La fuga di capitali dalla Cina ha provocato la reazione del governo. Nel 2015, sottolinea oggi Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport, si è registrato il boom degli investimenti cinesi all’estero: 145 miliardi di dollari e storico sorpasso sugli investimenti stranieri in Cina (135 miliardi). Nel 2016 si è arrivati a quota 183 miliardi ma quello è stato anche l’anno in cui il debito è esploso del 75% rispetto al 2015. Il governo ha detto basta.

«La fuga dei capitali – spiega Alberto Rossi, analista della Fondazione Italia-Cina – ha portato a un calo delle riserve in valuta estera, che a gennaio sono scese sotto la soglia psicologica di 3mila miliardi di dollari. La preoccupazione sulla tenuta del sistema finanziario è cresciuta via via, i controlli sugli scambi di valuta estera si sono intensificati, tanto che nei primi sette mesi del 2017 gli investimenti oltre confine hanno riportato un calo del 44%. Nel mirino sono finiti gli investimenti irrazionali in settori come l’immobiliare, l’intrattenimento, il cinema e lo sport».

Gli investimenti nel settore sportivo non sono stati bloccati ma fortemente limitati.

«In questo momento il calcio non è in cima ai pensieri del governo di Pechino ma questo non significa che lo stop è definitivo. Certo, se un gruppo cinese volesse acquisire oggi una squadra di calcio troverebbe degli ostacoli, ma chi è già proprietario non è detto che non possa più spendere. Molto dipenderà dal congresso di ottobre del Partito comunista cinese, in cui si deciderà di fatto il futuro politico della Cina fino al 2032. Le vigilie sono sempre molto delicate, assistiamo a riposizionamenti anche da parte delle imprese, che aspettano di capire cosa accadrà».

I CASI INTER E MILAN – La Gazzetta dello Sport prova a tracciare uno scenario di quello che potrebbe essere il destino delle due milanesi: “Suning, il colosso di Zhang Jindong dal fatturato di 60 miliardi di euro, dopo aver investito tantissimi quattrini nell’Inter (oltre 370 milioni in un anno), ha deciso di non dare troppo nell’occhio in questa sessione di mercato, che pure ha contemplato investimenti per un centinaio di milioni. Paradossalmente i destini del Milan sembrano dipendere di meno dalle bizze politiche di Pechino. Il motivo? È vero che l’azionista di riferimento è cinese, Li Yonghong, ma un contributo decisivo all’acquisto del club rossonero è arrivato dal fondo speculativo statunitense Elliott con un prestito di 303 milioni, compresi 50 per il mercato. Non a caso lo stesso a.d. Fassone ha ribadito all’Observer che, «nel peggiore scenario nell’ottobre del 2018 il proprietario del Milan diventerà Elliott».

(Fonte: Gazzetta dello Sport)

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