Che bella Milano quel 22 Maggio.
Feci un giro in centro verso mezzogiorno o poco dopo, il Duomo si stava riempiendo, c'era nerazzurro ovunque, si respirava proprio aria di leggenda.
Mi ritengo un privilegiato, ma davvero un privilegiato, per aver vissuto a Milano quei giorni.
Scartai subito la tentazione di vedermi la partita in piazza, troppo casino, troppo becerame, e soprattutto troppo da perdere in caso di Apocalisse.
Ma sinceramente tra me e me ero convinto anch'io che Apocalisse non sarebbe stata. Chiaro, l'Inter é sempre l'Inter, capace di tutto, ma ero moderatamente sereno.
C'era un solo essere umano al mondo cui avrei concesso di invadere l'intima e religiosa privacy con cui mi apprestavo ad assistere a quell'evento memorabile, mio papá.
Venne a casa, la guardammo seduti sul divano scambiando si e no 5 parole 5 in 90'. Come sempre.
Che dire, é scivolata via.
Non ho sofferto troppo, né abbiamo esultato eccessivamente, sapevo conoscendomi che il gusto di quella vittoria e di quanto stava succedendo lo avrei assaporato successivamente, nei giorni a seguire, pian piano, dettaglio dopo dettaglio.
Fu memorabile il giro del centro dopo la partita, sempre odiato le feste e la caciara eccessiva eppure quella festa e quel casino furono un vero e proprio sentirsi a casa, uno stare in mezzo alla propria gente, un sentirsi nell'unico posto al mondo in cui avrei voluto essere in quel momento.
Gente in lacrime, urla, abbracci, il bagno nella fontana in Cairoli, il traffico bloccato con le auto ferme un quarto d'ora al semaforo, ho l'immagine di questo pick up con su 7-8 persone in piedi, tutte tra i 50 e i 70, uomini e donne, che non trattengono l'entusiasmo e scendono dal mezzo andandosi ad abbracciare con quelli della macchina in coda dietro, scatenando abbracci collettivi a macchia, in un concerto, di clacson, trombette, cori.
Che spettacolo ragazzi, che bello esserci stati, che bello essere stati lá, in quel delirio, proprio in mezzo, attraversarlo, respirarlo, viverlo.
Bello.
Bello.
Feci un giro in centro verso mezzogiorno o poco dopo, il Duomo si stava riempiendo, c'era nerazzurro ovunque, si respirava proprio aria di leggenda.
Mi ritengo un privilegiato, ma davvero un privilegiato, per aver vissuto a Milano quei giorni.
Scartai subito la tentazione di vedermi la partita in piazza, troppo casino, troppo becerame, e soprattutto troppo da perdere in caso di Apocalisse.
Ma sinceramente tra me e me ero convinto anch'io che Apocalisse non sarebbe stata. Chiaro, l'Inter é sempre l'Inter, capace di tutto, ma ero moderatamente sereno.
C'era un solo essere umano al mondo cui avrei concesso di invadere l'intima e religiosa privacy con cui mi apprestavo ad assistere a quell'evento memorabile, mio papá.
Venne a casa, la guardammo seduti sul divano scambiando si e no 5 parole 5 in 90'. Come sempre.
Che dire, é scivolata via.
Non ho sofferto troppo, né abbiamo esultato eccessivamente, sapevo conoscendomi che il gusto di quella vittoria e di quanto stava succedendo lo avrei assaporato successivamente, nei giorni a seguire, pian piano, dettaglio dopo dettaglio.
Fu memorabile il giro del centro dopo la partita, sempre odiato le feste e la caciara eccessiva eppure quella festa e quel casino furono un vero e proprio sentirsi a casa, uno stare in mezzo alla propria gente, un sentirsi nell'unico posto al mondo in cui avrei voluto essere in quel momento.
Gente in lacrime, urla, abbracci, il bagno nella fontana in Cairoli, il traffico bloccato con le auto ferme un quarto d'ora al semaforo, ho l'immagine di questo pick up con su 7-8 persone in piedi, tutte tra i 50 e i 70, uomini e donne, che non trattengono l'entusiasmo e scendono dal mezzo andandosi ad abbracciare con quelli della macchina in coda dietro, scatenando abbracci collettivi a macchia, in un concerto, di clacson, trombette, cori.
Che spettacolo ragazzi, che bello esserci stati, che bello essere stati lá, in quel delirio, proprio in mezzo, attraversarlo, respirarlo, viverlo.
Bello.
Bello.