scritti giovanili
Perfetto.
La serranda immobile,
due piatti da lavare
e un po’ di tosse
che forse è più abitudine
che non vero malessere.
In fondo è così
che succedono le cose
vivono nelle fantasie
dei disperati
per poi finire
nella legalità
nella scienza
o se va bene
nei cinema.
Io non combatto granché.
Sono immobile.
Sono un oggetto.
Peso più del mio valore.
Mi trovi al mercato
dietro lo scaffale
mentre mi guardo
il dorso delle mani.
Non combatto granché.
Riesco a comprendere
solo le zanzare
mi lascio divorare
da loro,
non oppongo resistenza.
Così mi sono guardato
allo specchio
questo viso da tre euro,50 all’ora
(più contributi)
pensando su dì qualcosa,
bocca,
sorprendimi
inventa qualcosa
loquami
L’umanità non mi piace
l’umanità andrebbe venduta
così, in blocco,
vendiamola ai cinesi
i cinesi sono buoni
e non si lamentano
neanche quando
hanno ragione
Vorrei rinascere donna
solo per poter bere birra
nove mesi all’anno.
Poi ho gettato l’asciugamano
dai capelli sul pavimento
per togliere l’acqua della doccia
e guardando le mattonelle
asciutte
mi sono sentito così
incolpevole.
Un gatto si spaventa per la pioggia
un gatto si spaventa per tutto
ma la fa finita lì.
Le bestie hanno traumi diversi
sembrano dimenticarsene
con dignità
Gli uomini invece
devono farne storia
Sono così poveri
da dover affidare al dolore
la propria ridicola saggezza
Nel frigo
tagliato a spicchi
un cocomero
Sei olive in salamoia
Mi piacciono i frigoriferi semivuoti
danno un ordine ai desideri
Ti mettono in condizione
di non sentirti obbligato
a dover consumare
in fretta più in fretta possibile
Vorrei sognare di essere arrestato
per svegliarmi libero.
Su questo sito
scopro si può vedere
una diretta in Islanda
una webcam puntata
ogni giorno
ogni ora
così guardo Rejikiavic
(Forse cercavi: Reykjavik )
gente che cammina
non sembrano persone
hanno qualcosa
di magicamente
silenzioso
sono elfi urbani
chissà cosa si mangia
in Islanda
chissà come
si prende sonno
lento lento lento
talmente lento
che non riesco
a tenermi il passo
una come Licia Colò.
La guardavo ieri.
Licia Colò sarebbe perfetta
con lei
si avrebbe persino voglia
di trovarsi un impiego
che so, in Germania
A fare gelati in Germania
(o in alternativa: settore alimentare
Pasticceria, Pasta fresca
per vendita in vetrina)
e dire ai tedeschi
su, műnchhausen
ma Reykjavik, invece Reykjavik
non dà troppe preoccupazioni
me ne accorgo
mentre l’occhio virtuale
riprende
una coppia di studenti
che si allontana
sullo sfondo
dove non posso
arrivare
neanche con lo sguardo.
Intollerante
Alle domeniche
Agli atti dovuti
Ai cammini illuminanti.
Non so fare conversazione
Non so aggiustarmi la faccia
per togliermi gli spigoli dal viso
Vorrei coltivare piante di plastica
Per imparare ad appassire innaturalmente
da loro.
Perché tutto finisce.
Anche gli sguardi dei tuoi vicini
mentre getti un pugno di capelli
dal balcone.
Anche la plastica ha un cuore.
La carta, poi, non dà nemmeno
il tempo di affezionarsi.
Siamo di cartone.
La nostra pelle in realtà è polistirolo.
Abbiamo petrolio negli occhi
e quando piangiamo
stiamo prendendo fuoco.
Ma queste cose le sai
se no, le saprai.
Intollerante, vedi,
me ne sto qui a leggere
i possibili utilizzi casalinghi
del bicarbonato,
vedi,
non è tutta questa tragedia
aspettare il sole di notte.
