adolescente (le sfide col valencia...), un pò di derby negli anni belli (i gol di deki...), le notti di quella Coppa, la finale col Mazembe (l'unica partita vista in vita mia con TUTTA la famiglia al completo a casa dei nonni... bei tempi)...
...ma in questo momento sto pensando a Bayern-Inter del 2011, perchè ricordo esattamente le emozioni che ho provato al fischio finale, dopo il gol di Pandev.
Ero sul divano con papà e, in preda a un misto di disperazione ed euforia, gli ho chiesto, urlando: "Papà, perchè mi hai fatto interista?".
Mi sono messo a piangere (era troppo lo stress, era troppa la gioia) e ci siamo abbracciati.
Ogni tanto me lo ricorda.
 
Ero piccolo, poco più che bambino; andavo a scuola con la cartella più grande delle mie spalle e giocavo per strada a pallone sbucciandomi le ginocchia come tutti, ma non capivo molto di calcio. I miei compagni di scuola mi chiedevano “tu di che squadra sei?” Mi prendeva quasi il panico, davvero: a casa mia non si vedevano le partite, solo mio fratello più grande seguiva il Napoli ricordando le gesta di Maradona. Io non avevo deciso, non sapevo cosa tifare in realtà: è vero, nel Sud non si tifavano molto le squadre locali, specialmente da bambini, si tifavano le squadre del Nord, quelle forti: molti il Milan di Weah, ancor di più la Juventus di un giovane Del Piero, Baggio e Vialli, qualcuno il Parma delle meraviglie in Coppa UEFA e, in pochi, l’Inter.
Andai da mio zio che seguiva le partite, aveva persino la “parabola” quasi un lusso a quei tempi. Più che un consiglio gli chiesi proprio quale, secondo lui, dovesse essere la mia squadra, non mi rispose: mi disse resta con me e vediamo una partita insieme. Non ricordo bene contro chi giocasse, sono passati più di 20 anni, ma non potrò mai dimenticare quella maglia, quei colori, quella passione… il nerazzurro era entrato e stampato sul mio cuore, non mi importava che a scuola mi prendessero in giro, “L’Inter? Ma l’Inter non vince mai!”, a me piaceva, la sentivo vicina, che lottava, un po’ pazza, spesso sfortunata, ma alla fine che ci crede sempre, e a volte ce la fa… Vince! Così sono cresciuto amando questi colori, versando lacrime di dolore e di gioia dal ’96 al 2018, senza mai rinunciare alla mia fede, nonostante il Napoli del bel gioco o lo straordinario Benevento in A che han fatto cambiare maglia a molti amici: io ce l’ho cucita addosso, me la potete levare solo strappandomi la pelle.

Il giocatore che preferito è sempre difficile da scegliere, ci sono stati quelli che hanno segnato ogni stagione in modo diverso, da Ronaldo a Milito, però io ho avevo un vero amore per Zamorano e Ivan Cordoba, li ricordo sempre affettuosamente per il loro attaccamento e spirito di sacrificio: il primo è stato la grande speranza prima di Ronaldo, il grande campione che faceva sognare i bambini e che doveva far rinascere la grande Inter; il secondo sarà per sempre il capitano silenzioso, grande uomo fuori e dentro dal campo, mettendo al primo posto solo e sempre il bene della squadra.

La partita che ricordo di più è il ritorno di Champions contro il Barcellona nel 2010. Era il compleanno di mia sorella, potei seguire su video solo il primo tempo, poi dovevamo uscire con tutte le mie cugine per festeggiare i suoi 21 anni. Io ero distrutto, avrei voluto seguire a tutti i costi quella partita: in 10, ingiustamente, e soffrendo contro la squadra dei marziani. Sarebbe stato troppo bello andare in finale dopo tutti quegli anni, doveva essere nostra e dovevo seguire quella partita! Rimasi in silenzio tutta la sera, con le cuffiette a seguire la radiocronaca dalla radio del cellulare del secondo tempo in un risto-pub in centro a Roma (non c’era senza neanche un televisore!!!) Mia sorella nera, le mie cugine non credevano che potessi alienarmi tanto, non dissi una parola tutto il tempo finché non piansi lacrime di liberazione (è finita!!!). Loro erano quasi incredule, solo l’ex fidanzato di una mia cugina, laziale, disse: “lasciatelo stare, non potete capire cosa vuol dire!”. Il resto è storia…
 
Avevo accennato alla mia passione nerazzurra in un thread in amarcord, ma è sempre bene ricordare i motivi per cui amo questi colori che sono e saranno finchè vivo la mia seconda pelle.

