Da quando l’Inter è tornata a competere per un ruolo di rilievo nell’Europa che conta è riuscita a superare il girone solamente sotto la guida di Simone Inzaghi (nello specifico ieri il suo posto in panchina era occupato dal suo secondo, Farris, causa squalifica), in due tentativi su due.

Surclassando in casa i cechi del Viktoria Plzeň per 4 a 0, l’Inter elimina qualsiasi barlume di speranza per gli uomini di Xavi e condanna i blaugrana alla matematica esclusione alla fase successiva della Champions League facendoli retrocedere nell’Europa calcistica che conta un pochino meno. Finalmente l’Inter fa quel che deve fare una squadra del suo calibro in situazioni di questo genere, e, dunque, vince la partita da vincere senza complicarsi la vita e allontana, almeno per una sera, il famoso l’appellativo “pazza”.
Quest’anno, però, la qualificazione agli ottavi di Champions arriva in maniera speciale, e non solo per essere riusciti nell’impresa con una giornata di anticipo nonostante un girone di fuoco, dove alla vigilia nessuno avrebbe scommesso sul passaggio alla fase ad eliminazione se non grazie ad un miracolo, soprattutto perché l’Inter raggiunge questo obiettivo (importantissimo) uscendo da un tunnel dal quale non si intravedeva l’uscita, men che meno luce.

La vittoria con il Barcellona a San Siro
ha riacceso quel qualcosa che, evidentemente, si era spento all’inizio della stagione facendo ritrovare coraggio, voglia e a tratti, sì, anche una buona dose di fortuna (vedi Firenze), tutti elementi necessari per poter svoltare e tornare ad essere coesi, squadra.
Rendere l’ultima partita del girone di Champions, a Monaco contro il Bayern, un’occasione per poter fare turnover dando riposo a chi non ha avuto modo di riprende fiato in quest’ultimo periodo di “finali” è di certo un lusso; d’altro canto anche un’opportunità per quei giocatori che hanno avuto meno minutaggio così da potersi mettere in mostra (anche se sinceramente le gerarchie sembrano essere abbastanza chiare e stabili).

La riprende Inzaghi

Inzaghi centra un primo “obiettivo” stagionale (tra virgolette perché l’Inter in Champions dovrebbe sempre puntare in alto) rialzandosi ad un passo dal baratro, sorprendendo tutti proprio come ha sorpreso questa qualificazione anticipata. Come abbiamo prontamente puntato il dito contro il mister, elencando i suoi oggettivi ed innumerevoli demeriti dall’inizio della stagione in corso fino ad un paio di settimana fa, così dobbiamo congratularci con lui per essere riuscito ad uscire da una situazione dalla quale di solito non si esce. Inzaghi è stato in grado di giocarsi benissimo le uniche carte che gli rimanevano nel mazzo in una mano che sicuramente non lo vedeva partire come favorito. Già dalla gara contro la Roma, nonostante la sconfitta e la conseguente consapevolezza di essere appeso ad un filo, si era intravisto quel bel gioco che proprio un anno fa sempre contro i capitolini si riusciva ad esprimere senza troppe paturnie. Ma si sa, nel calcio comanda il Dio dei risultati e proprio quando sembrava impossibile per il mister piacentino raddrizzare la sua avventura in nerazzurro ecco che arrivano le partite della rinascita contro avversari più che ostici: Barcellona, Sassuolo, di nuovo Barcellona, Salernitana, Fiorentina ed infine la sfida di ieri sera a San Siro con il Viktoria Plzeň. Una serie che ha rinsaldato la posizione di Inzaghi in panchina e anche di alcuni giocatori in campo, perché diciamolo, se molte colpe di questa falsa partenza stagionale sono imputabili al tecnico è anche vero che altrettanti errori dal punto di vista psico-fisico erano a carico di vari calciatori. La bravura di Inzaghi è stata quella di aggrapparsi all’unico appiglio disponibile e non mollarlo, appiglio che ad esempio il suo collega Allegri non ha ancora trovato nella Juventus, cadendo così nel baratro.
Oggettivamente il mister nerazzurro ha dei limiti che sembrerebbero essere intrinsechi nel personaggio, tant’è che nonostante ci abbia sbattuto la testa diverse volte continua a ripetere i soliti errori non imparando dagli stessi, il che, per essere un allenatore a questi livelli, alla lunga potrebbe diventare, in realtà già lo è, un problema.
Dall’altra parte della medaglia però c’è una capacità altresì rara di rialzarsi da situazione scomode, qualità, quest’ultima, non banale per chi è in continua esposizione.
Inzaghi si riprende Inter, Champions e fiducia, ora testa alla rimonta in campionato e preghiamo per un altro miracolo visto che ad uno abbiamo già assistito.

