Werckmeister Harmonies

Sì, Baudelaire, Rimbaud, Campana, perfino D'Annunzio.

Mi piacciono i poemetti in prosa ma penso sempre che in versi il risultato sarebbe ancora migliore.?

Ma sì, io ti capisco Obdulio...

Sai forse chi è l'unico per il quale davvero, in certi suoi passaggi, non vale quanto dici? Proprio lui - il montevideano Conte di Lautréamont :sizi Metti quella roba in versi - e ne esce un obbrobrio di dimensioni cosmiche.

D'altronde il noto critico Adani, nel suo monumentale commento a I Canti di Maldoror, scrive: "Gli uruguagi hanno un cuore differente, lo capisci o no?". E chi sono io per dargli torto.
 
Ma sì, io ti capisco Obdulio...

Sai forse chi è l'unico per il quale davvero, in certi suoi passaggi, non vale quanto dici? Proprio lui - il montevideano Conte di Lautréamont :sizi Metti quella roba in versi - e ne esce un obbrobrio di dimensioni cosmiche.

D'altronde il noto critico Adani, nel suo monumentale commento a I Canti di Maldoror, scrive: "Gli uruguagi hanno un cuore differente, lo capisci o no?". E chi sono io per dargli torto.

Lì ci sarebbe da discutere se sia davvero poesia?
 
Ora di cena, ultimi passi dai cortili, scarpe slacciate, bambini uggiosi e perimetri del cielo scombinati. Colori da favola araba, sigarette profumate.


Corde vocali addolcite da impegni mansueti, caldo non soffocante a prelevare vocaboli per invitare alla giusta pazienza. Poi cibo, cotto a puntino, aromatizzato.


Ora di cena, fiori sbocciati, sublime luminescenza. Suoni non fastidiosi. Ultimo tuffo nel sole nel mare muto.





  • Gentili bambini ascoltatori




Guardate come camminano i vostri bambini, capelli leggeri e volto incuriosito, allungano le mani sugli oggetti in vendita e rubano, rubano, rubano, rubano, adorabili ladri dal cuore tenero, innamorati di immagini colorate e di persone dal sorriso ingenuo, pieni di rotoli di carta, i loro occhi esposti al cielo reclamano spazio per vagare incontrastati, hanno affittato milioni di camere percorrendo on the road di pattini e coriandoli e vanno, vanno, vanno, esplodono in un mare di problemi portandovi al riso come un sesso piacevole che non chiede nulla in cambio, diavoli minuscoli in cerca d’autore, si vergognano per voi non parlando.


Il movimento della sambuca è marziano di gesti, interrompe quasi non sta bene con salati tra le labbra, interrompe, tiene in sospeso il cervello poi scivola lentamente emulando sangue di persona antica anticamente apprezzata che cerca parole. E i bambini guardano vecchi che esplodono di rabbia.


Guardate come si muovono liberi nei vostri carrelli di spesa, sabato pomeriggio, diciotto zero sei, i bambini crescono ad ogni nostro errore ridendo in faccia alle perplessità della nostra cultura, muoiono di televisione e corde tese delle grandi risposte, muoiono di valori imposti.
 
  • Questi sensi incalcolabili




Strade morbide, more dense cui allacciarsi di labbra penzolanti in attesa di succo rosso. Più forte del vino, più buono del sangue. Succo d’ansia sbollita, di passi malfermi e interruzioni erranti.


Non può piacere tutto. Non può piacere l’espressività di un viso.


Dunque strade morbide dove ritrovare frammenti di coscienza, analisi incompleta e una canzone addosso, di quelle atmosferiche che ti fanno stare in silenzio, deviazioni vocali per non pensare. A nulla.


Strade, frutto socchiuso, seme spinto. Posare le mani sul grigio umano riversatosi. Sentire lo sporco addosso, dentro, soffocare di smog e allungare un braccio al prossimo volo pindarico.