Anno 1997, ero in quarta elementare circondato da milanisti e juventini, tra una figurina e l'altra un giorno mi capitò sotto mano quella di Weah. Da quel giorno per qualche mese (mi duole dirlo ma è stato un errore di gioventù) non feci altro che seguire le partite del Milan per godermi quel campione, era il mio idolo. E lo fù fino al giorno in cui mio padre una domenica mattina mi svegliò prestissimo, vi lascio immaginare la mia reazione, per farmi sedere accanto a lui sul divano. Tv sintonizzata su Telemontecarlo e replica di un posticipo della Liga della sera prima, in cui giocava il Barcellona. Quella mattina mio padre mi disse: "guarda bene l'attaccante del Barcellona e poi a fine partita dimmi se Weah è ancora il tuo idolo"
Era la partita del famoso goal del Fenomeno che parte da centrocampo e si porta a spasso la difesa avversaria.. Inutile dire che mi si aprì un mondo nuovo, e col passare dei mesi e il successivo acquisto da parte di Moratti di quel FENOMENO per la cifra di 48 miliardi di lire, finalmente mi decisi a diventare interista, per la gioia di mio padre che seguiva l'Inter da quando era un bambino (era un classe 44 mio padre, e aveva vissuto in prima persona la Grande Inter in trasferta in coppa dei Campioni. Quella, anche a distanza di 21 anni, è una delle scelte più belle che ho fatto in vita mia.

Nonostante fui innamorato calcisticamente di Ronaldo, tanto da supplicare mia madre di comprarmi all'epoca il portafoglio con le sue immagini, il mio giocatore preferito in assoluto (assieme al Cuchu ma mezzo gradino sopra all'argentino) è e restera per sempre Youri Djorkaeff. Il franco-armeno che illuminava, segnava e mandava in rete proprio il Fenomeno in quegli anni descritti prima. Un talento che ebbe la fortuna e la sfortuna di giocare nella stessa epoca di Zidane, l'unico francese a mio modo di vedere che gli fu superiore in tutti i trionfi transalpini a cavallo tra vecchio e nuovo millennio. Ero letteralmente pazzo di DJ, e il giorno della rovesciata alla Roma non riuscii a trattenere le lacrime dalla gioia che mi provocò quel goal. Ogni volta che vedo il film Fuga per la vittoria e Max Von Sidow si alza in piedi ad applaudire la rovesciata di Pelè, me lo immagino fare la stessa cosa anche per Youri, perchè questo meritava quel giocatore, standing ovation. Un campione che è rimasto poco con noi, ma che in quei pochi anni si è fatto amare come pochi, tanto da essere ancora oggi osannato ogni volta che ritorna a San Siro.

La partita che ricordo di più, non è una delle più importanti, nè una delle più belle della storia dell'Inter, ma è la prima che ho visto dal vivo. Il destino volle poi che fu proprio qui a Trieste dove vivo, per la squalifica di San Siro, e fu proprio il giorno del ritorno in campo di Ronaldo dall'ennesimo infortunio. Inter-Brasov di coppa Uefa. 3-0 e partita in cassaforte ed io, come tutta la curva Furlan dello stadio Rocco ad ammirare il brasiliano scaldarsi a bordo campo mentre si prepara ad entrare. Ricordo il boato al momento della sostituzione con Adriano (altro animale), e dopo pochi minuti una grande occasione per segnare proprio sotto a noi ma andata male. A fine partita nell'autobus strapieno per il rientro in città si parlava solo di lui, il giorno dopo a scuola mi vantai di averlo visto dal vivo, di aver visto un qualcosa di magico.

Non solo lui, ma la nostra Inter

Tra poco più di un mese saranno 20 anni esatti che mio padre ci ha lasciati, ma ancora oggi gli sono grato per avermi messo sulla retta via, per avermi fatto conoscere questa squadra e per essere diverso dai tifosi di altre società che si, hanno vinto più di noi, ma in quanto a storia, stile e passione possono solo guardarci col cannochiale per quanto siamo anni luce distanti da loro. Grazie papà per questo regalo che mi hai fatto, e che mi porterò sempre nel cuore.

Vi voglio bene fratelli e sorelle nerazzurri, le vostre storie mi hanno fatto emozionare e ci vorrebbe uno stock intero di magliette per tutti voi, la nostra passione per questi colori è la cosa più bella che c'è, e ritrovarla in tutte queste storie è qualcosa di speciale.

