Ci siamo quasi. Domani sera l’Inter affronterà quella che è certamente la partita più importante del campionato, in quanto destinata ad influire significativamente sulla prossima stagione: in ogni caso ci sarà il ritorno alle competizioni Europee ma è ovvio che l’auspicio di tutti (noi) sia quello di poter adornare la nuova maglia appena presentata con la patch della Champions League invece che con quella meno cool della Europa League.

“Teso? No, oggi no!” (semicit.)

L’importanza della partita in questione è vieppiù confermata dalla tensione, quanto mai palpabile sui social (ma anche nel corridoio dell’ufficio e all’aperitivo sui navigli o all’Arco della Pace), con cui i tifosi nerazzurri si stanno approcciando all’evento (probabilmente questo sta accadendo anche ai tifosi Laziali, ma in fondo, a noi, di loro: “che ce frega?!!”).

Una tensione che i tifosi interisti manifestano nei modi più disparati, passando da miopi e poco empirici atteggiamenti di fiducia “senza se e senza ma” a scetticismi esasperati che culminano nel predire esiti talmente nefasti (per noi) su cui nemmeno il Laziale più fiducioso oserebbe riporre speranza. Nel mezzo, l’approccio più diffuso: ovvero quello del tifoso interista che, da un lato, esterna un sereno e rassegnato pessimismo, dettato dai troppi anni di delusioni e dalle tante (troppe) occasioni non sfruttate nelle ultime stagioni; ma, dall’altro, con una certa discrezione, ha già preallertato la pizzeria (“se arrivi dopo l’inizio del pre-partita non te le pago”), spolverato e disposto sul mobile della TV tutti i cimeli asseritamente “porta fortuna”, gioito per l’assenza di notizie in merito alla presenza all’Olimpico del rapace Thohir e preparato la maglia con cui andare in ufficio il lunedì: un po’ come i bambini che davanti ad un film horror si mettono le mani davanti alla faccia per non vedere, ma poi aprono indice e medio per guardare lo schermo con la coda dell’occhio.

D’altronde gli interisti sono tifosi particolari: da 7 anni ricevono solo delusioni, eppure ogni anno son sempre di più allo stadio (respect!)

I giudizi sospesi: il risultato di Lazio-Inter è davvero così determinante?

Se non può quindi esserci alcun dubbio in merito all’importanza della partita di domenica, c’è però da interrogarsi su quanto effettivamente l’esito dello scontro con la Lazio sia dirimente ai fini di un giudizio obiettivo sull’intera stagione dell’Inter e finanche sull’Inter stessa.

Da questo punto di vista, infatti, ogni giudizio (non solo dei tifosi ma anche dei media, latamente intesi) sembra essere sostanzialmente sospeso in attesa del risultato della partita, come se solo acquisito quest’ultimo fosse possibile compiere qualsivoglia valutazione. Il tutto in linea con un atteggiamento abbastanza tipico per cui, a dispetto di tutti i discorsi sul gioco, le prospettive, la tattica (etc…), alla fine il RISULTATO assurge ad unico elemento di valutazione in grado di determinare gloria o infamia.

Si badi bene, qui non si sta sostenendo la generale irrilevanza del risultato, sarebbe ingenuo ed ottuso farlo. Si sta piuttosto ponendo in discussione il principio per cui sia esclusivamente da questo elemento che possa dipendere ogni giudizio su una squadra o la sua stagione.

Ed allora, mentre tutti sembrano essere pronti a tirar fuori – in caso di sconfitta o pareggio dell’Inter –  il “coccodrillo” che ne annuncia la dipartita o altrettanto pronti – in caso di vittoria all’Olimpico – a tesserne l’elogio, il tentativo che qui si intende fare è quello di andare controcorrente e provare a fare delle riflessioni ed esprimere dei giudizi quanto più lucidi possibili, prescindendo deliberatamente dalla spada di Damocle rappresentata dal risultato che emergerà dalla partita di domenica (anche perché quelli per cui “il risultato è l’unica cosa che conta” sono altri).

Chi tra Lazio e Inter merita di andare in Champions League?

E’ questa una domanda che negli ultimi tempi è stata posta in maniera sempre più incessante a chicchessia.

Volendo prescindere dai giudizi “di parte” (per cui è comprensibile che, già adesso, le vecchie glorie neroazzurre sostengano che l’Inter meriti di andare in Champions e che chi – tutti gli altri, a parte forse i Romanisti – non nutre particolare simpatia per la Beneamata propenda per la Lazio), anche questa domanda sembra destinata a trovare una risposta definitiva (oltre che scontata) solo all’esito del match di domenica, quando sarà facile dire che ha meritato di andare in Champions la squadra che … effettivamente ci andrà! (“e grazie, complimenti per l’arguzia”).

