Dopo la sfolgorante Inter di novembre e dicembre, con il mese di gennaio avevamo imparato ad apprezzare una squadra che – seppur non offrisse più la manovra spumeggiante vista prima di Natale – era in grado di portare a casa sempre e comunque la vittoria. Lo avevamo ritenuto un calo atletico fisiologico. Poi, dopo la sosta di gennaio, a febbraio sapevamo tutti che il calendario sarebbe stato disumano: il doloroso inciampo nel derby – ritenuto un incidente di percorso vista la bontà della prestazione – poi il pareggio a Napoli e la sconfitta immeritata con il Liverpool. Terminata la fase più impervia del calendario, c’era una certezza ad accompagnarci verso il prosieguo della stagione: l’Inter, con le medio-piccole, non sbaglia. E in effetti non era campata per aria: su 32 punti disponibili, l’Inter ne aveva collezionati ben 30, sbagliando solo alla terza giornata a Genova contro la Sampdoria. C’erano tutti i presupposti, insomma, per un nuovo filotto utile a lanciarci verso il titolo, come quello partito con la vittoria sul Napoli e terminato con il pareggio di Bergamo il 16 gennaio.

Purtroppo, la certezza è venuta meno già nella prima partita di questo nuovo campionato che l’Inter si appresta ad affrontare dopo i ripetuti incroci con le big.

Stavolta la sconfitta è (stra)meritata

Se nelle precedenti cinque sconfitte stagionali (Real, Lazio, Real, Milan, Liverpool) la Beneamata non aveva mai sbagliato la partita, questa volta la vittoria dei rivali si è rivelata strameritata. Non si può dire altrimenti di un grandissimo Sassuolo che ha vinto tatticamente prima che tecnicamente: basti pensare alle tre transizioni neroverdi nei primi otto minuti di gioco, l’ultima delle quali ha portato al gol di Raspadori, siglato con la (ennesima) collaborazione di Handanovic. È un chiaro sintomo di una partita preparata benissimo da Dionisi e male da Inzaghi. Oltre a questo, tante possono essere le cause del fracasso: sottovalutazione dell’avversario? Emergere della fatica dopo la dispendiosa sfida (a livello fisico e psicologico) contro il Liverpool? Probabilmente tutti fattori compatibili, che si sono miscelati e hanno offerto ai tifosi nerazzurri la peggiore Inter della stagione.

Il centrocampo ha sofferto tantissimo l’assenza di Brozovic, evidenziando per l’ennesima volta le lacune di rose in quanto ad alternative nel reparto. Tuttavia, ci sentiamo di dire che Inzaghi era a conoscenza dell’assenza del croato: giocare come se ci fosse, nonostante un centrocampo con altre caratteristiche, si è rivelato esiziale. Barella da play è risultato clamorosamente depotenziato, Gagliardini ha fatto tantissima fatica, Calhanoglu di fatto non è mai entrato in partita, limitandosi a qualche buona sventagliata ad aprire il campo. In difesa, Dimarco è stato chiamato a sostituire Bastoni, ma è risultato costantemente in balia di Berardi. Inzaghi ha parlato di problemi di approccio, ma non ci si può ridurre a quello, poiché il Sassuolo si è rivelato superiore nella strategia, nella tattica, nel recuperare palla sistematicamente a centrocampo e contando sulle praterie concesse dall’Inter in ripartenza.

A poco è servito il possesso palla sterile del primo tempo, mentre nella ripresa il tecnico nerazzurro ha deciso giustamente di inserire le tre punte, con Sanchez dietro a Dzeko e Lautaro, oltre a Dumfries per Darmian. Cambi logici, che hanno consentito di abbassare il baricentro del Sassuolo. Le sortite offensive dell’Inter, però, hanno evidenziato disorganizzazione e frenesia, sono risultate figlie del cuore più che della testa, lasciando al contempo enormi spazi agli avversari per dilatare la differenza nel tabellino. Solo uno Skriniar monumentale ha evitato un passivo ancor più pesante. Davanti, poi, il gol sarebbe potuto arrivare, certo. Ma non è successo, ancora una volta.

C’è un grosso problema in attacco

Mai come in questo momento mancano i gol degli attaccanti: si avverte fortemente l’assenza di un bomber capace di metterla dentro con regolarità. Il problema più lapalissiano dell’attacco nerazzurro risponde certamente al nome di Lautaro Martinez, ormai afflitto da un blocco psicologico prima che tecnico, poiché sbagliare un gol a porta vuota – come accaduto nel secondo tempo – evidenzia che il problema sta nella testa. Il Toro sembra aver perso fiducia in se stesso, è costantemente nervoso, reclama falli che non esistono, ma soprattutto non la butta mai dentro. Appare chiaro che, con un Dzeko che a 36 anni non può certo esibirsi in miracoli, un Sanchez che (a dispetto delle dichiarazioni roboanti) alterna partite positive ad altre horror come quella di ieri, un Correa che si è visto pochissimo causa infortuni, le fortune dell’Inter e le speranze di titolo passino dalla resurrezione del numero 10. Dipende da lui, certo, ma anche dal lavoro psicologico che dovrà essere compiuto dal suo allenatore: uno che attaccante lo è stato e può toccare le corde giuste per risalire la corrente.

Come evitare la caduta libera…

Ovviamente, oggi il termine più abusato nel descrivere la situazione dell’Inter è “crisi”. Di certo, ci troviamo dinanzi al primo grande momento difficile della stagione: nelle ultime tre partite di campionato l’Inter ha collezionato un solo punto, perdendo anche con il Liverpool in Champions. I nerazzurri sono ancora in tempo per evitare il crollo, la caduta libera che naturalmente – arrivati a questo punto del campionato – sarebbe sinonimo di “non vincere il campionato”.

L’aspetto positivo è che non è troppo tardi. Non lo sarebbe nemmeno se l’Inter oggi dovesse scivolare al terzo posto, poiché – con la partita da recuperare – sarebbe ancora potenzialmente prima e questo significa che il destino è nelle nostre mani. Non è roba da poco, in una lotta al vertice. Molto passerà dalla capacità di Simone Inzaghi di individuare le contromosse adeguate, a livello collettivo e individuale (lavorando sui singoli giocatori). Il tecnico nerazzurro è intelligente, sa che tutti contro il Sassuolo hanno sbagliato tutto, che la preparazione della partita è stata scellerata: sarà sicuramente in grado di apportare i correttivi e di trarne la lezione più produttiva. In alcuni casi, adattarsi all’avversario (specie quando arrivi dalle fatiche di Champions) non è affatto sinonimo di provincialismo o debolezza, anzi: denota intelligenza. Cosa che l’Inter ieri non ha fatto, concedendo agli avversari esattamente le loro prerogative, ovvero le ripartenze fulminee una volta recuperata palla.

Venerdì si gioca di nuovo, a Marassi contro in Genoa affamato di punti salvezza. Deve essere un nuovo inizio. Quante volte, nella storia dei campionati, delle stagioni, abbiamo assistito ad una sconfitta che funge da svolta in positivo? Tante. Certo, è accaduto frequentemente anche il contrario, con la squadra che crolla a picco. Questa Inter vuole rimanere una squadra che “poteva farcela ma…” o essere vincente? Giunti di fronte a tale bivio, non possiamo che accomodarci e attendere con trepidazione, con tutta la nostra passione, sostenendola sempre.