FORZA INTER SEMPRE
 
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Non credo esista un momento in cui possa dire di essere DIVENTATO interista, penso di esserlo sempre stato, come se fosse una cosa naturale, giusta, esistenziale. Sarà perché tutta la mia famiglia è interista – devo andare ai cugini più lontani per trovare qualche milanista o juventino – e qualsiasi gadget calcistico presente in casa abbia i colori nerazzurri (un giorno da mia nonna avevo trovato in un armadio una maglia bianconera, probabilmente abbandonata lì da qualche cugino di cui sopra, e non mi aveva suscitato alcuna emozione, come se fosse un oggetto del tutto superfluo). E poi ci sono ricordi preziosissimi di attimi incredibili, dove tutto sfugge alle leggi della norma e diventa straordinario: uno dei primi è il gol di Matthäus, il giorno della conquista dello scudetto dei record, ascoltato alla radiolina con papà nel prato di casa, o quel secondo dopo il (non) gol di Bojan dove tutto l’interismo di una vita mi è passato davanti agli occhi. Oppure, tutte le parole che ho fatto in tempo a dire durante l’interminabile volo del primo gol di Recoba al Brescia, calciato lì davanti ai miei occhi. Ma riservo un affetto davvero speciale a moltissime partite di cui non ci si ricorda quasi mai, spesso disputate in campionati poco memorabili, che hanno però avuto il semplice ma nobile merito di farti stare bene una domenica sera, di suggellare una bella giornata, o di darti un po’ di serenità in qualche momento particolare.

Di queste, una su tutte. Il biglietto è ancora nel diario di quell’anno, e reca stampata la data: 15 settembre 1996. Inter-Perugia, terzo anello rosso di San Siro, sempre con mio papà. Avevo appena iniziato il liceo, unico interista in una classe strapiena di milanisti e juventini. La stagione precedente avevo esordito sulle tribune senza molta fortuna: uno 0-0 contro la Lazio e una sconfitta per 2-1 contro la Fiorentina. Avevo sognato così tanto la mia prima vittoria dell’Inter dal vivo che quella prima in casa mi sembrava un’occasione perfetta. Ma anche quel giorno, tanta fatica. Un gol annullato nel primo tempo. Tanti tentativi, inutili, velleitari. E tanti pensieri che iniziano ad arrivare, già rivolti agli sfottò del giorno dopo, perché hai commesso la leggerezza di dire che andavi a vedere la partita, tanto eri sicuro che sarebbe andata bene… e mancano poco più di venti minuti alla fine. Poi, improvvisamente, ci pensa lui. L’inesauribile terzino col numero 4 che galoppa per mezzo campo, triangola, e appoggia in rete con tocco morbido come se fosse una cosa semplice semplice. Lo stadio impazzisce, tutti urlano, io pure. E’ ancora necessario spiegare chi e perché sia il mio giocatore preferito di tutti i tempi?
 
Me lo hanno chiesto molte volte, ma non so spiegare perché ho scelto l’Inter. Ci sono molte risposte possibili, per esempio la passione trasmessa dal papà, l’emozione di San Siro vissuta fin da piccolissimo, l’indiscutibile eleganza dei colori sociali o la caratura morale di molti giocatori e che giocassero calciatori di ogni nazionalità. Tutte buone motivazioni, per carità, ma la verità è che l’Inter è qualcosa che va oltre, qualcosa che non scegli ma che fa già parte di te, da sempre. Perchè l’Inter è più di un club, è una sorta di voto, che porta a gesti di estremo orgoglio. Come andare a scuola sfoggiando impettito la maglia nerazzurra, il 6 maggio del 2002.

Sarò banale, ma il mio giocatore preferito è Javier Zanetti. Per la devozione alla causa e l’amore alla maglia nerazzurra, Zanetti è stato il nostro faro nella notte. La sua ostinazione, quella tenacia che ti fa superare anche i momenti di sconforto più nero. Ha visto andare via centinaia di compagni, per varia motivazione, ma lui è sempre rimasto al suo posto. In qualche modo trasmetteva forza anche a noi tifosi, credo che il suo orgoglio sia stato decisivo. La sua perseveranza è stata premiata, ed è diventato il calciatore più vincente della storia dell’Inter. Più che un giocatore, una vera e propria parabola sull’interismo. Ci sarebbero molti altri giocatori che vorrei menzionare, ma ne cito solo due. L’eroe d’infanzia è stato Youri Djorkaeff, talento in quantità massicce, genio e sregolatezza, un ottimo rappresentante di una certa filosofia nerazzurra. L’altro è l’eroe da adulto, Diego Alberto Milito, la favola perfetta del working class hero. Una vita di gavette, segnando gol a grappoli anche nelle leghe inferiori, ma nessuno lo aveva mai preso in considerazione per una grande squadra. La chiamata della vita a trent’anni suonati, e l’occasione non solo di vincere ma anche di dimostrare quanto si è sempre valuto. Il resto è storia.