Ho bisogno di un posto
che sappia dirmi qualcosa
non so di preciso
non l'ho mai saputo.
quello che so
è che mi piacciono
i ritmi compassati
gli sguardi complici
le follie zittite
da un attimo di depressione
mi piace il punto di fine.
e quando la notte congela
gli scampoli di libertà
restano nell'aria
come promesse acerbe
da esaltare
ho bisogno
di sole
di mare
di prati estesi
e di qualcuno
che mi racconti
qualcosa
che non so
vorrei dimenticarmi.
vorrei prendere le distanze
da non so cosa
o non so
chi
guardo l'islanda
e rispondo al telefono
dicendo richiamerò.
l'islanda è diversa.
io lo so
e se mi sbaglio
ditemelo quando
non potrò capire.
Bere acqua.
Bere acqua.
Bere acqua.
Quello che so
dei miei dirimpettai
è che stendono
la biancheria
ogni lunedì.
La biancheria
è una cosa seria.
La biancheria va capita.
Quando faccio cruciverba
ho ansia da prestazione,
fisso le macchie nere
sul foglio
e penso a parole
che non mi dicono nulla.
Detesto gli oggetti
I ripostigli
Gli album fotografici
Le case vanno messe
sotto sequestro,
bruciate tutte le vecchie lettere,
i filmini in videocassetta
dei compleanni,
le boccette di profumi,
le sveglie inutilizzabili
I’m a cyborg.
Dovrei smantellare la casa.
Scaffali pieni di libri
libri libri e libri
Mai letti da nessuno,
ancora imballati
nelle loro copertine
di plastica
enciclopedie infermieristiche
per lo più
che il vecchio negli anni
ha pensato bene
di accumulare
da buon professionista
Per poi conversare
per il resto della sua vita
della ***** di stato
che ingrassa i telegiornali.
Sapere di assomigliargli
non è un bel vivere.
Ma ho qualcosa
che mi trattiene
dall’andarmene in giro
con lo stupore ***** negli occhi
di chi ha acquisito il diritto
ai luccichii del mondo.
Una ragazza mi disse
Sai tu non riuscirai mai
a tenerti una donna vicino.
Non ricordo adesso
se fu prima
o dopo
un patetico atto sessuale.
Credo dopo.
Credo proprio
che nessuno dei due
avesse sudato.
Forse era inverno.
Quando un uomo
pensa di avere un’idea
geniale,
di solito si gonfia.
Come certe bestie
prima dell’attacco.
Diventa rosso.
Gli crescono le unghie.
Le sopracciglia si induriscono
e poi
chiede se è pronta
la cena.
A me capita
mentre mi lavo i denti
di avere
queste pensate:
La storia di un tipo
innamorato di una lei
a sua volta innamorata
di lui
(ma solo quando
questo perde il treno
delle 18.15
e non rientra a casa
prima del notiziario).
Il giorno dopo
mi passa tutto
e mi dico sempre
che la banalità
a dispetto della fama
sa trovare sempre
nascondigli sorprendenti
in un cervello.
Ho una faccia stranita
nello specchio
mi guardo con molti dubbi.
Un giorno ricorderò
molte persone
diversamente
da come meriterebbero.
Dovrei conservarmi
una parte di memoria
così com’è adesso
Un uomo ha diritto
alla conservazione.
Datemi uno scomparto
del freezer
possibilmente
il più lontano possibile
dalle salsicce di fegato:
non le ho mai digerite.
Ho sempre mentito
con una certa naturalezza
da bambino
mi piaceva inventare
realtà inesistenti
per guardare la reazione
degli altri
di solito
mi credevano.
Se venivo scoperto
mi rifugiavo
su un albero di albicocco
Le piante
la prendono meglio.
Le piante sono disposte
a lasciarsi ingannare
non ne fanno
una questione
di rispetto.
Sulla mensola
Un manuale per le istruzioni
della stampante,
una boccetta di allume
stritolato
e allungato con l’acqua.
Uso l’allume
perché detesto
le puzze
e i profumi forti
Non si può mettere
in difficoltà
l’olfatto di una persona
nemmeno
se è un impiegato al catasto
o un banchiere
con la fissa
per la musica celtica.