In linea con l’intento perseguito da questo articolo, e volendo prescindere dalle ovvietà a posteriori, però, ritengo che una considerazione doverosa possa essere la seguente: ovvero che se due squadre arrivano a giocarsi all’ultima partita di una stagione l’accesso ad una competizione, forse quell’accesso se lo meriterebbero entrambe; e che la loro stagione è stata sostanzialmente alla pari. Il fatto che poi una possa andarci e l’altra no prescinde completamente dal “merito”, a meno che non si voglia ragionare solo sulla base del crudo risultato conseguito (cosa che si è detto di voler provare ad evitare in questa sede). Il tutto, naturalmente, salvo eventi eccezionali: perché laddove la Lazio battesse nettamente l’Inter, dimostrandosi effettivamente più forte e matura – e andando peraltro a + 6 – sarebbe difficile non sostenere i maggiori meriti dei Biancocelesti. Ma altrettanto non potrebbe accadere in caso di pareggio, magari fortunoso: il risultato sarebbe lo stesso (Lazio in Champions, Inter no) ma la valutazione sul “merito” dovrebbe necessariamente essere diversa.

Pertanto, sempre prescindendo dal risultato di domenica (e salvo gli eventi eccezionali di cui sopra), ritengo che qualunque squadra vada in Champions se lo sarà certamente meritato; ma anche che non necessariamente quella che non ci andrà avrà demeritato. Di conseguenza mi piacerebbe che, all’esito della partita, non si discutesse di “meriti” bensì si analizzassero, possibilmente in modo costruttivo e non in preda alle emozioni del caso, i motivi – necessariamente dettagli visto che l’esito si sarà potuto ottenere all’esito dell’ultima partita – che avranno determinato il risultato finale.

La stagione dell’Inter

Anche il giudizio complessivo sulla stagione dell’Inter sembra dipendere esclusivamente dal raggiungimento o meno del quarto posto: in caso affermativo, tutti sembrerebbero disposti ad ammettere che si è ottenuto il massimo possibile e si è raggiunto l’obiettivo prefissato; in caso negativo, si è già paventato che la stagione verrà considerata addirittura fallimentare. Ma può essere davvero così? Può il risultato di una singola partita determinare due diversi giudizi, così radicalmente opposti? Si può davvero passare dal “miglior risultato possibile” al “fallimento”?

Forse, anche in questo caso, un po’ di equilibrio non farebbe male e sarebbe corretto e lungimirante tentare di evitare di valutare una cosa o bianca o – diversamente – nera (anche perché, come noto, è un accostamento cromatico perlomeno discutibile).

Ciò detto, si ritiene che già ora sia possibile esprimere alcune considerazioni sulla stagione dell’Inter. Considerazioni che, quindi, prescindono completamente dal risultato di domenica e che si auspica – laddove condivise – non vengano sconfessate in preda agli strascichi emotivi (positivi o negativi che siano) causati dal match dell’Olimpico.

In quest’ottica, potrebbe partirsi considerando il dato di fatto che quest’anno l’Inter – a differenza degli anni passati – si sta comunque giocando all’ultima partita l’accesso in Champions League e, se proprio le cose dovessero andare male, giocherà comunque l’Europa League: il che è comunque un notevole miglioramento rispetto alla passata stagione. L’esito della partita di domenica ci darà soltanto la misura del miglioramento rispetto alla passata stagione: ma detto miglioramento è oggettivo.

Si, ma la società aveva detto che l’obiettivo era andare in Champions” (voce petulante in sottofondo)

Si, vero. Ma è anche la stessa società che quando ha fissato gli obiettivi pensava di comprare Vidal, Di Maria, Nainggolan, Messi, Ronaldo e il figlio di Marcelo. Poi in Cina hanno chiuso i rubinetti e di Marcelo non potevamo permetterci nemmeno il giardiniere.

Quindi sarebbe anche legittima una maggior elasticità nel valutare il risultato finale visto il mutamento radicale di strategie e possibilità (rispetto a quelle che – pare di capire – erano state promesse e sulla base delle quali erano stati fissati gli obiettivi: Sabatini docet). E se non si riuscirà ad andare in Champions League sicuramente nessuno sarà contento ma parlare addirittura di fallimento, risulterebbe eccessivo.

