Frustrati, perché questa è l’impressione che hanno dato i giocatori nerazzurri in campo al “Grande Torino”. Frustrati perché non hanno saputo, insieme al proprio allenatore che ha evidentemente bucato la preparazione della partita, trovare le contromisure alla squadra avversaria, le cui caratteristiche erano ben note alla vigilia. Gli uno contro uno, i duelli a tutto campo, la partita sporca, la lotta nel fango, i confronti fisici: tutto questo è il Torino di Juric. Una squadra organizzata ottimamente da un allenatore preparatissimo, ma tale aspetto costituisce un’aggravante, non un’attenuante. Va bene, le assenze di De Vrij e soprattutto Brozovic erano particolarmente pesanti in una partita nella quale gli avversari portavano un pressing altissimo e la pulizia nell’uscita da dietro sarebbe stata fondamentale. Sì, ma non possono bastare a spiegare una prova di squadra altamente insufficiente, specialmente nella prima frazione di gara.
Frustrante, il triste spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere. Le vittorie contemporanee delle tre dirette concorrenti al titolo – Milan, Napoli e Juventus – ci avevano riempito di voglia di vincere, nonostante fossimo consapevoli dell’ostico impegno al quale eravamo chiamati. A casa Toro, storicamente, non è mai facile: non lo è stato neppure l’anno scorso, quando i granata misero seriamente in difficoltà gli uomini di Conte, abili ad uscire con i tre punti grazie ad una prodezza di Lautaro. L’argentino, ieri, è stato invece sostituito per l’ennesima volta anzitempo, nonostante i forti segnali di ripresa evidenziati dai 4 gol contro Salernitana e Liverpool. In fondo, in questo momento del campionato, non ci interessava la prestazione sfavillante, soprattutto perché l’avversario non la concede facilmente, ma quei tre punti sì, erano di vitale importanza e sarebbero pesati come un macigno. E invece abbiamo assistito ad una partita nella quale il Torino ha gestito i ritmi a suo piacimento, contestando giustamente un calcio di rigore non concesso che avrebbe – con tutta probabilità – affossato definitivamente le speranze dell’Inter. Nel secondo tempo, poi, si è giocato pochissimo, tra falli, simulazioni, sostituzioni e la partita che è scivolata via. Cosa c’è di più frustrante, se non uno scenario del genere mentre si dovrebbe sputare tutto quello che c’è in corpo per ribaltare la partita?
Depressi, i giocatori nerazzurri: questa è l’impressione offerta. Depressi perché, quando nelle ultime sei partite ne vinci una, le problematiche non possono essere di tipo fisico. L’impressione è che l’inerzia della stagione abbia preso una piega sfavorevole all’Inter in quell’ultimo quarto d’ora del derby e che i giocatori abbiano accusato seriamente il colpo, pur continuando ad offrire ottime prestazioni in Champions League. L’involuzione, nel campionato domestico, è però sotto gli occhi di tutti. Nel secondo tempo, la reazione nerazzurra è stata dettata dai nervi più che dalla testa: non è necessariamente un male, poiché i campionati si vincono anche così. Ma se sbagli clamorosamente delle occasioni facili (vero Dzeko?), allora diventa tutto più difficile.
Deprimente, ciò a cui stiamo assistendo da febbraio in poi, se confrontato alla splendida Inter del girone d’andata, specialmente quella di novembre e dicembre. Parliamoci chiaro: un calo era facilmente pronosticabile, ma un crollo di tale portata no. Probabilmente, l’andamento della prima parte di stagione aveva condotto molti a sopravvalutare il valore di questa squadra, che è andata oltre i propri limiti. Oggi in molti non riescono più a raccapezzarsi e sputano veleno su Inzaghi. La riflessione, in questo caso, è una sola: il tecnico ha sicuramente le sue grosse responsabilità (non può essere altrimenti, quando da un potenziale +10 nel derby ti ritrovi a -4, potenzialmente -1, poco più di un mese dopo), non ultima quella della formazione titolare contro il Torino con le scelte discutibili di Ranocchia e Vecino titolari. Tuttavia, era davvero possibile continuare a nascondere sotto il tappeto un mercato da +160 milioni per tutto l’anno? I nodi, prima o poi, vengono al pettine. Certo, non ci aspettavamo che succedesse così, con queste proporzioni.
Così non è accettabile
Detto delle responsabilità che vanno necessariamente estese ai piani alti (anzi, partono proprio da lì), non possiamo più accettare prestazioni del genere: sono imbarazzanti e raccapriccianti. Non vogliamo più assistere a un tale senso di impotenza fisica e tattica, non vogliamo più assistere a quei clamorosi gol sbagliati. E francamente, non ne possiamo più di ascoltare dall’allenatore che, in fondo, è stata solo sfortuna e che il portiere avversario ha fatto miracoli. Probabilmente sarebbe il caso di piantarla con l’atteggiamento compiacente, consolatorio, cominciando a mettere al muro chi, quei gol, li sbaglia. Perché la mancanza sistematica di cinismo denota superficialità, deconcentrazione, demotivazione: all’Inter, questo, non è accettabile. In questo momento della stagione bisogna ottimizzare le occasioni create, buttandola dentro appena è possibile, perché le partite diventano sempre più tirate.
Adesso, senza la Champions, ci sarà la possibilità di avere settimane libere, fatte di allenamento e preparazione delle partite. Vero, l’Inter non dipende più solo da se stessa, ma è a se stessa che deve continuare a guardare. Con l’obiettivo di vincere le partite, anche lottando nel fango. Per il bel giuoco ripassare, adesso non c’è tempo. Servono vittorie, vittorie, vittorie (x10).