È Mauro Icardi, capitano nerazzurro, ad aggiudicarsi la palma di miglior giocatore della Serie A 2017/2018. Non un premio di ruolo come miglior attaccante, ma un premio alla globalità del giocatore, a coronamento di una stagione che lo ha visto occupare il posto più alto della classifica marcatori in coabitazione con Ciro Immobile e contribuire, in maniera determinante, al raggiungimento del quarto posto interista. Si può dunque parlare di MVP in senso cestistico, di giocatore più decisivo e importante per la propria squadra. Porta a casa, inoltre, il premio di miglior gol per la rete di tacco contro la Sampdoria a Marassi.

Indispensabile

I progressi di Maurito, nel corso di quest’anno solare, sono stati enormi e lampanti, aldilà di quanto dicano i meri numeri. Non è assolutamente mutato lo stile di gioco dell’argentino, quasi anacronistico nel suo disinteresse verso la costruzione della manovra. Molti indicavano, sin dagli inizi della sua carriera, in tale peculiarità un limite, che gli impedirebbe di essere accostato ad altri centravanti più “moderni”, come Higuain, Cavani e Lewandowski; Icardi ha risposto alle critiche (e a questi impropri paragoni) a suon di gol, quasi sempre decisivi. Non è tecnico quanto il primo, atletico quanto il secondo, e imponente quanto il terzo. E’ una bestia differente, il rosarino. Un attaccante che gioca per sottrazione, cercando di sfruttare ogni minima esitazione della difesa avversaria, e maestro nei movimenti senza palla atti a disorientare i centrali. In questo Icardi non è assolutamente secondo a nessuno. A essere cambiata, a partire dalla stagione scorsa, è l’Inter in cui gioca; merito anche di Spalletti, che ha rinunciato pian piano al tentativo velleitario di imporgli dei compiti non nelle sue corde, dandogli in campo la libertà tattica di cui aveva bisogno e di poter essere decisivo quando e dove conta, senza inutili orpelli lontano dalla porta. Il prezzo da pagare è che, talvolta, Icardi si ritrova isolato per larghi tratti, colpa forse di un modulo che molto spesso lo penalizza, quando le distanze tra attacco e centrocampo non sono ideali. Ma a Mauro una cosa bisogna chiedere; fare gol. E, in questo momento in Europa, sono veramente pochi i giocatori in grado di farlo con la sua prolificità.

Presente e futuro

Rispetto ai grandi attaccanti menzionati prima, ha dalla sua un’età ancora giovane, tutto sommato. Nonostante l’incredibile bottino di oltre 100 gol in serie A ad appena venticinque anni, l’acme dell’argentino sembra ancora lontano; lo testimonia il fatto che le cinque di quest’anno siano le sue uniche presenze in Champions League, sebbene condite da ben tre reti. Sempre guardando alla stagione in corso, la lotta per il titolo di capocannoniere si è fatta ancora più serrata che in passato, complice l’approdo di un certo attaccante portoghese nella massima serie. Ronaldo, infatti, al momento conduce in ex aequo con Piatek del Genoa a 10 reti, mentre il nostro capitano è fermo a otto, l’ultima delle quali proprio domenica sera all’Olimpico contro la Roma. Ci auguriamo che il confronto a distanza di venerdì allo Stadium veda uscire vincitore il nostro capitano. E il futuro? Il nodo relativo al rinnovo non sembra ancora essere stato sciolto, con le due parti apparentemente ancora distanti. Da una parte c’è il rinnovo siglato soltanto pochi mesi fa, dall’altra le sirene spagnole che cantano all’orecchio di Wanda Nara. Però la dedizione alla causa da parte di Mauro è sembrata finora totale e la sua intenzione sembra quella di prolungare il rapporto con l’Inter.