Tutto il lavoro ben svolto fin qui si conclude. La striscia di risultati positivi, la doppia sfida con il Barcellona, il clamoroso passaggio del turno in Champions e l’idea che la strada intrapresa fosse quella giusta per poter tornare a dire la propria in campionato, finisce ogni cosa dopo i 90 minuti di Torino.
Tutto svanito dunque, ma d’altronde è così quando si è indietro e bisogna rincorrere, anche se si allunga il passo per cercare di ridurre la distanza da chi ci precede basta un piccolo inciampo per ritornare alla distanza iniziale, soprattutto se chi corre davanti a noi non si ferma mai e poi mai.

La sconfitta di ieri sera a Torino contro la Juventus rallenta, per usare un eufemismo, l’Inter e la allontana quasi definitivamente dopo sole tredici giornate di campionato dall’obiettivo stagionale primario: lo scudetto. Nonostante il buon mese di ottobre la partita contro la Juventus era fondamentale per tenere vive le speranze di una eventuale, difficile, complicatissima rimonta sul Napoli e per rimanere aggrappato al gruppone per la zona Champions.

La prossima settimana sarà cruciale per i nerazzurri: con il sorteggio della prossima avversaria agli ottavi in Europa e con le due sfide di campionato contro Bologna ed Atalanta che faranno da spartiacque per riprendere in mano una stagione potenzialmente molto fallimentare e riassestarsi per cercare di compiere una rimonta impossibile.
Notte fonda per Inzaghi e i suoi che, per colpe reciproche, si ritrovano a doversi guardare per l’ennesima volta in questa stagione negli occhi e capire come poter andare avanti insieme, finché andare avanti insieme sarà possibile.

Sconfitta di testa

Il 2 a 0 subìto è frutto di fantasmi del passato e di una tendenza che, purtroppo per noi, sta diventando il nostro presente e che ci auguriamo non faccia parte del nostro futuro. L’Inter ha disputato una gara adattandosi al ritmo della Juventus, perciò, si è ritrovata ad esprimere un calcio lento e compassato, tenendo la partita aperta e in una fase di stallo fino al momento in cui la Juventus non ha trovato il modo (e la fortuna) per far male e lì, senza una reazione forte, la partita è entrata nella loro orbita dalla quale non è più uscita.
La differenza di qualità, di spessore tra le due squadre a livello tecnico si è percepito fin dal principio. L’Inter poteva senza ombra di dubbio vincere la partita se solo avesse provato a giocare da Inter e cioè come ha dimostrato di saper giocare nelle ultime settimane. Invece no, ha iniziato con un possesso palla lento e sterile facendo il gioco della Juventus che, coprendosi con estrema compattezza, non ha praticamente mai lasciato degli spiragli dover poter far male. L’ennesima partita che si cerca di giocare più in base a come si comporta la nostra avversaria piuttosto di esprimere il nostro calcio, a prescindere da chi scende in campo di fronte a noi. La Juventus voleva indirizzare il match su una chiusura ermetica della propria difesa per poter poi colpire in contropiede, sperando, naturalmente, di rimanere in gara almeno fino al 60°, e così è stato.
Se l’Inter fosse riuscita a giocare, o avesse perlomeno cercato, un calcio più aggressivo con un pressing deciso (e soprattutto coordinato visto che hanno pressato a fasi alterne solamente Lautaro e Barella) volto a passare in vantaggio e poi, semmai, gestire, sicuramente la partita sarebbe finita con i tre punti portati a Milano, o almeno ci sarebbero stati meno rimpianti. Nulla di tutto ciò, l’Inter intaglia delle trame intrecciate, è compassata, come se conoscendo la propria superiorità non si impegnasse più di tanto ad esercitarla in campo. Il grandissimo rammarico nasce proprio qui, da una sensazione di non voler spingere più di tanto per contenere energie, per paura, per eccessiva fiducia nei propri mezzi, fatto sta che il primo tempo si chiude sullo zero a zero senza neanche aver cercato di trafiggere più di tanto la difesa della Juventus per la goduria bianconera e nel secondo tempo due contropiedi (ostacolabili spendendo un giallo) hanno trafitto il cuore dell’Inter.

