Soltanto un ingenuo, o taluni che vantano poca esperienza di calcio, di Inter e della sua storia, potevano pensare che i nerazzurri avrebbero avuto vita facile contro il Torino nel pomeriggio di ieri. Fermarsi alla classifica, in questi casi, è azione troppo superficiale. Quando si affrontano, in una fase già avanzata della stagione quale quella di ora, squadre alla ricerca disperata di punti salvezza, a casa loro, bisogna già preventivare una battaglia. Se poi questo avversario si chiama Torino e, nonostante una qualità non eccelsa, ha nel suo DNA la lotta nel fango per avere la meglio di avversari più quotati, e specialmente gioca con il modulo a specchio, il 3-5-2, è normale attendersi un pomeriggio complicato. Per l’Inter, il Grande Torino è d’altronde uno stadio ostico: negli ultimi sei precedenti due vittorie, due pareggi e due sconfitte. C’era da soffrire e i nerazzurri, effettivamente, hanno sofferto.

Vecchi limiti e…vecchi interpreti

L’abulia interista andata in scena per gran parte della partita, specie nel primo tempo, è da ascrivere sì ai demeriti nerazzurri, ma anche ad una partita preparata alla perfezione da Davide Nicola. Una fase difensiva quasi impeccabile quella granata, che non si sono neanche risparmiati un’occasione clamorosa, come quella del palo colpito da Lyanco. L’Inter, invece, è andata davvero vicina al gol solo con il colpo di testa di Lautaro Martinez nei primi minuti. Nel secondo tempo i colpi di testa di Skriniar e Gagliardini si sono rivelati imprecisi. La versione nerazzurra andata in scena al Grande Torino è quella tipica nel momento in cui si affrontano squadre estremamente chiuse, e così ritornano alla mente le brutte serate di Champions League, la sconfitta contro la Sampdoria, il pareggio a Udine. L’Inter, però, ci aggiunge una quantità di passaggi sbagliati non indifferente: con i difensori in fase di impostazione, con le spente ali Hakimi e Perisic, con un compassato Brozovic, con un impreciso Barella. A fianco a questi ultimi due, Roberto Gagliardini, chiamato in causa complice l’infortunio di Vidal e un Eriksen non al meglio. Il centrocampista italiano, utile nei duelli fisici, è colpevole però di far perdere puntualmente un tempo di gioco ai suoi, e risulta particolarmente inadatto se consideriamo la tipologia della partita, nella quale bisogna trovare in ogni momento il pertugio adatto per imbucare e scardinare la serrata difesa avversaria. L’Inter, in generale, gioca una delle partite più brutte della sua stagione. Ma vince. E questo non è un particolare da trascurare, anzi.

I due gol per parte che arrivano sono questione di calci piazzati: l’Inter ci riesce solo su calcio di rigore, situazione nella quale Romelu Lukaku mette in mostra la sua proverbiale freddezza dal dischetto, nonostante una brutta partita nella quale si vede pochissimo. il Torino, invece, trova il gol grazie agli sviluppi di un corner in una situazione molto confusa, nella quale i nerazzurri reclamano una spinta su Skriniar. Un match così bloccato, tattico e teso non poteva che “stapparsi” da calci da fermo. E all’Inter, per vincerla, serve qualcosa in più.

La svolta di qualità e l’incornata del Toro

Nei due gol dell’Inter, è ben impressa la firma di Christian Eriksen Alexis Sanchez, due subentrati. Il danese per il succitato Gagliardini, il cileno – con una mossa coraggiosa – per Brozovic, da trequartista. L’Inter cerca il gol con la coppia Barella-Eriksen a supporto di Sanchez, Lautaro e Lukaku: alla disperata, per una vittoria fondamentale. Che arriva. Nel primo gol, Eriksen risulta fondamentale nell’azione che conduce al calcio di rigore: passaggio di prima verso Lukaku che rappresenta una discontinuità verso il palleggio sterile orizzontale andato in scena fino a quel momento. Nel secondo gol, invece, è Sanchez a trovare il cross verso un Lautaro che fino a quel momento era risultato leggermente lezioso e impreciso. Ma il gol che regala all’Inter i tre punti è un gioiello, poiché arriva con una coordinazione precaria e, nonostante questo, il numero 10 nerazzurro riesce ad indirizzare ugualmente il pallone con forza verso l’angolino lontano, lasciando Sirigu senza scampo. Ecco, quello che serviva: un’aggiunta di qualità, rappresentata da Eriksen e Sanchez, ma soprattutto la giocata da campione: Lautaro forse non lo è ancora, deve trovare costanza all’interno della partita, ma comincia a somigliarci molto. Trovare una prodezza del genere, a quattro minuti dalla fine, in una partita così tesa, difficile e nello stesso tempo determinante per il campionato nerazzurro non è da tutti. Lautaro lo ha fatto e rischia di aver segnato uno dei gol più importanti della stagione nerazzurra.