Devo avere
una stampante
solipsistica
funziona
quando capita,
si prende sei fogli
per ridarmene uno
seppure
il tutto
con una certa
scioltezza.
Ho una stampante operaia
perennemente
stanca
e depressa
E sul manuale
alla voce
patologie gravi
in grassetto
la scritta
nulla è per sempre.
La strada di notte
sembra una dispensa polverosa
irrigidita nel terrore
di un nuovo carico,
scarichi alla rinfusa,
ingressi grossolani
che si sovrappongono ai vecchi
fregandosene
della data di scadenza.
Così tutto finisce
su un fondo,
e persino i fagioli in scatola
sono costretti a sgomitare
per ritagliarsi una speranza
che non sia marcire
entro il 06/2011.
Chissà a cosa penserei
se vivessi altrove
e al posto di contare le unghie
delle lenzuola stese sui terrazzi
mi toccherebbe ragionare
su scuse plausibili
per non aver capito bene
l’ultima frase.
Ho uno stranissimo
istinto di sopravvivenza.
Un meccanismo anomalo
che ritrova
una sua logica
nell’assoluto disordine
che genera buona memoria.
Come quelle vecchie
che apparecchiano per due
per poi riempire
un solo piatto.
Svegliato con un senso
di tagliuzzato
alle mani
come se avessi
passato la notte
ad accarezzare distrattamente
spigoli.
La segreteria telefonica
si occupa di un prefisso
sconosciuto.
In sei anni
nessuno ha mai lasciato
messaggi registrati.
Forse sapevano
che ero in casa.
Io invece so
soltanto il vento
che manca.
Sopravvivo di ipotesi.
Sopravvivo senza tende
alle finestre
perché mi creo ombra
in altri cento modi.
Mentre alle mani
ancora la stessa sensazione
di quella mattina,
a scuola,
quando infilai il mignolo
nel temperamatite
per scoprire
cosa si provava.
I progetti abbandonati
hanno sempre qualcosa
di perfetto.
C’è una sistematica
intenzione,
ben disposta
al culto del ricordo irregolare
che nobilita
il gesto dell’arresa.
Come capita ai denti
quando facendosi da parte
promettono saggezza
in cambio di una grottesca
bocca da rughe
per i primi due mesi.
La poca rabbia
che provo
ho imparato a filtrarla
attraverso linguaggi
che scivolano
come bestie notturne
spaventate da un interruttore
sulle scale.
Addomestico frazioni
di vissuto
annegando
gli interrogativi scomposti
che si agitano
a due palmi dal viso.
Un giocoliere
su una strada affollata
cadendo dai trampoli
si rialza di fretta
Io invece resto
a guardare lì in alto
interrotto ogni tanto
soltanto dalle ossa
che si lamentano
come madri sprovviste
di giustificazioni
per un corpo assente.
Eliminare da tutte le canzoni
e dalle poesie
Le fasi della giornata
tramonto alba crepuscolo
Le precipitazioni
neve pioggia
sperma
Le ossessioni
orgasmo amore nostalgia
Parti del corpo varie
occhi bocche mani
Organi interni
cuore.
Resterebbero
testi riciclabili
igienici puliti piegabili
come camicie bianche
per il primo giorno
di lavoro.
Questa è ecologia.
Una spazzata
verso le comete
e le costellazioni
in generale.
Prosciugamento totale
dei mari
laghi
fiumi
pozzanghere.
Libertà,
lagne umorali,
piagnistei patriottici:
tutto
in cassa integrazione.
Il settimo giorno
vi concederò
un po' di riposo.
Questa tua casa
mi fa respirare
affannosamente
Lo sforzo dell'imbarazzo
mi fa temere parole
che possano uscirmi
dalle orecchie.
Me ne sto
davanti alla finestra
con la bocca serrata
e gli occhi stretti
come cardini
da oliare.
Qui vorrei sempre nascondermi.
Non resto molto,
di solito esco entrando,
il mio buongiorno
è un addio.