Ci sono molte partite nel mio cuore, tanto che sarebbe impossibile sceglierne anche solo dieci. Ci sarebbe la volta che vidi Ronaldo dal vivo, nel suo anno magico (Samp-Inter 1-1, e che partita che fece), ma Inter-Barcelona del 2010 è la partita della vita. Dopo le due belle vittorie con il Chelsea, l’Inter doveva confermarsi contro la squadra più forte del mondo, e nella sua forma migliore. Assetto scaramantico mantenuto a casa durante tutta la Champions, mio padre nella sua stanza e io, rigorosamente in piedi, nella mia. Aveva portato bene negli ultimi, leggendari, minuti di Dinamo Kiev-Inter, quindi ci eravamo imposti di lasciare le cose così. Dopo il gol di Pedro arrivò un po’ di scoramento, con timore che i blaugrana segnassero ancora e, perdendo in casa, sarebbe stato impossibile rimontare in Spagna. Ma l’Inter non mollò. Ad ogni gol nerazzurro io, mio padre e mio fratello ci venimmo incontro nei modi più folli, con esultanze di vero delirio. Sul 3-1 di Maicon iniziai a correre, urlando come un disperato, e abbracciai mio padre in corsa, con il risultato che di trovarci entrambi per terra, facendoci anche un po’ male. Ma in quel momento non fregava niente a nessuno. Dopo l’uscita l’infortunio di Maicon, il Barca strinse l’Inter nella sua area, ed io ho continuai a vedere la partita in piedi, in preda ad una specie di tachicardia, gironzolando in tondo come Zio Paperone nel solco del suo pensatoio, stringendo uno schiacciapensieri, a forma di pallone da calcio. Mi aiutò a sopravvivere all’infinito ritorno in Spagna, ovviamente con lo stesso assetto scaramantico a casa. Lo tenni in mano da quando venne espulso Motta fino al fischio finale, schiacciandolo come ossesso, senza sedermi nemmeno un attimo. Quello scacciapensieri è ancora in un cassettone, accanto alle mie tante maglie dell’Inter.

Qualcuno potrebbe obiettare che l’Inter vince poco rispetto ad altre squadre, ma io amo rispondere che la luce che brilla il doppio dura la metà.
Ma in fondo non fa niente, solo un interista può capire cos’è amare e vivere questi colori.
 
