Le sconfitte di Juventus e Milan avevano dispiegato di fronte all’Inter la possibilità di vivere un weekend eccezionale, ma al contempo avevano fatto sì che la pressione – sugli uomini di Conte – raggiungesse vette insperate ed apicali. Occasione enorme, posta in palio che si alza notevolmente, partita da vincere a tutti i costi. Tre condizioni che – per chi è stato in grado di riscontrare alcune tendenze nell’Inter degli ultimi dieci anni – rendevano improbabile una vittoria nerazzurra, dal momento che la Beneamata ci ha tristemente abituato a sciogliersi nel momento decisivo e quando c’è da fare quel passo in più. Ma questa volta no, questa volta l’Inter ha fornito una prova di maturità non indifferente, nonostante l’avversario fosse rappresentato dalla squadra più in forma del campionato, quella Lazio capace di inanellare sei vittorie consecutive prima della sfida di San Siro.

L’Inter ha disputato una prova che denota intelligenza da top team e finalmente un cinismo che arriva in una delle notti più importanti della stagione. Antonio Conte ha preparato il match alla perfezione, lasciando che la squadra di Simone Inzaghi gestisse il possesso palla per lunghi tratti ma approfittando delle inevitabili palle perse biancocelesti per ribaltare il campo e schiantare l’avversario con i velocisti nerazzurri. Lo ha fatto scegliendo un assetto iper-offensivo, con un centrocampo composto da Hakimi-Barella-Brozovic-Eriksen-Perisic a supporto della coppia d’attacco. Ma l’abnegazione nelle due fasi è stata totale e costante. L’Inter è riuscita a mettere la freccia e posizionarsi davanti al Milan – dopo 22 giornate – scoprendosi matura, consapevole dei propri mezzi, spietata ed evidenziando i notevoli passi avanti compiuti e rivendicati da Conte nella conferenza della vigilia.

Sorpasso targato Lu-La. Ma che difesa…

Gli uomini simbolo del sorpasso di San Valentino non potevano che essere loro: Lautaro Martinez Romelu Lukaku – come nelle notti migliori – trascinano l’Inter verso la testa della classifica. Il belga è eccezionale segnando con la consueta freddezza un rigore pesantissimo – quello del vantaggio – battendo poi Reina anche in occasione del raddoppio, nonostante fosse stata erroneamente segnalata una posizione di fuorigioco, ma soprattutto con l’ennesima prova di forza e la dirompenza che caratterizza il terzo gol. Parolo prova anche a fare fallo, ad aggrapparsi a Big Rom ma non può nulla ed è emblematica la scena in cui – dopo il gol realizzato da Lautaro – il suo sguardo si incrocia con quello di Reina e dà vita ad un’espressione di rassegnazione, quasi a dire “che ci possiamo fare? Non si tiene…”. Impressionante inoltre il fatto che, al termine di una sgroppata del genere, il belga non cerchi la gloria personale concludendo verso la porta ma conservi la lucidità per vedere Lautaro e servirlo a porta vuota. Straripante. Se Conte ieri aveva chiesto al suo attaccante di ritornare ad incidere a seguito di alcune “prestazioni opache”, il numero 9 ha risposto alla grandissima, risultando finalmente decisivo anche nei match in cui la posta in palio si alza. La prova del Toro, suo gemello da un anno e mezzo, non è caratterizzata da un momento così simbolico ma è a suo modo straordinaria: continua spina nel fianco per il pressing che porta sui difensori e i centrocampisti della Lazio in fase difensiva, in attacco si mette in mostra per il solito bagaglio di giocate di qualità. E poi c’è il rigore guadagnato che sblocca il risultato. La rete del 3-1 è un dono di Lukaku che rende merito alla sua grandissima serata. Di fatto, è la rete che riporta tranquillità, poiché arriva dopo che la Lazio aveva siglato il 2-1, accorciando le distanze in maniera fortunosa ma allo stesso tempo pericolosa, visto che la squadra di Inzaghi prende notevolmente coraggio e l’Inter si schiaccia. La rete del pareggio era nell’aria, ma dall’altra parte c’è una coppia da sogno che non può permettere che una notte così importante si faccia incubo.