Bivio Mondiale

Naturalmente, ora, la situazione è tornata ad essere quella di un mese fa, in particolare per il mister. Inzaghi ha una settimana per scrivere il suo futuro in nerazzurro e la dirigenza idem per poter riflettere su come comportarsi con l’allenatore piacentino. I numeri che allontanano Inzaghi dalla panchina dell’Inter sono: -11 dal Napoli capolista, 5 sconfitte di cui 4 negli scontri diretti (la debacle con l’Udinese la consideriamo come un errore di percorso) e 19 reti subite, le stesse della Salernitana. Ovvio, con Bologna in casa ed Atalanta fuori, non ci si può permettere di fare passi falsi: dato per assunto che oramai la lotta scudetto è una questione a noi estranea, d’altro canto non bisogna abbandonare il gruppo Champions che ora dista “solo” 3 lunghezze e quindi è una situazione ancora recuperabile. Perdere altro terreno vorrebbe dire compromettere anche l’entrata nell’Europa che conta visto che le squadre che partecipano a questa lotta sono almeno sette (noi compresi) per quattro posti e, da qui a domenica, si decide il futuro della nostra stagione.
Qualora l’Inter dovesse vincere entrambe le partite e magari qualcuna lassù dovesse rallentare, la pausa per il Mondiale potrebbe dare un’opportunità importante alla squadra di rimettere a loro posto le belle idee espresse in campo ultimamente, visto, tra l’altro, che l’Inter non ha moltissimi calciatori da dar in prestito alle Nazionali. Sarebbe, anzi, una buona occasione per far mettere minuti nelle gambe di Lukaku, ad esempio, sempre che riesca a parteciparvi.
Nel caso in cui, invece, Inzaghi non riuscisse a portare a casa i famosi sei punti e quindi non riuscire a vincere l’ennesimo scontro diretto, ergo, contro l’Atalanta, beh in quel caso probabilmente non si avrebbe altra scelta se non quella di un traghettatore per cercare di dare quella famosa scossa che è arrivata solo per poche partite.

Le colpe

Quali sono le motivazioni di questa roboante sconfitta e di chi sono le colpe di questo andamento nelle partite di cartello? Come sempre, quando un qualcosa non va e si ripete nel tempo probabilmente le “colpe” sono di tutti.
Partiamo da dove abbiamo terminato: l’allenatore. Inzaghi, lo abbiamo detto e ridetto, ha dei limiti nonostante sia in grado di far esprimere un bel calcio all’Inter, è ancorato a delle convinzioni che lo portano a renderlo statico nel modulo e, soprattutto, non decisivo nei momenti chiave di una partita: non arriva mai un cambio determinante, non arriva mai un cambio “diverso”, talvolta, il cambio, non arriva proprio, talmente tardivo da essere inutile.
Ma non tutto è da imputare all’allenatore. Ci sono degli atteggiamenti in campo da parte dei giocatori incomprensibili, ieri, in particolare, sembrava di vedere una squadra alla quale quasi non andasse di star lì in quel momento. Mai un contropiede rapido, mai una ripartenza, mai il coraggio di un’apertura o di fare un dribbling per saltare l’avversario; è tutta una manovra lenta a far girare questa palla che all’ennesimo passaggio indietro vorrebbe tentare il suicidio bucandosi da sola. Una tendenza da parte dei giocatori di cercare sempre lo scambio, il fraseggio stretto, anche in piena area avversaria, quasi come se il gol non valesse se la palla non venisse toccata da tutti e undici gli elementi; beh, contro la Juventus tutto ciò non è ammissibile. Che senza un guizzo la gara si sarebbe persa era chiaro fin dal primo tempo (regalato come spesso ci accade di fare) la responsabilità più grande è non aver neanche cercato di invertire quel brutto andamento.
Fare dei nomi su chi non si sta applicando come potrebbe non avrebbe senso perché il discorso è collettivo se si pensa che Skriniar ieri è stato uno dei peggiori in campo; l’unico che possiamo togliere dalla lista è sicuramente Lautaro che anche quando non gioca al suo massimo, tipo ieri sera, dà comunque un qualcosa alla squadra fosse anche solo la voglia.
Dunque, una terribile sconfitta contro una delle peggior Juventus degli ultimi dieci anni ci porta nell’abisso più profondo ma ci dà anche la possibilità di capire come poter risalire visto che peggio di così non potremmo stare, per capire come risalire definitivamente l’Inter ha un settimana e da lì, decidere se continuare la risalita con o senza Inzaghi.

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