Quando Stefano Vecchi ha effettuato l’ultimo cambio sul finire di Lazio-Inter al minuto 84, inserendo Banega per Medel, Gabriel Barbosa ha lasciato la panchina e si è diretto negli spogliatoio con il volto che lasciava trasparire un umore nero ed una profonda delusione. Si è trattato dell’ennesima beffa messa in atto dall’Inter nei confronti suoi e dei tifosi, ormai delusi sfiduciati ed imbestialiti. Dopo una stagione oscillante tra il fantozziano ed il kafkiano, pare chiaro come l’unico motivo di interesse e di curiosità (n.d.a. usare il termine gioia” sarebbe eccessivo) per il tifoso nerazzurro sia quello di vedere in campo il giovane brasiliano prelevato in estate dal Santos purtroppo però neanche questa misera consolazione sembra poterci spettare.

Il refrain su Gabigol ha accompagnato questa intera e sciagurata stagione, ed è apparso come un’autentica spina nel fianco per ben tre allenatori, diversi tra loro come storia calcistica, personalità e modi di vedere il calcio, ma uniti nel relegare il giovane brasiliano a mera comparsa in panchina. E dire che le premesse erano state ben diverse dopo la sua presentazione in grande stile ed il video di benvenuto. Per un anno però abbiamo atteso la svolta sua e della squadra e per un anno l’unica cosa che abbiamo ascoltato sono state le solite ed odiose frasi di circostanza sul fatto che non fosse pronto e che il suo momento sarebbe arrivato.

Se effettivamente questo giocatore è stato così tanto voluto e pagato dalla società da far dimenticare altre enormi lacune in squadra perché “dimenticarlo” (n.d.a. uso questo termine per non usarne altri più pungenti e forse più calzanti) in maniera così sistematica e prolungata, quasi scientifica? Qualche giorno fa Ausilio in un delirante colloquio ha preferito non esprimersi su Gabigol lasciando intendere che quel trasferimento è stato fatto per ragioni diverse da quelle classiche del puntare su un giocatore giovane e talentuoso: possibile dunque che il giovane brasiliano, arrivato grazie a Kia, sia stato ostracizzato proprio da Ausilio? 

Gabigol è arrivato a Milano a fine agosto, quando si era appena insediato Frank De Boer, allenatore abituato a puntare sui giovani (n.d.a. vedi Miangue), e prima del suo arrivo lo stesso De Boer aveva spinto per convincere Gabi salvo poi abbandonarlo appena arrivato. Come spiegare questa stranezza? 

Con l’arrivo di Pioli la musica non cambiò molto: Gabriel restò spesso in panchina, giocò qualche spezzone di gara, segnò a Bologna ma ciò non servì a fargli scalare le gerarchie nei confronti di Palacio ed Eder, due giocatori che per motivi diversi non sono in questo momento particolarmente utili alla causa o ben voluti dai tifosi. Possibile che uno dei giovani più promettenti e quotati in sud America non sia in grado di giocare 45 minuti con l’Inter sopra 5-1 in casa contro l’Atalanta e sia dietro nelle gerarchie rispetto ad un 35enne argentino che ormai da tre anni è un ex giocatore?

E da ultimo ecco che anche mister Vecchi non solo lo dimentica, ma non si fa neanche problemi nel criticarlo in maniera pesante, invocando il solito motivetto che non è sempre l’allenatore a sbagliare, e ad annunciare provvedimenti contro il brasiliano.

Al termine di questa infausta stagione la società dovrà spiegare molte cose per tornare in pace con i propri tifosi, e dovrà farlo senza frasi fatte o ritornelli già sentiti. Ed uno degli interrogativi più importanti sarà la vicenda Gabigol.