Non può piacere tutto. Non possono piacere le bandiere alzate, certi sorrisi mai silenziosi, determinate conclusioni di storie filmate. Tutto è predisposto alla non piacevolezza, creiamo eccezioni per abituarci all’innamoramento senza nulla in cambio.


Strade gelatinose, sprofondare con il busto inconsapevole di altezza. Poi il collo, il naso. Gli occhi. Buio. Aprili. Apri quegli occhi. Annulla il tuo soffocamento e spalanca accogliendo nella tua pupilla intimidita la gelatina dello smog profanato. Massaggio sulla tempia, metti a tacere i sensi. Sprofonda dormendo e apri i tuoi occhi, penetra la pienezza dello sconosciuto.


Lasciati sedurre da mondi ignoti in quell’abisso. Muori con gentilezza.





  • Avranno sicuramente i posti prenotati




Orizzonti negati, enormi tende sovrapposte a vento in un gonfiore che ricopre qualsiasi spazio, brandelli di cielo dondolanti a ricordare il pendolo di Poe nella lentezza di processione costante.


Il pendolo scende, scende sulla tua cartilagine rosa a proteggere il binocolo arrossato, scende verso le mani legate e ginocchia saldate come chiodi cristiani, non c’è carezza durante la discesa barcollante, il tuo corpo una miniera in esplosione turbinante sale fuoriuscito dalle orecchie e caramelle al latte sdrucciolate dallo stomaco in andirivieni infanzia-vecchiaia, sei adulto in capelli neonati mentre ricevi l’invito al sangue della lama, intorno ghiacciai lacustri ad esalare calore imitando pentole impazzite sui fornelli, intorno piramidi sensoriali a capovolgersi nella meccanica astrale senza limiti di parlamenti satellitari.


Dottor inferno con le tue chiavi lucidate di argento rosso aspiri al virtuosismo del male abbottonandoti il petto di petali d’oppio e respiri più velocemente della simmetria di un incidente stradale dopo sbronza, mastichi pezzi di salsedine, mescoli carte clandestine mozzando con le unghie gli spigoli, ti rivolgi ai passeggeri incompleti di questa nave celeste che arriva alla bufera del sogno.


Bandiere abbassate, dottore dalle spalle screpolate, bandiere prese a calci e sputi, bandiere bruciate quando, ancora sventolanti di falsa mitologia, imbarcano smog nell’aria montanara delle civiltà, bandiere prese a sberle, imputate, colpevoli, condannate a fare da tappeto per l’entrata in scena dell’individuo, bandiere cucinate in case senza porte, dottor inferno bacia le labbra di questa serenità annullata, porgi le tue gengive focose all’incontro non prenotato nell’ufficio disordinato di papà provvidenza e mastica, mastica pareti, mastica portaombrelli, consuma quei denti nel legno pregiato di seconda mano posato alla parete della stanza, insisti di lingua nel rendere liquido il punto di vista del maxischermo e mastica ancora, mastica, voglio vederti sanguinante con piccoli canini ormai spicchi di bianco, ormai inutile soprammobile, orgoglio dei professionisti del dentifricio, amore di scatola balbettante per il dolore agli organi che danno velocità alle guance.





  • Non è il caso di lasciare bocche asciutte




Fumo prende proporzione nell’aria ed è giorno, con tanto di sole a brillare di primavera ancora fredda, gente ai balconi, mollette di lieve sporco, leccaculo della parlantina mai mai mai e mai che mi sia passato per la testa di essere come quel risvolto esistenziale dalle mantidi religiose a fare festa nella venuta annuale, mai che mi sia passato per il cervello di innamorarmi di un’idea di un secondo e di una persona di un giorno, eppure senza volontà capita di sentirsi salsedine su scogli, granchi oziosi, bradipi di mare a centellinare lacrime di esultanza repressa per un bacio di una lira gettata.


Prendi quello che vuoi, da bere c’è sempre, la disponibilità è sniffata di continuo.
 
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