Dopo aver cercato invano nel cielo dell’Europa calcistica la nostra stella, finalmente torniamo ad illuminarci e a splendere proprio quando sembrava che anche stavolta avremmo alzato lo sguardo e trovato il buio.

La vittoria giunta per due a zero contro gli ucraini dello Shakhtar guidati da De Zerbi con l’aiuto del Real Madrid, che ha battuto gli sceriffi del Tiraspol, regala matematicamente e con una giornata di anticipo il passaggio tanto agognato dei gironi di Champions all’Inter.

 

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Inzaghi lo aveva auspicato, riportare l’Inter tra le grandi (per carità non ancora tra le grandissime) d’Europa era un obiettivo ed un desiderio. Passare quei maledetti gironi diventati una montagna troppo alta, ardua da scalare porta ad uno stato di sollievo, liberatorio come ritrovare un qualcosa che ti mancava da tempo, ritrovarlo all’improvviso lì dov’era sempre stato e sentire che nonostante il tempo passato ti è sempre appartenuto. Dopo poco più di dieci anni di tentativi, da quando in Europa l’Inter non solo partecipava ma addirittura vinceva, fino a dimenticarla per anni per poi ritrovarla con le unghie, di giocatori, dirigenti, allenatori ne sono cambiati parecchi e nonostante l’arrivo di uno Scudetto la soglia dei gironi non si era riusciti a valicarla.
Finalmente non è più un’ossessione. Siamo tra le prime sedici d’Europa ma non è da evidenziare solamente il traguardo tagliato bensì la modalità attraverso la quale ci si è arrivati: possiamo dire di aver raggiunto gli ottavi di Champions League convincendo come poche volte in passato.

L’Inter gioca bene

La vittoria contro lo Shakhtar non era scontata, seppur necessaria per chi crede davvero di dover far parte di un certo gruppo di top club europei, soprattutto se si analizza come si conquistano i tre punti e se si ragiona su cosa ci fosse in palio. Una partita da dentro o fuori per il Donetsk, per sperare almeno in una qualificazione in Europa League, un po’ meno decisiva per l’Inter, sulla carta, perché se non fossero arrivati i tre punti tutto sarebbe rimasto in gioco ma da decidere a Madrid contro il Real.
Invece, l’Inter gioca un calcio di qualità, propositivo, spavaldo che va ad aggredire gli ucraini abituati ad impostare e cominciare il gioco dalle retrovie, e concludendo tantissime volte nello specchio della porta difesa dal giovane Trubin con occasioni importanti respinte al mittente (talvolta clamorose, vedi l’occasionissima di Dzeko), antipatica alla dea bendata, porta a casa uno sterile 0 a 0 nel primo tempo.

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Il secondo tempo parla la stessa lingua del primo: un’Inter aggressiva, fisicamente straripante ma soprattutto tecnicamente superiore alla lunga viene premiata e con la doppietta del cigno di Sarajevo stende lo Shakhtar e lo elimina da ogni possibile competizione europea, almeno per quest’anno.
L’Inter, così, è una squadra a dimensione Champions, determinante quando deve, senza farsi prendere dalla foga di dover vincere a tutti i costi una partita che va davvero vinta a tutti i costi, compatta difensivamente e che non ha paura di alzarsi ed attaccare con otto uomini.
Gioco convincente, giocatori convinti, allenatore coinvolto: è la strada giusta che speravamo di intraprendere, il tempo sta ripagando Inzaghi.