Dovrebbe essere otite,
ma mentre parli
riesco soltanto
a fare gesti meccanici,
come in una folla
durante un concerto
quando l'unico linguaggio
e l'impossibilità
della comunicazione.
Quel giorno
mi chiedesti
dove andiamo?
Io feci sì
con la testa.
Da allora
non ricordo
altre domande.
Ragionando sull’avverbio inavvertitamente
Sintetizzando non si sta così male
uno evita svariate ansie
si riconduce a giochi d’ignoranza
e sa di poterne fare benissimo a meno.
Di un bel po’ di cose.
A me ricorda molto Parigi,
questa stanza.
Io non ci sono mai stato,
a Parigi.
E so soltanto che da quelle parti
sanno tenere tutti il cappello
calato sugli occhi.
Non so praticamente nulla.
Non so sostanzialmente nulla.
Girovago inavvertitamente
tra gli uffici semideserti di questa città,
mi invento un viso calmo
do la precedenza sugli usci
e mi masturbo con rinnovata
abnegazione.
Troppe cose non esistono
e se ne stanno improvvisate
come parodie di una recita teatrale
a raccogliere la finta sorpresa
dal viso di quattro platee inermi.
E poi le borse.
Detesto le borse
e tutto ciò che è programmato
per contenere.
I nuclei familiari
mi disgustano.
L’incapacità
di accettare la solitudine
è una malattia insostenibile.
Nulla da eccepire.
Dignitosa dialogante nervosa
sosti a schiena eretta
come una brocca colorata
al centro di una tavola.
Di quelle che si usavano
un tempo
come soprammobili
di forma gallinacea
Quasi cilindriche,
non fosse per il becco
che gli macchia il profilo
di una grottesca continuità.
E mi chiedevo
nelle mattine d’estate
alzando gli occhi
oltre le credenze,
perché mai
le lasciassero lì
isolate ad ingoiare polvere.
Mi chiedevo.
Qui dietro c’era uno stagno
Una fanghiglia impietosa
tra sterpi e umidità
che d’estate
si riempiva di gracidii.
Me ne stavo ore intere
sul balcone, l’ultimo appartamento
del quartiere
Il più lontano
dalla civiltà.
Ho sempre camminato
più degli altri
per gettare il sacchetto
dei rifiuti.
Me ne stavo lì
ad ascoltare il gracchiare
di quelle bestie notturne.
Allora credevo
che non combinare nulla
fosse una condanna impietosa.
Mi inventavo idee morte
per darmi un’espressione
da tentativo.
E me ne stavo
ad ascoltare le rane.
Sono intollerante
insofferente
ed incattivito.
Oggi c’è una palestra
al posto dello stagno
e al posto delle rane
tante piccole bestie
entrano ed escono
da un cancello rosso.
Li guardo
come si guarda un vedovo
ad un funerale.
Ma loro spesso sorridono
hanno fretta
e sembrano sapere
dove andare.
Recitando ruoli di cenere
si lasciò soffiare, leggendo
l’ultimo copione dal manifesto
tra l’intimo da donna
e la nuova apertura
del supermercato
(a soli due chilometri
in direzione nord).
Ti serve qualcosa per la casa.
Indubbiamente.
Il tuo dentifricio
è abbastanza dimagrito,
ed anche se non usi
piatti di plastica
dovresti organizzarti:
metti che ceda
la credenza?
Così uno l’abbandono
se lo deve scegliere, sì,
ma solo per poter dire
ho avuto poca fretta
e chi ne aveva più di me
era già silenzioso
nelle intenzioni.
Perché gli eterni riposi
sono fatti
per essere chiamati in causa,
quando i sottovasi
si inaspriscono
ed una strana ruggine
azzurra
dipinge l’acqua che scivola.
Ora faccio troppo rumore,
disse.
E si spostò dalla strada
appropriandosi di uno spavento
inesistente.
I suoi capelli tinsero il traffico
e anticipando il grido
di una donna in tuta
si ricordò
di aver chiuso il gas.