Ospite al Festival dello Sport di Trento, il difensore dell’Inter Andrea Ranocchia ha affrontato diversi temi, tra cui il momento dei nerazzurri, ma non solo.

IL MENTAL COACH – Ero stordito, le cose brutte poi tendi a cancellarle. Facemmo prima una chiacchierata con Stefano (Tirelli, ndr) e poi decidemmo di proseguire insieme a seguito di un impatto molto positivo. Non è facile chiedere aiuto, devi fare un lavoro introspettivo. Non avevo altri modi che chiedere aiuto, ci vuole umiltà e consapevolezza del fatto che puoi anche non farcela da solo. Ho avuto la fortuna di incontrarlo. Ora sto benissimo e quel periodo è ormai passato.

LA FIDUCIA – Fondamentale. Il concetto di professionalità è molto importante, lavoravamo ogni giorno. Un percorso a piccoli passi in cui abbiamo ricostruito ciò che avevo perso. Primi risultati? Quelli dell’Inter speriamo quest’anno (ride, ndr). Ho cambiato modi di vivere gli allenamenti, gestire lo stress, affrontare gli eventi con cattiveria. Abbiamo lavorato su tantissimi aspetti con alcune sedute di box. Un paragone quotidiano con me stesso. Negli ultimi anni non ho giocato molto, ma comunque bene. Il pubblico ha iniziato ad apprezzare gli atteggiamenti corretti, da atleta professionista. Sono insomma riuscito a far cambiare idea a quasi tutti i tifosi, non tutti perché certo, gli haters ci sono sempre. La vittoria più grande non è la fama o il pubblico che ti ama. Conta di più essere tornato Andrea. A gennaio saranno dieci anni di Inter, quando i veterani lasciarono, mi son trovato io a dover rappresentare un gruppo che in quel periodo non andava affatto bene. Con chi dovevano prendersela i tifosi se non con me. Non capivo cosa stesse accadendo, quando sei in mezzo alla tempesta stai fermo e aspetti che passi il prima possibile. Ma se dura tanto, sei costretto a trovare un modo per uscirne. È stata comunque una esperienza incredibile che mi ha fortificare.

CAPITANO DELL’INTER – Indossare la fascia di capitano di una delle dieci squadre più importanti al mondo, è qualcosa che potrò raccontare a mio figlio. Non è da tutti passare tutti questi anni nella stessa società, con gli stessi colori. Uno dei lavori che abbiamo fatto con Stefano è stato proprio quello mentale. Cosa fare e pensare prima di toccare il pallone. Il merito resta quello di dare tutto, il cento per cento. Di più non puoi fare e perciò dopo non puoi neppure rimproverarti nulla.

SPALLETTI, L’ATTACCO AL TIFOSO – Fortissimo il mister. In qualche modo era riuscito a mettere un punto. Quell’episodio fu ripreso da tutti. Ci sentiamo spesso anche oggi, siamo rimasti in ottimi rapporti, lo ringrazierò per tutta la vita. Appena arrivato si scontrò pubblicamente e nessuno lo aveva mai fatto prima. Mi ha fatto sentire importante per la società. La rappresentava in quel momento, perciò è stato fondamentale. Hull City? Una scelta per rigenerarmi e ricaricare definitamente le pile. Il mister mi disse ‘proviamoci’ e perciò accettai di andare in Inghilterra. Quello è un calcio fisico che mi ha aiutato molto e maturato come calciatore.

L’INTER – Handanovic? Mai visto un professionista così, davvero incredibile, un capitano vero. A me infastidisce quando mi chiamano così, capitano. La fascia la porta Samir. San Siro? Segnare in quello stadio è qualcosa di incredibile. Al tifoso interista, se dai tutto, ti dà tutto. Compagni? Con loro ho un buonissimo rapporto, scherzo nello spogliatoio, si vede che qualcosa dò se vengono ad abbracciarmi tutti dopo un goly. Conte? Lo conosco da tantissimi anni, abbiamo sempre avuto un grandissimo rapporto. Ci fa correre tantissimo e di fatti sono in grande forma. Dà tutto, migliora tanto i giocatori e per questo è un allenatore davvero forte. Se hai la fortuna di essere allenato da lui in carriera, migliori sicuramente. Speriamo quest’anno di alzare finalmente qualche trofeo.

(TMW)

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