Si, ma sono i soliti giocatori a cui non frega niente, per 3 mesi non han giocato e perso un sacco di punti e dilapidato il vantaggio accumulato sulle altre” (stessa voce petulante in sottofondo).

Vero. Questo è il più grosso rammarico della stagione. Perché dopo un inizio eccellente (più dal punto di vista dei risultati che delle prestazioni: la squadra era ancora acerba e si vedeva) l’Inter ha avuto il “classico” black out (soprattutto caratteriale) ed ha dilapidato il vantaggio acquisito: e questo è un aspetto negativo della stagione della squadra, e lo sarà anche qualora l’Inter si qualificasse per la Champions League.

Tuttavia, anche le altre squadre con cui l’Inter è stata in corsa per tutta la stagione hanno attraversato momenti analoghi (se così non fosse non si starebbe ora parlando di una partita decisiva), il che comporta che, da questo punto di vista, all’Inter non possa attribuirsi un demerito superiore a quello delle sue competitors. Inoltre, se da un lato è comprensibile il rammarico per aver perso la situazione di vantaggio costruita nella prima parte di campionato, dall’altro deve essere apprezzata la ripresa della squadra che nella seconda parte le ha permesso di restare in corsa fino all’ultima giornata: e questo è un aspetto positivo della stagione della squadra, e lo sarà anche qualora l’Inter non si qualificasse per la Champions League.

Certo che, però, nella seconda parte del campionato siamo stati sfortunati: col Torino, il Sassuolo … e poi vogliamo parlare della partita contro la Juve e dell’arbitraggio di Orsato?” (altra voce petulante: “ma quanti siete??”)

No, non vogliamo parlarne. Sia chiaro, tutto vero: in particolare contro il Torino (ma anche contro il Sassuolo, a dispetto della versione che si è accreditata mediaticamente) l’Inter non è stata certo fortunata e l’arbitraggio di Orsato ha inciso non poco sul risultato. Ma sono certo che se si parlasse con un qualsiasi tifoso della Roma o della Lazio o del Napoli (e, pensate: addirittura della Juve), questo riuscirebbe a citare altrettanti esempi in cui dette squadre hanno avuto da recriminare. Salvo casi particolari (omissis), eviterei quindi di aggrapparmi a queste cose. Se l’Inter non arriverà in Champions League il vero rammarico lo si dovrà avere per il periodo in cui si è completamente staccata la spina: ed è questo in qualcosa si cui si dovrà lavorare in futuro, per evitare che episodi del genere si riverifichino. Come detto: questo è il neo principale della stagione dell’Inter.

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Un’ulteriore e finale considerazione è che questa è stata in ogni caso una stagione che, se da un lato ha fatto intravedere alcune ombre del passato (il che, come detto, non è certo positivo: e non lo sarà nemmeno qualora l’Inter si qualificasse per la Champions League), dall’altro ha scoperto una capacità di reazione e ripresa – anche e soprattutto caratteriali – sconosciute prima. Una squadra che è finalmente una squadra, con una sua fisionomia ed una guida affidabile (v. Spalletti), che ha avuto l’ulteriore merito di valorizzare i giocatori della rosa (in particolare: Gagliardini e Brozovic). Una squadra che dà la percezione di aver finalmente iniziato un percorso ed un progetto ben definito, come dimostrano anche le tempestive operazioni di mercato e come si spera possano confermare i – tanto sperati – riscatti di Cancelo e Rafinha, i quali hanno contribuito significativamente alla crescita della squadra.

Comunque andrà la partita di domenica, è quindi innegabile che rispetto al passato si siano gettate solide basi per il futuro e che la società stia lavorando proprio in un’ottica programmatica a più livelli (come dimostra anche il vertiginoso aumento del brand Inter nell’ultimo anno, cui ha contribuito una comunicazione decisamente più strutturata e accattivante). Pertanto, anche se la squadra non dovesse riuscire a centrare l’obiettivo, una valutazione della stagione dell’Inter come fallimentare sarebbe completamente fuori luogo e priva di argomenti. Salvo quello, superficiale ed acritico, per cui non centrare l’obiettivo rappresenta di per sè un fallimento.

L’auspicio sarebbe quindi che, a differenza di quanto avviene solitamente sia tra i tifosi che – meno comprensibilmente – a livello giornalistico e mediatico, i giudizi anche a posteriori sulla stagione della squadra non fossero determinati esclusivamente sulla base del risultato ed influenzati eccessivamente dalle emozioni del caso. Siffatti giudizi, infatti, si dimostrano poco costruttivi e tradiscono una carente profondità di analisi, quando non addirittura un approccio smaccatamente superficiale.

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