È stata una partita aspra, piena di duelli individuali, nella quale l’intensità ha prevalso sulla qualità. Lazio-Inter è stata una partita segnata dalle fiammate, ma anche dalla rabbia agonistica: le espulsioni di Immobile Sensi ne sono la fedele fotografia. L’attaccante della Lazio, a prescindere dal fatto che Vidal abbia (sicuramente) accentuato il contatto, è comunque caduto nell’ingenuità di colpirlo, seppur lievemente. Il cartellino rosso al centrocampista dell’Inter – colpevole di una reazione verso Patric – è molto più fiscale e sa di qualche strana forma di compensazione. Una cosa vogliamo dirla: il regolamento del gioco del calcio dovrebbe rivedere la regola che prevede espulsione anche in caso di “carezze” all’avversario. Lo stesso è successo anche ieri in Manchester United-Tottenham, quando l’ingenuità è stata di Martial e la “furbata” di Lamela. Se il regolamento non cambia, è quasi naturale che i calciatori – per assicurare un vantaggio alla propria squadra – si rendano protagonisti di plateali sceneggiate. E le simulazioni sono il gesto più odioso del calcio e dello sport in generale. Chiuso l’inciso, passiamo alla partita.

Superiorità Inter

Dopo una fase di studio iniziale, l’Inter del primo tempo dimostra la sua superiorità nei confronti della Lazio. La squadra di Conte, con il passare dei minuti, macina gioco e occasioni, portandosi in vantaggio con la rete di Lautaro, fino a quel momento apparso impreciso. Lukaku appare invece insolitamente nervoso, regalando soltanto un paio di strappi “della casa”. Ma è il centrocampo, principalmente, a funzionare e ad imbrigliare la Lazio, con il tridente Vidal-Barella-Gagliardini che in fase di non possesso offre delle garanzie. Il sardo occupa spesso la posizione di vertice alto nel triangolo: non è il suo ruolo, ma risulta sempre nel vivo del gioco. Meglio in copertura che in impostazione, ovvio. Un po’ come Vidal, sempre lucido con la palla fra i piedi ma capace di dare sfoggio della sua immensa intelligenza calcistica quando sono gli altri a controllare la sfera, posizionandosi alla perfezione nelle marcature preventive e salvando capra e cavoli in alcune ripartenze biancocelesti potenzialmente letali. E poi c’è la spina nel fianco, Achraf Hakimi: davvero difficile lasciargli commettere un errore, anche se Simone Inzaghi gli mette attorno una sorta di gabbia. Prevedibile, d’altronde, che le difese italiane avrebbero cominciato a dedicargli particolari attenzioni, visto il suo clamoroso rendimento.

Difesa Inter, ancora non va!

La fase difensiva continua a preoccupare. È vero, ieri si è subito un solo gol, mentre tra Fiorentina e Benevento Handanovic di palloni in fondo alla rete ne ha raccolti cinque. Ma i nerazzurri continuano ad apparire sbilanciati. Giusto che Antonio Conte ambisca ad un calcio propositivo, non speculativo e basato sempre sulla propria identità, senza snaturarsi. Ma il tecnico salentino è troppo esperto per sapere che in Italia non si vince con una media di 2 gol subiti a partita. E in questo senso, ci sono dei meccanismi che vanno ancora oliati e degli interrogativi in attesa di risposta. Ivan Perisic da esterno, per esempio, è un costante pericolo per la difesa nerazzurra. Vero che è stato impiegato in duelli diretti con Chiesa prima e Lazzari poi, due degli esterni più insidiosi del nostro campionato, ma l’Inter soffre sempre sulla sinistra. E anche ieri, praticamente tutte le occasioni da rete della Lazio sono nate da quella zona. Compreso il gol di Milinkovic-Savic, sul quale il croato è in ritardo lasciandosi per giunta anticipare di testa. Il suo connazionale Marcelo Brozovic non fa meglio, al momento dell’ingresso in campo: non rincorre quando la palla ce l’hanno gli altri, è pigro, appare svogliato ed infatti sbaglia anche alcuni passaggi facili. C’è da interrogarsi sul rendimento di un giocatore che – dal post lockdown in poi – è altamente scadente.

Chi convince, invece, è Milan Skriniar, alla seconda partita consecutiva da titolare. Ieri all’Olimpico lo slovacco ha interpretato perfettamente il ruolo da terzo di difesa, anticipando spesso e volentieri gli avversari e facendosi valere con alcune discese personali, mostrando anche abilità in dribbling. Sprazzi del vecchio Skriniar, che sembrava destinato a partire e che invece – come nelle più belle storie a lieto fine – potrebbe rivelarsi fondamentale in positivo nella stagione nerazzurra.

Come l’anno scorso?

La partita, per certi versi, è stata simile a quella della passata stagione, disputatasi a febbraio. Era un’Inter leggermente in affanno, che però senza strafare si portò sull’1-0 nel primo tempo meritando il vantaggio. Poi si fece recuperare e addirittura perse la partita per 2-1, complice un Padelli disastroso. Stavolta l’Inter non è uscita da Roma sconfitta, ma anche qui non è riuscita a gestire il vantaggio, né tantomeno ad “uccidere” la partita segnando la rete del 2-0. Eppure, anche ieri, le occasioni non sono mancate. L’Inter però si mostra ancora fragile psicologicamente, lasciandosi trasportare dall’andamento della partita e non indirizzandola come vuole. Eccolo, il famoso step di cui parla Conte, quello che ti consente di poter affermare con certezza di essere una grande squadra. L’Inter invece si porta in vantaggio e vola sulle ali dell’entusiasmo, va negli spogliatoi, rientra bene ma subisce l’inopinata rete del pareggio. Da lì in poi si perde fiducia, rischiando di andare sotto e facendosi sopraffare dagli avversari. L’espulsione di Immobile restituisce coraggio e l’Inter riprende in mano la partita, l’espulsione di Sensi non cambia lo spartito della Lazio, che anche in dieci contro dieci continua nella strenua difesa del pareggio. Anche questo è un segnale. I competitor nerazzurri della scorsa stagione ne ammettono la superiorità. Ma l’Inter deve puntare più in alto.

COMMENTA SUL FORUM

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.