Il momento di Mauro Icardi è sraordinario; il capitano dell’Inter trascina la squadra a suon di doppiette portando i nerazzurri al secondo posto a due lungheze dal Napoli e piazzandosi primo nella classifica marcatori assieme a Immobile. Momento positivo anche nel rapporto con la Curva Nord che l’argentino è riuscito a riconquistare. L’altra sera, alla Sardegna Arena, Maurito ha preso per mano i compagni e li ha trascinati sotto lo spicchio nerazzurro. Una mano tesa verso la sua gente, come dopo il derby, quando ai piedi della Nord dedicò e sventolò orgoglioso la «numero 9» per festeggiare la storica tripletta personale e un esaltante successo nerazzurro. Si auspica ora anche un riavvicinamento formale, con una bella stretta di mano e uno «sponsor» su tutti: Luciano Spalletti, rispettato e amato dall’intero popolo interista. Gran «mediatore» Luciano da Certaldo, che ha sempre esaltato professionalità e dedizione del 24enne di Rosario.

Il rapporto con la Curva Nord si era incrinato dopo l’uscita dell’autobiografia di Icardi che accusava la Nord di aver fatto piangere un bambino dopo Sassuolo-Inter del 2015 («Mi tolgo maglia e pantaloncini e li regalo a un bimbo. Peccato che un capo ultrà gli vola addosso, gli strappa la maglia dalle mani e me la rilancia indietro con disprezzo», il brano incriminato). I tifosi si sentirono presi in giro non da un giocatore qualsiasi, ma dal capitano. Uno come Zanetti o Facchetti. Così, per mesi, Icardi e il cuore del tifo nerazzurro hanno vissuto da separati in casa. Lui segnava, ma non era mai come Altobelli o Rummenigge, eroi di tutto lo stadio. I tifosi più caldi continuavano a sentirsi offesi, infangati da un libro. Icardi esultava senza volgere lo sguardo verso l’alto. Verso il suo popolo.

Poi è arrivato Spalletti, che ha cambiato mentalità e l’Inter è tornata a essere una squadra vera, e Icardi ha continuato a segnare in un contesto diverso. Tre gol nel derby, mostrando la maglia sotto la Curva Nord, e due gol a Cagliari, prendendo per mano i compagni in una corsa sfrenata verso i ragazzi arrivati fin lì semplicemente per urlare «Inter, Inter!». A volte basta questo per vincere. Non è possibile vedere la squadra far festa con i propri tifosi senza il capitano. D’Ambrosio, qualche volta, ci aveva provato: «Dai Mauro, vieni con noi». Niente da fare. Tutti a godere, il «9» no. Il calcio però fortifica le ossa e la fede: 3 gol nel derby e la maglietta mostrata sotto il cuore del tifo nerazzurro avevano già aperto una crepa nell’insensato muro che si era creato. La corsa verso lo spicchio di curva nerazzurra a Cagliari vale tanto, come un’altra vittoria. La Nord e il capitano si riguardano in faccia, la scintilla è già scoccata. Un paio di righe di un libro sono poca cosa di fronte alla passione di un popolo.

(La Gazzetta dello Sport)

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