Beh, la mia passione è abbastanza semplice, l'ho ereditata da mio padre. Non era tipo da stadi e non lo sono neanche io, ma la domenica cascasse il mondo alla radiolina ad ascoltare l'Inter. A volte arrivavano i parenti a visitarci e mi ricordavo che a me scocciava parecchio perché, oh, dovevo sentire l'Inter alla radio, ma volete mettere?! Poi si andava all'Inter-club del mio paese a vedere le partite di Coppa. Erano gli anni del mio primo scudetto interista con Bersellini, quello prima ero troppo piccolo per assaporarlo, degli scontri maledetti in Coppa Uefa ed in Coppa Campioni con il Real Madrid. Dove si sognava sempre il passaggio del turno, ma regolarmente ci fregavano, col Santillana maledetto di turno e con la speranza della squalifica per la biglia che colpì Bergomi. Ma già allora il Real aveva santi in paradiso. Già allora la Juventus perdeva le sue finali di Coppa Campioni da favorita (Magath docet). Quando arrivò Rumenigge era il tempo di andarlo a vedere allo Stadio in un'Inter-Juventus. Poi le foto a San Benedetto del Tronto dove io e mio padre incontrammo buona parte della squadra dopo l'amichevole. Ho le foto e le firme di Zenga (la sua ex-moglie nonché conduttrice Roberta Termali è mia vicina di casa), la foto di mio padre con Ludo Coek (giocatore sfortunato morì qualche anno dopo), Matteoli mio compaesano, ecc., ecc. Poi Bergamp e Jonk, ma dovemmo aspettare un ex-juventino come Trapattoni per tornare a vincere lo scudetto. Quando l'Inter giocò e perse contro l'Ancona allo stadio dorico per 3-0, dovevamo andarci, ma fortunatamente un diluvio ci fece desistere evitandoci questa triste umiliazione. C'era Centofanti che poi avrebbe vestito la maglia dell'Inter, giocatore incontrato più volte anche dopo fine carriera. E si arriva all'epilogo più bello di questa mia passione, la Juve beccata con le mani nella marmellata, la speranza della radiazione e poi della serie C, quando arrivò la B, sapevo già che l'aveva passata liscia. Ma intanto l'Inter dominava l'Italia con Mancini e poi il mondo con Mourinho. Purtroppo mio padre nel frattempo si era ammalato di Parkinson (e successivamente di tumore) e mia madre lavorava in pizzeria. Così i sabati mi occupavo di lui per l'igiene e la domenica guardavamo le partite alla TV. Ma comunque si andava a festeggiare in macchina i trionfi. Nell'agosto del 2014, mio padre fu colpito da una polmonite causata dal Parkinson, dopo un mese si era ripreso ma durante un cambio catetere gli perforarono la vescica. Morì una settimana dopo, il 24 settembre 2014, l'Inter lo salutò con una vittoria casalinga contro l'Atalanta con i gol di Osvaldo ed Hernanes. Ora quando guardo le partite dell'Inter sento che non è più la stessa cosa che mi manca qualcosa di grande ed importante, ma aspetto una nuova vittoria come fosse una nuova rinascita. Spero di non dover aspettare troppo.
 
Racconto solo una cosa
Quando vincemmo la coppa uefa 1998
Presi un secchio di vernice e un pennello lo misi sullo scooter
Erano le 2 di notte andai sotto un cavalcavia dove passavano le macchine di tutta la città e scrissi sul muro:
INTER TI AMO
poi mandai la foto in sede al pres.Massimo Moratti..
Vidi anni dopo quella frase sui nostri abbonamenti mi piace pensare di avere dato io quello spunto....
 
Pensavo non si nascesse tifosi di una certa squadra.
Diventai interista vero nel 1998/2010 e tutto accadde quasi per caso, le due date sono molto differenti ma spiegherò il perché. Famiglia di mia madre Juventina, famiglia di mio padre parzialmente Milanista e Romanista.
Io ero sempre stato "neutrale" nonostante giocassi a calcio, a casa mia non è mai esistita ( quando ero bambino ) tele+ e successivamente Sky, le uniche partite che potevo guardare erano quelle di coppa italia e i vari trofei estivi che, tutto sommato, trovavo divertenti perché accomunavano i miei compagni di scuola e non.
Facevo l'album panini e un giorno, un mio zio acquisito, dopo esser stato per cena a casa mia, mi chiese se poteva prendere Vieri dall'album, non avendolo... io ovviamente rifiutai. Il giorno dopo andai ad aprire l'album ebbene, mio zio aveva tagliato via Vieri dall'album ( animale!!! ), mi diede un fastidio pazzesco. Rivisto qualche giorno dopo negò tutto ma disse che, se volevo, poteva regalarmi un vhs in cui era registrata Inter-Real madrid, "accettai" questo scambio. Quella vittoria, vista in differita a giorni e forse settimane di distanza, mi fece innamorare di questi colori, la doppietta di Baggio, lui che mette la mano all'orecchio verso i tifosi... poesia.
Mio padre, esemplare ma molto introverso, disse e dice tutt'ora di non essere tifoso ma ho sempre notato atteggiamento estremamente difensivo nei confronti di Facchetti e di disprezzo totale verso Moggi. Inter-Barcellona 3-1, la confessione!!! Al 3-1 di Milito, dopo aver mostrato una certa felicità anche per i primi due gol, mio padre si alza dal divano e fa il gesto dell'ombrello, dicendo: e adesso sono càzzi amari! è quasi fatta!
Mio padre, originario di Latina e tifoso della stessa, era sempre stato tifoso dell'Inter per via della somiglianza dei colori delle due squadre. Lui aveva vissuto in prima persona i trionfi dell'Inter e, avendo avuto come idolo G.Facchetti, non tollererà mai le parole delle serpi.
Il nerazzurro era nel mio dna, dovevo solo far scattare la scintilla.
Forza inter

il concorso è finito ma mi faceva piacere raccontare comunque questa storia
 
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