Werckmeister Harmonies

Tre chilometri di camminata, tra semafori, alt, grazie e prego, gruppi etnici variegati ammassati sul piccolo spiazzo antistante la fermata dell’autobus; tre chilometri e mezzo, per l’esattezza, di specchietti d’automobile che si sfiorano venendosi incontro, piccole orecchie metalliche puntate sull’asfalto e dio, questa vetrina di ***** manda una luce sulla strada da rischiarci l’incidente, capiterà prima o poi, con questo neon ed il suo ottuso saldo autunnale.
Svoltato l’angolo, spalle al fracasso, c’è quest’oasi scura nascosta dall’edicola, ruotando i piedi di 45° se ne esce vivi, da ‘sto bordello, per ritrovarsi in questa minuscola via ultraterrena fatta di un placido, semplice, drammaticamente rigenerante vuoto assoluto. Ad interromperlo c’è questa anziana dai capelli perlati, se ne sta lì col suo mucchio di castagne, lo scialle grigio ed il piccolo fuoco, lì accucciata e sembra che quel buio voglia rubarsela, assorbirla lei e il suo cartoncino avana con la scritta nera tremolante “10 Castagne per 2 euro”.
Ne imbusta un mucchietto consegnandolo ad un ragazzino, non prima di averle ricontate una ad una; le dita curve le raccolgono con un gesto antico, d’abitudine al bruciore, si vede che quello le fa un baffo, alla vecchia, se lo porta dietro come un lurido cane capace ormai solo d’abbaiare a vanvera. Son buone solo a vederle, lo dice la bocca semiaperta del ragazzino in punta di piedi. Lei lo saluta e torna sulla sedia, ne lascia scivolare un’altra dozzina nel padellone bucherellato, sistema lo scialle e resta accovacciata nell’oscurità di novembre.
 
Queste stanze non mi bastano piu', mi passa davanti Kirem il drogato col suo passo svelto, si infila nel palazzo in disuso e sento risate, pianti, bestemmie monche.
Cammino verso il lungomare, sento le onde e l'inverno che svanisce, vorrei fermarlo e poter avere la forza di fermare il tempo, tutto, avere sempre freddo e conservare la grazia del gelo che si deposita sui fianchi.
Sono il barbone, il senza dimora, il bugiardo colto in fallo, la vigliaccheria fatta persona, i 4 litri di vino, le putt4ne sorridenti, le carte false, i soldi gettati; sono l'amicizia tradita, la masturbazione su tua moglie in calze a rete, la schiena curva per un lavoro inesistente; sono il delitto e la passione, sono Salinger e Dostoevsky, sono il baratro di Nietzsche ed il riflesso del tuo culo fiorentino che mi dice prendimi, ubriaca, ubriachi, cantando il canto della sbronza sconfinata che non ci conviene e che non finisce mentre delirando accarezzo il tuo seno gonfio di un figlio non più mio.
 
Il Cavallo di Torino parla. E non dice. Muove gli arti senza andare. Passa il tuo sguardo perso sulla mia barba. Ascolta l'ansia e fanne un prego. Respira.
I venditori di libertà li hanno quasi tutti arrestati. Lavoravano per una multinaziona bulgara o rumena. Le loro donne parlano di pompini con gli occhi arrossati ed i volti disfatti.
Il Cavallo di Torino avanza.
Batte sul cemento e sulla fanghiglia.
Che strana terra l'Ungheria. Fatta di rivolte mai narrate. Di assuefazione, droga e morte.
Questa musica sghemba mi taglia il viso.
Venne il tempo dei profeti e venne il tempo degli incauti.
Venne un esercito di croci rotte e consumate a pregarci di pregare in un dio senza speranza.
Laureati in malagrazia e rovina; accettammo il patto osceno e squilibrato.
Ora ci riconosciamo e ci teniamo a distanza sul bordo di una chiesa sconsacrata.
Il Cavallo di Torino si arrende.
Posa le sue gambe denutrite al suolo e lascia la testa rivolta verso il cielo.
Siamo qui a guardarlo;
siamo qui a tradirlo e ad insultarlo, mentre le lancette degli orologi trafiggono la nostra incoscienza lasciandoci rughe, figli imbecilli ed altra miseria.

https://www.youtube.com/watch?v=aoERWukgg_Q
 
omaggio ad un poeta:

Lezione di poesia ai miei bambini letterari

Uccidete la realtà
e crepate di sogni.
Niente è più difficile
se volete
misurarvi col mondo.

Imparate a truffare
in modo da non essere
sorpresi e mentite sovente,
più sarete bugiardi
meno dovrete immaginare.
Impazzite nudi
nelle strade di periferia
e spassatevela
tutte le notti,
gli altri impareranno
che essere profondi
è un privilegio.

Non date retta alla cultura.
Vi porta dove vuole lei,
nelle secche della vita
e i suoi ambasciatori
hanno letto troppi libri
per giocare con voi.

La poesia è nel cortile
di casa vostra
nella vostra vigna
tra le bande della vostra ragazza
sotto i peli del vostro cane
nelle rughe di vostra madre.

Sfuggite il potere
i dittatori vi odiano
e nulla detestano quanto
le vostre poesie.
Nulla di più banale:
quando sarete rinchiusi
in un carcere
e le vostre idee
staranno per marcire
fra topi e scarafaggi
l'unica vostra arma
saranno le parole.
Se non ne avrete
sarete già morti
o servi.

Fate l'amore bene, generosamente,
profondamente.
Niente di più facile
in questo mondo selvaggio.

Se non ci riuscite
andate a guardare
l'erba dei prati
piegata dal vento
quando il sole
è un occhio dolce
colorato d'arancio.

Se piove contate
le gocce d'acqua acida
che vi separano
dalle candele
della notte
e scrivetele in versi
per le donne più belle.

E se non ci riuscite
o non lo volete
siete già
schiavi del mondo
e allora crepate
nelle braccia di donne
che non amate
costruitevi
una casa di caccole di mosca
andate nei palazzi del potere
fatti di stronzi di mosca
e dimenticate la poesia,
che è fatta
di mucche e di vampiri
di sangue e di latte

e di dolci baldracche
che smussano gli angoli
della solitudine
per renderci unici.

Gianmarco Griffi
 
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