Il fatto che la Lazio sia riuscita ad andare in gol soltanto sfruttando una fortuita deviazione su calcio di punizione di Milinkovic (probabilmente indirizzato fuori dallo specchio) testimonia l’eccezionalità della fase difensiva nerazzurra. L’uomo copertina del muro è senza dubbio Milan Skriniar, che è insuperabile, invalicabile, un vero santo protettore della porta di Handanovic. Se c’erano ancora dei dubbi, possiamo dirlo senza remore: lo slovacco è ritornato il difensore del primo anno, anzi forse ha alzato ulteriormente il livello, dal momento che ora è più completo e riesce anche a proiettarsi costantemente in fase offensiva ed impostando spesso e volentieri la manovra da dietro. Ottime anche le prove di De Vrij Bastoni, sempre pronti a contrastare le iniziative biancocelesti con una capacità posizionale non indifferente, indispensabile quando il possesso palla è appannaggio degli avversari.

Il miglior Perisic e la maturità dei diffidati

Se parliamo di abilità nel mantenere la posizione, un plauso va certamente a Ivan Perisic, che ieri ha disputato forse la sua miglior partita interista: praticamente a uomo su Lazzari, riesce a contenerlo anche a costo di fare il terzino. Gli sfugge solo una volta, ma in quel caso è bravo Handanovic in uscita ad anticiparlo. Il croato non si rende mai pericoloso in fase offensiva, ma sostanzialmente non ce n’è bisogno: fa il suo dovere in maniera impeccabile e risponde presente alle richieste di Conte, che ormai si fida di lui. Dall’altra parte, Hakimi viene limitato dalla catena Marusic-Acerbi, che funziona bene, ma è lui ad aprire spesso e volentieri spazi a Lukaku. Per quanto riguarda i tre di centrocampo, Conte ha riprovato l’accoppiata Brozovic-Eriksen contemporaneamente dal primo minuto e stavolta è andata molto meglio rispetto alla prova di martedì in Coppa Italia. Il danese si integra ogni giorno di più: la sua qualità non è mai stata in discussione (è lui che dà il via all’azione che porta al rigore), ma ora appare più deciso anche in fase difensiva. Ieri, per esempio, ha aiutato costantemente Perisic su Lazzari ma è stato anche continuo nel marcare a uomo Patric, quando questi avanzava nella metà campo nerazzurra, non lasciandogli il cross facile, soluzione che la Lazio prova spesso. Nota a margine: ha imparato l’italiano. Non è un dettaglio banale. Il croato, dal canto suo, era diffidato come Barella, ed entrambi hanno messo in campo una straordinaria prova di maturità, risultando determinanti e riuscendo anche nell’intento di non farsi ammonire. Difficile, molto difficile quando hai di fronte centrocampisti del calibro di Milinkovic-Savic e Luis Alberto. Il croato si segnala anche per la pressione e il tackle che porta al gol del 2-0 di Lukaku. Il sardo non può sviluppare il suo gioco al 100%, non è sciolto, il fardello della diffida pesa eccome, ma la sua prova è totale, come sempre. Lui, Brozovic e Bastoni non commettono ingenuità e saranno quindi disponibili per la straordinaria sfida di domenica prossima.

Si fa la storia

Una cosa è certa: sarà un derby storico ancor prima di cominciare. Era dall’aprile 2011, infatti, che la sfida fra Milan e Inter non andava in scena in chiave scudetto. A quasi dieci anni di distanza, il derby di Milano torna ad essere la partita più importante del campionato. Non ci sarà nessun reduce da quel lontano 2 aprile 2011: l’unico sarebbe Ibrahimovic, che però allora era squalificato. Quella sfida andò male per i nerazzurri e i rossoneri diventarono dopo poco campioni d’Italia. L’Inter di oggi vuole scrivere tutta un’altra storia. Questo gruppo è in grado di farlo continuando ad isolarsi, insieme al proprio allenatore e guidato da lui, dalle voci esterne e dai passaggi di proprietà. L’identità, il senso di appartenenza di questi ragazzi non è in discussione, così come la loro capacità di essere proiettati all’unisono verso la vittoria. Il primo posto è un premio meritato, per loro e per noi tifosi. Nella notte di San Valentino non abbiamo potuto che innamorarci dello spirito di questa squadra che ora è capolista e al derby ci arriva insperatamente davanti. Fra una settimana arriveranno altre risposte, ancor più importanti.