Inzaghi incide

Il tempo è padrone nel bene o nel male di tutti noi ma degli allenatori un po’ di più. Tra campionato e Champions Inzaghi era partito sicuramente con alcune sbavature, comprensibili e prevedibili.
Aveva perso qualche punto in campionato, ritrovandosi a dover compiere una rimonta che a -7 sembrava, appena due settimane fa, difficilmente possibile su Milan e Napoli ed una classifica in Europa che vedeva ad un certo punto lo Sheriff in dirittura d’arrivo verso gli ottavi. Tutt’altro che una partenza straripante, nonostante era visibile un approccio diverso e quindi non ancora totalmente assimilato dai giocatori.
In quattro partite cambia tutto.
Tra Sheriff, Milan, Napoli e Shaktar l’Inter dimostra di aver superato la fase di apprendimento e di trovarsi in quella dell’attuazione. La squadra di Inzaghi ha un’identità, gioca un bel calcio (ancora con delle sbavature) rivolto a far male all’avversario piuttosto che pensare solo a non subire e i risultati si vedono. Se non fosse per quel difetto di voler fare cambi su cambi anche quando non è propriamente il caso (parliamo della sfida con il Napoli, ma solo per citarne una), Inzaghi ha trovato la quadra e la sua Inter non va più aspettata perché è arrivata.
Ieri sera a San Siro ha dominato non solo la partita ma anche la gestione emotiva della squadra, ricordiamo che per la matematica non era una gara da dentro o fuori ma andare a giocare una partita decisiva a Madrid non è mai piacevole e soprattutto semplice. Invece la sua Inter porta con sé meno pazzia (sempre nei limiti del possibile, il nostro DNA è quello) e più serenità in campo, per il risultato, e fuori, per la qualificazione in anticipo.
Inzaghi ha portato a compimento il periodo di gestazione, la sua creatura ora inizia a muoversi in autonomia e se riuscirà a migliorare alcune piccole mancanze, vada come vada, ci si divertirà.
Nel frattempo è riuscito dove Spalletti e Conte non sono riusciti, sì ha ereditato una squadra forte ma da giugno non è stato tutto proprio rosa e fiori per lui e seppur non si vogliono fare paragoni e sminuire nessuno, in un mondo dove i numeri e i risultati contano è giusto sottolineare che sia stato l’unico a riuscire nell’impresa di uccidere i gironi dell’Europa che conta.

Perisic e Cahlanoglu

Il salto di qualità, oltre che per l’attitudine imposta da Inzaghi, è giunto anche grazie al rendimento di alcuni giocatori, uno su tutti ieri sera, ma non solo ieri, che stanno determinando i risultati ed uno di questi è senza ombra di dubbio Ivan Perisic.
Il croato ha disputato una partita impeccabile difensivamente, offensivamente, mentalmente, fisicamente e incisivamente. Non è la prima della stagione, sta crescendo di pari passo con la squadra ma Ivan, per nostra fortuna, se è in condizione come in questo momento è un calciatore che può dare un valore aggiunto notevole.
Lo ha dimostrato contro il Donetsk perché è stato dominante, dall’assist per il raddoppio di Dkezo ai recuperi difensivi, al voler puntare l’uomo e superarlo, sempre. E’ in uno stato di grazia, noi purtroppo lo abbiamo visto anche quando in questo stato non ci si trovava, ma vogliamo credere che abbia trovato il suo spazio psico-fisico e che possa continuare a deliziarci con prestazioni di questo calibro.
Altro elemento che dal derby in poi ha totalmente invertito rotta dal punto di vista del rendimento è Calhanoglu. Dicevamo che oltre a Barella e Brozovic Inzaghi avrebbe dovuto trovare un terzo di centrocampo di cui fidarsi e le buone uscite di Vidal facevano ben sperare, ma da qualche gara a questa parte la titolarità di Calhanoglu non è in discussione. Per natura discontinuo, ieri sera ha centrato un’altra buona prestazione seppur senza reti o assist. Affidabile, preciso, ordinato è sulla buona strada per far fare quel salto di qualità alla propria carriera, speriamo non si perda.

Brevissima riflessione su Ranocchia. Non è stato facile in questi anni per lui stare all’Inter, lo ha sempre fatto con eleganza anche quando non era dovuto. Sta rispondendo alle chiamate in causa in maniera ineccepibile. Il che non è semplice e scontato, bravo.

Non sappiamo ancora se come primi o secondi del girone, contro chi giocheremo e come arriveremo al post-girone, l’unica certezza è che giocheremo un ottavo di Champions dopo una decade e per ora, sinceramente, a me va bene così.

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