La vittoria di Crotone, l’entusiasmo dilagante negli spogliatoi al ritmo di “La capolista se ne va!“, il pareggio dell’Atalanta a Reggio Emilia che ha consegnato aritmeticamente lo scudetto numero 19 all’Inter, la festa in Piazza Duomo, a Milano, in Italia e nel mondo. Mercoledì 5 maggio – scherzo del destino – la grande festa ad Appiano Gentile con dirigenza e presidente presenti. Poi, negli ultimi giorni, le prime indiscrezioni sul piano di Steven Zhang e del gruppo Suning in vista della prossima stagione, orientato sul taglio dei costi e sulle ricontrattazioni con alcuni top player della rosa nerazzurra. Alcuni giornali italiani hanno ben pensato di cavalcare l’onda per sentenziare – sulla base di discutibili certezze – a proposito di uno spogliatoio in rivolta, malumori, rabbia ad Appiano. Quale occasione migliore per rispondere e zittire chi sta vivendo – loro sì – con rabbia e astio questo momento, se non la prima partita a San Siro da Campioni d’Italia? D’altronde, il clima di festa si respirava già all’esterno del Meazza prima della partita, con le migliaia di tifosi nerazzurri in festa ad accogliere trionfalmente il pullman nerazzurro. E la squadra, ancora una volta, non ha deluso. Gli uomini di Conte, essenzialmente, hanno fatto quello che nel corso della stagione è riuscito loro meglio: non vincere, bensì stravincere. Annientare la concorrenza, ancora una volta. Dispiace per la Sampdoria, che prima della partita si è resa protagonista di un bellissimo gesto che porta la firma di Claudio Ranieri: la passerella – con tanto di applauso – ai campioni. Onore ai blucerchiati.
Inter, ma quanto sei bella?
Antonio Conte ha scelto di ricorrere ad un ampio turnover: rispetto all’onze de gala ben riconosciuto – soprattutto nel girone di ritorno – sul prato di San Siro sono scesi solo Handanovic, Bastoni, Hakimi, Eriksen e Lautaro. Ciononostante, i nerazzurri non ne hanno affatto risentito: 5-1 senza appelli. Una difesa inedita, che da Reggio Emilia (28 novembre) in poi non aveva mai rinunciato ai due terzi della retroguardia, come accaduto ieri, ha concesso poco alla Sampdoria, il cui gol è arrivato solo dall’ennesima incertezza di Handanovic. Fa specie il fatto che le ultime tre reti subite dai nerazzurri siano ascrivibili esclusivamente a responsabilità del portiere sloveno, a testimonianza di come la fase difensiva funzioni a meraviglia. Sulle fasce, Hakimi e Young hanno disputato un’ottima partita: il primo è andato vicino a un gol epico partendo dalla propria area di rigore e vedendosi negare la prodezza solo da uno straordinario intervento di Audero, il secondo ha servito l’assist dell’1-0 a Gagliardini, in uno dei numerosi affondi a sinistra.
Per quanto riguarda il centrocampo, se Eriksen rappresenta ormai una certezza, colpiscono invece le brillanti prove di Vecino e Gagliardini: l’uruguaiano è colui che fa partire l’azione del gol che sblocca il match, il secondo è goleador in quella stessa circostanza ed assist-man sul 2-0 di Sanchez. E, a proposito di Nino Maravilla, il cileno disegna calcio per 55 minuti, segna due gol (il secondo è un’opera d’arte da fenomeno) prima di uscire a causa di un piccolo affaticamento all’adduttore. Doppietta per lui e tanto, tanto spettacolo. Si sblocca Lautaro, che non segnava dal 7 aprile contro il Sassuolo, grazie a un calcio da rigore abilmente guadagnato dal subentrato – e sempre impeccabile – Barella, il cui assist per il 4-1 è delizioso e geniale. Ci si aspetterebbe l’ingresso in campo di Lukaku, ma non ce n’è bisogno, perché questa Inter è bella e totale: le copertine arrivano per il gol di Pinamonti, che si commuove e poi ammette di aver vissuto la stagione che più lo ha migliorato individualmente, nonostante abbia disputato un numero esiguo di minuti. Antonio Conte: un nome, una garanzia.
La dolce ossessione
Sul 5-1 per l’Inter, minuto 87, chi era attento ha avuto modo di ascoltare a chiare lettere il tecnico nerazzurro urlare ai suoi – anche con una certa carica agonistica – “fate attenzione!”. Sono questi i segreti di un vincente che ha trasportato la sua mentalità ad Appiano Gentile. I calciatori, con la massima disponibilità, ne hanno assorbito ogni sfaccettatura e sono entrati in simbiosi con il proprio condottiero. Un’ulteriore riprova quella di ieri sera quando, nonostante uno scudetto già vinto e un’inerziale tendenza a rilassarsi, gli uomini in maglia nerazzurra non hanno mollato di un centimetro e si sono presi i tre punti con una voglia pazzesca e una prestazione straripante. Conte, nel post-partita, ha detto che per i suoi ragazzi la vittoria deve diventare “un’ossessione, una droga“. Bisogna raggiungerne l’assuefazione e mantenerla in ogni circostanza, anche quando il traguardo è stato raggiunto. E ieri, senza la pressione di uno scudetto in arrivo, la squadra nerazzurra lo ha fatto sulle ali dell’entusiasmo, con una spensierata leggerezza che ha fatto divertire (e inorgoglire) ogni tifoso della Beneamata. Non possiamo che provare fierezza nei confronti di un gruppo del genere, che dimostra ogni giorno un attaccamento forte a questa meravigliosa maglia. Parliamo di una base giovane, che ha ancora margini di crescita, come Conte stesso ha sottolineato. Nello scorso agosto, in questa sede dicevamo a chiare lettere che lasciare – per il tecnico salentino – sarebbe stata una follia. Lo ripetiamo ancora, con rinnovata e altrettanto ferma convinzione . Non sciupiamo tutto a causa di un’altra estate segnata da investimenti inesistenti: Conte sa lavorare con il materiale che ha a disposizione, lo ha ampiamente dimostrato. È il migliore ne farlo. E l’ambiente Inter sa riconoscere i suoi immensi meriti. L’invito è quello di riprovarci, il nuovo sogno quello di aggiungere una stella sul petto.