Werckmeister Harmonies

E che gli dico? Guardi, non posso...
(grazie a te, guardalo se puoi... ti lascerà senza fiato. Un abbraccio)
Ed io cosa le dico? Quando non ho parole per i suoi inferni. Vedo cadere i suoi capelli, ed i suoi occhi si spengono lentamente, come quelle luci di S.Siro... Il suo sparire è così dignitoso, così splendidamente bugiardo, così testardamente legato ad un ******** incapace di dirle "ok vengo a passare questi ultimi mesi da te".
Una stanza, un posacenere ingrigito e stracolmo, bottiglie vuote riposte nell'angolo, una vicina con i merletti stesi nell'unico giorno disponibile dell'inverno. Un mezzo lavoro, un mezzo giro di affari sporchi, una totale voglia di scappare da te e da me, una ***** da 30 euro che mi mette fretta all'angolo del benzinaio; ed il ricordo di Firenze martellante, quando bevo, l'altra che dipingeva scalza e si bagnava le labbra ridendo per il viso della cassiera della Conad ormai stanca di vederci comprare il vino peggiore.
La voglia di scappare che finisce nel delirio, le 5 di mattina ed i barboni con i capelli gelati e noi, noi due, senza sapere neanche chi siamo a dirci e a darci, un tempo che non ritornerà mai piu'.
Poi rumori, ossa frantumate, vestiti persi nel vento di gennaio; risse, ossessioni, attacchi di panico nel sonno ed una musica celestiale a toglierci il fiato mentre ci puntiamo a vicenda i vetri rotti di una bottiglia rigorosamente vuota ed infreddolita.
Non riconosci la tua città, non riconosci il tuo disarmo e la tua sconfinata spensieratezza mentre sali su un autobus, senza sapere perché e dove andare: ed è lì che comprendi la vera direzione.
 
La pioggia, la ferrovia d'argento che trascina rumorosamente centinaia di volti sconosciuti ed io qui, seduto su una panchina bagnata, 3 bottiglie di vino come si deve o come non si dovrebbe, mi hanno chiesto un documento e mi hanno chiesto altro che non ricordo. La prima volta che ti ho vista, autunno inoltrato, gli alberi piegati ci proteggevano dal vento e tu ed il tuo maledetto sorriso indimenticabile. Quante notti sbagliate, di pugni, bottiglie rotte, insulti urlati e poi cuscini gonfi, delitti inenerrabili e poesie cantate in bocca ad una luna inesistente, svegliarsi nudi e soli in una città sconosciuta, riprendere i bagagli sempre piu' leggeri e andare via di nuovo in faccia al vento.
Le scuole di scrittura sono gestite da nazisti egocentrici, sono la nuova massoneria che avanza; le scuole di poverà sono gestite da gente capace di tenerti in vita in un pomeriggio di neve sulla gola... dove siamo finiti? Dove siamo iniziati?
Un parco innevato è una meraviglia incontrastata, affondare le gambe scarne lì e sentirsi protetti, trovare l'armonia piu' congeniale, non urlare; le urla sono merce scaduta che accontenta l'ozio inerme degli ascoltatori disperati. Un tavolo di legno, le nostre dita fredde, cosa ne sarà di questa città?
 
Rimane un lungomare vuoto, luci scarne, febbraio e le sue forbici di vento sugli occhi. Il tipo del chiosco ha i denti di chi la propria moglie l'ha partorita, l'ultima mignotta fa sconti per australiani di passaggio; si solleva la gonna urlando cosa non ti piace? La mia giacca annerita dal tempo passa oltre, mi limito ad un'altra sbronza senza pace per raggiungere il letto dopo aver risolto il rebus della giusta chiave nel portone.
Troppo facile amare quando non si ama più. Troppo facile desiderare quando si ha nei denti la carne amara di un presente sconclusionato. L'enfasi mi disgusta, i predicatori mi irritano, i saggi non sanno sorprendermi e gli idioti mi surclassano. Ho bisogno di momenti brevi, morti sul nascere, senza promesse, senza premesse; l'ingenuità fortuita, la malizia inevitabile, la salvaguardia per questi poveri chili di carne morta in cerca di un riposo.
Mi disgusta la dolcezza, mi fa ribrezzo l'insistenza, non sopporto le cravatte e chi le indossa. Sono perfettamente imperfetto e piango da solo e solo se ho ragione.
Ma questa musica alzerà di nuovo il vento, verrà da te per sbaglio e canterà un disarmante orgoglio, quando sarai distesa di nuovo su un corpo; quando, lo so, non avrai il benché minimo riguardo verso il mio ghigno.
 
Secondo me

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poi non so
 
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