C’erano tutte le condizioni favorevoli per interrompere un digiuno di vittorie in campionato che dura dal 22 gennaio scorso: un avversario che occupa le zone più basse della classifica (seppur rivitalizzato dall’arrivo di Blessin in panchina), il ritorno nella formazione titolare di due elementi cardine come Brozovic e Bastoni, l’ennesimo assist del Milan che perde altri due punti inaspettati in casa contro l’Udinese. E invece l’Inter spreca, colpevolmente, un’altra occasione. Inutile appellarsi alla sfortuna, alla giornata storta, così come è inutile ridurre le problematiche strutturali e tecniche emerse soltanto ai problemi realizzativi dell’attacco.

Già, perché abbiamo assistito ad una partita nella quale il Genoa si è reso più volte pericoloso – soprattutto nel primo tempo – a causa di numerose palle perse in zone pericolose del campo. La squadra di Blessin è spesso arrivata per prima sulle seconde palle, è apparsa organizzata, più decisa nei contrasti, nella reattività e nella lucidità. Sì, l’Inter ha calciato di più verso la porta avversaria (e ci mancherebbe altro…), ha colpito una traversa, ha sprecato una buona chance con Calhanoglu. Poco altro, però. Per il resto si è limitata ad uno sterile possesso palla, manifestando un deficit evidente di condizione fisica ben condensato dalle prove sotto tono di calciatori come Perisic e Barella, due stakanovisti che fino a questo momento non avevano mai lasciato a desiderare sul piano della corsa. Il croato ha ricordato – nostro malgrado – a tutti di aver compiuto 33 anni e la carta d’identità si riverbera inevitabilmente sul terreno di gioco, nel momento in cui sei chiamato a giocare praticamente sempre. Il sardo, invece, ha disputato probabilmente la sua peggior partita con la maglia dell’Inter.

Ok il problema attacco, ma…

Sicuramente esiste un problema offensivo, è inutile negarlo: i numeri, in questo senso, sono diventati impietosi. Basti pensare che nelle ultime tre partite fra Serie A e Champions (Liverpool, Sassuolo, Genoa) la squadra è rimasta a secco: un digiuno inusuale, se teniamo presente l’animo spiccatamente offensivo manifestato dal gruppo da inizio stagione ad oggi. Nelle sette partite disputate nel girone di ritorno, la squadra di Inzaghi ha messo insieme la miseria di 6 gol. Giova ricordare una volta in più che da Dzeko, anche ieri fra i migliori, ha 36 anni e non è giusto pretendere miracoli. Sanchez ha deluso ancora una volta partendo da titolare, per esempio: questo aspetto ha esacerbato lo spirito critico di molti tifosi nerazzurri in merito al mancato impiego di Lautaro Martinez da titolare. Il Toro è stato chiamato in causa soltanto dopo 72 minuti, entrando bene in campo: a posteriori (ma è facile, molto facile), tenerlo fuori non è stata esattamente la scelta più azzeccata. Pesa, inoltre, l’assenza di Correa, che avrebbe potuto garantire strappi ed imprevedibilità in un momento difficile dal punto di vista fisico e psicologico.

Sarebbe però disonesto circoscrivere ogni problematica dell’Inter all’incapacità di buttarla dentro. La squadra di Inzaghi, nelle ultime 10 partite stagionali, ha collezionato soltanto due vittorie nei 90 minuti: quella che ha aperto l’anno contro la Lazio e quella ottenuta all’ultimo minuto contro il Venezia. Decisamente troppo poco. Era preventivabile un calo fisico dopo l’altissimo livello espresso fra novembre e dicembre, ma non così. Quattro partite senza vittoria: per ritrovare un digiuno così pesante bisogna ritornare ad un altro febbraio terribile, quello del 2018 sotto la gestione Spalletti, quando il successo mancò per ben otto gare. Ciò che colpisce, però, è l’incapacità dell’Inter di assestare un colpo al campionato. Perché anche l’anno scorso, in questo periodo, il Milan rallentò parecchio e i nerazzurri riuscirono a prendere il largo, infilando un filotto e scappando verso il titolo. Quest’anno c’era tutto lo spazio per una fuga: non la chiedevamo, sappiamo che la squadra è indebolita rispetto all’annata passata, ma era lecito attendersi un piccolo allungo. L’Inter, invece, sta replicando gli insuccessi di Milan e Napoli, livellandosi anch’essa verso il basso e lasciando campo, chissà, anche alla Juventus di inserirsi per il titolo. Se il passo delle prime è questo, d’altronde, può succedere davvero di tutto.

Scrivere un’altra storia

Il 5 febbraio scorso, nel giro di cinque minuti, qualcosa (più di qualcosa, forse) si è incrinato nelle certezze dell’Inter nel momento in cui il Milan ha ribaltato un derby che era in mano ai nerazzurri. Da quel momento in poi, la squadra di Inzaghi ha pareggiato a Napoli, incassato una sconfitta pesantissima nella sua peggior prestazione stagionale contro il Sassuolo ed impattato contro una delle ultime della classe ieri a seguito di un’altra pessima prova. Se venti giorni fa, a questo punto, parlavamo di casualità, di episodi, di un derby dominato ma perso e guardavamo con fiducia al futuro, oggi dobbiamo ammettere che forse, così casuale, quell’evento non lo è stato. Ha portato a galla anche problematiche psicologiche di questa squadra, che finora non è riuscita a dimostrare di possedere la ferocia agonistica, la voglia, la fame dello scorso anno, quando – anche in un momento di calo fisico – riusciva a conquistare vittorie su vittorie in tutti i modi, anche facendosi “più brutta”.

Tuttavia, il mese di marzo si apre esattamente come quello di febbraio: con il derby della Madonnina. Se un filo si è spezzato un mese fa, martedì l’Inter ha la grande occasione di riannodarlo chiudendo simbolicamente un cerchio (negativo) e dispiegando di fronte a sé la possibilità di un nuovo circolo virtuoso. Da momenti di crisi, molto spesso, ci si tira fuori con grandi vittorie, contro avversari di spessore, quando la pressione sale: l’Inter ha la grande occasione di riuscirci proprio in un derby. Per riscrivere una storia che si è messa di traverso venti giorni fa e capovolgerla, dipingendola nuovamente di nerazzurro.

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.