In cinque mesi Luciano Spalletti ha fatto una vera rivoluzione in casa Inter. Il pullman che il 5 luglio scorso portò l’Inter a Riscone, era un pullman della depressione, prima che dei desideri: conduceva in ritiro gli eroi di un settimo posto che si faticava a dimenticare. Quello di venerdì prossimo, come in un transfert o in un sogno, trasporterà a Torino l’Inter prima in classifica e sarà colmo di ambizioni, di occhi di tigre, come se fosse un altro gruppo, un’altra squadra. Eppure la differenza tra quell’Inter trsite e questa, a livello di organico, è rappresentata solo da Borja Valero e Vecino, a loro volta reduci da un ottavo posto con la Fiorentina, che raggiunsero il ritiro più in là, oltre a Dalbert e Karamoh.

Santon è stato del tutto rigenerato e ora è tornato un giocatore di calcio, mentre appena un’estate fa, nel 2016, tre club ne rifiutarono l’acquisto, più che perplessi dalle sue condizioni, mentre Ranocchia, dopo anni terribili ed esitanti, si è rivisto scintillante contro il Chievo, e sfiorare addirittura il gol quattro volte, un anno dopo la sua ultima da titolare. Spalletti ha parlato a lungo, in campo e fuori, a tutti. Ha convinto parecchi giocatori che il meglio potevano e dovevano ancora darlo, e che l’avrebbero dato. Ha subito individuato in Skriniar un pilastro irrinunciabile, e guardate che riuscita. E intanto sudava sul campo, ricostruendo la fase difensiva, infatti l’Inter ha la miglior difesa della A insieme a Napoli e Roma, ed è l’unica che non ha mai subito gol da palla inattiva. E anche se gli manca in modo lancinante un regista puro, ha costruito un centrocampo di lotta e di governo che in qualche modo ha trovato una quadratura, mentre ha saputo liberare al meglio sulle ali Candreva e Perisic, imponendo loro un lavoro anche di copertura che è un’altra delle chiavi, mentre Icardi continua a segnare come ha sempre fatto, solo un po’ più del solito, e non guasta neppure quello. A Torino l’Inter spera di non soffrire il “miedo escenico” dello Stadium che spesso l’ha tradita. Sarà il terzo scontro diretto, dopo quelli con Roma e Napoli, che giocherà in trasferta, quindi al ritorno li avrà tutti in casa. Spalletti valuta anche questo. Nella sua carriera, quando ha allenato squadre da vertice (Roma e Zenit) non è mai arrivato più in giù del terzo posto, tranne nel 2009. Era una garanzia di successo, lo sciamano, solo che il 5 luglio non ci credeva nessuno.

(La Repubblica)

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