Le anime della squadra e il risveglio di Lukaku

L’Inter in campo a tratti è una bellezza ma a tratti è frenetica come se ci fossero ancore dei piccoli strascichi di questa partenza diesel, d’altronde la posta in gioco era alta e solo dopo il primo gol rilassatezza e coscienza di superiorità l’hanno fatta da padrone portando alla larghissima e meritatissima vittoria.
Alcuni giocatori in particolare stanno dimostrando di essere pedine su cui poter contare senza remore, di essere l’anima di questa squadra.
Dimarco è il primo della lista. Nettamente il più in forma, per distacco. Sembra il marchingegno “sparapalle” ideato dal padre di Agassi, mette in area palloni su palloni precisi e puntuali, tecnicamente non è incappato in errore, un pericolo costante.
Altro giocatore che si risparmia mai e che sta davvero dimostrando che per lui il Mondiale è pensiero remoto è Lautaro Martinez. Ennesima prestazione maiuscola, l’argentino è un vero piacere per gli occhi. Un pressing asfissiante, cattiveria agonistica, tecnica, rabbia nel concludere (seppur non sempre a rete, ahinoi) e altruismo nel servire i compagni. E’ un attaccante atipico, unico, una fortuna potercelo godere e vederlo disputare prestazioni di questo livello.
Dzeko&Mkhitaryan hanno semplicemente dimostrato che a volte, non sempre, l’età è davvero solo un numero; e poi c’è Barella ufficialmente tornato quello del quale ci siamo innamorati appena arrivato in nerazzurro: di nuovo poco sbraitante e nervoso quando è in questa forma è di un’altra fattura.
Mentre, oltre il risultato una buona notizia è il ritorno di Lukaku in campo e al gol. Al gigante belga sono bastati più o meno cinque minuti per ritornare al suo hobby preferito: segnare. La mancanza di Lukaku in una squadra in difficoltà e che, ovviamente, contava sulla sua presenza si è sentita e tanto, ma un ritorno con sblocco immediato dà fiducia al giocatore e serenità all’ambiente.

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Oltre il campo

Dal presidente Zhang a Marotta, entrambi ieri hanno parlato del rinnovo di Skriniar. Effettivamente è un argomento importante quanto imminente perché non si può procedere con la tecnica dell’attendismo sul rinnovo di un giocatore di rilevanza fondamentale. Perché non è solamente un discorso di una eventuale plusvalenza persa qualora il difensore decidesse di non firmare il rinnovo e andar via a parametro zero, in ballo c’è molto altro.
Parliamo del giocatore che vox populi, vox Dei vorrebbe come futuro capitano dell’Inter senza alcun tipo di resistenze. Per svariate motivazioni che possono essere riassunte in evidentissimo attaccamento alla maglia, professionalità estrema e banalmente qualità. Perderlo sarebbe un peccato mortale, soprattutto perché, visto il trattamento riservatogli questa estate, la colpa ricadrebbe in tutto e per tutto sulla dirigenza, non assolutamente sul giocatore.
Dalle parole e da come sono state pronunciate trapela del pacato ottimismo, questa qualificazione di certo aiuterà nella trattativa e speriamo tutti che sia una operazione “alla Brozovic” e non “alla Perisic”. Preghiamo.
Sempre Zhang, a fine gara, ha dichiarato che l’Inter non è in vendita, o meglio, che al momento non è in cerca di investitori.
Ora, che sia vero o meno poco importa. All’Inter, oggi, tutto serve fuorché essere al centro di voci di una cessione della società, voci che naturalmente ci saranno comunque, ma è sempre meglio avere un virgolettato su quale poter contare.
La proprietà, la dirigenza o chi per loro così facendo assume il ruolo di parafulmini (forse in ritardo ma meglio tardi che mai) in un momento dove la tempesta sembra passata ma con questo globale cambio climatico meglio prevenire.