Alzi la mano chi, nel tempo intercorso fra il vantaggio di Lautaro Martinez e il pareggio di Miranchuk, non ha avuto l’impressione che il gol dell’Atalanta fosse nell’aria. L’aspetto più preoccupante, in questo momento della stagione nerazzurra, è il fatto che il gol subito abbia assunto i tratti dello scontato, della certezza, dell’inevitabile. Questo aspetto stride se si pensa che, nella passata stagione, i nerazzurri avevano chiuso con la miglior difesa della Serie A e che, sebbene il reparto non sia mai stato invalicabile nella gestione Conte, parliamo di numeri totalmente diversi rispetto a quelli di quest’anno. Sono ben 16 – in 9 partite – le volte in cui Handanovic ha raccolto il pallone dalla rete. Il gol di Miranchuk, però, fa malissimo, specie se consideriamo che la squadra di Conte, nel pomeriggio di Bergamo, si è ben comportata in fase difensiva.

Finalmente equilibrio

Atalanta e Inter sono due squadre molto simili: eccedono in gol gol fatti (ben 32 totali), creano un’enorme mole di occasioni e di tiri in porta (la squadra di Conte è quella che ne ha create di più in tutta la Serie A) ma subiscono tanti gol. E come spesso succede, quando le squadre sono pressoché uguali nella filosofia di gioco e nella mentalità, finiscono per annullarsi. Succede in particolare nel primo tempo, chiuso senza sussulti: è la tattica a farla da padrone. Gasperini e Conte la preparano bene, con attenzione massima in fase difensiva e ricerca – finalmente – dell’equilibrio con e senza palla. I moduli a specchio favoriscono l’uno contro uno e sembra davvero di assistere ad una partita a scacchi. A proposito di moduli, l’Inter ritorna di base al 3-5-2 rinunciando al trequartista: il disegno appare chiaro, con Brozovic vertice basso, Barella a destra e Vidal a sinistra. Probabilmente quello che sarà il centrocampo titolare per il resto della stagione. L’italiano, comunque, tende a staccarsi dal resto del centrocampo in fase offensiva per andare ad occupare una posizione da trequartista mascherato. La squadra di Conte, in ogni caso, appare più compatta e meno scriteriata. Non può essere un caso, inoltre, che l’Inter giochi la miglior prestazione difensiva stagionale dopo quella contro la Lazio a Roma. Comun denominatore? Il terzetto Skriniar-De Vrij-Bastoni, quello che la scorsa stagione era titolare e che aveva fornito garanzie. Certo, lo slovacco continua ad essere adattato e a rappresentare l’anello debole del trio, ma sta migliorando e sicuramente può e deve continuare a farlo con una caratteristica che sicuramente non gli manca, l’abnegazione. Certo, la coperta sembra essere corta perché, ad una maggiore attenzione difensiva, corrisponde una scarsa pericolosità offensiva.

Lautaro è tornato, Sanchez no

Con Lukaku ancora non al meglio e in panchina, l’accoppiata Lautaro-Sanchez è una scelta obbligata per Conte. Il primo riserva un brivido a tutto lo staff e ai tifosi nerazzurri per un problema nel riscaldamento ma alla fine gioca lo stesso, pur in condizioni deficitarie e non al meglio, come si può notare dalla corsa poco fluida. Il secondo, recuperato dopo l’infortunio rimediato in nazionale (a proposito, ci attende un’altra pericolosissima sosta, non solo a livello fisico ma soprattutto a livello pandemico), viene schierato per la seconda volta in stagione da titolare dopo Benevento, quando era stato affiancato da Lukaku. Nel primo tempo il Toro e il Nino Maravilla faticano, anche perché la squadra continua a cercarli con il lancio lungo: una soluzione non proprio nelle loro corde. Sanchez, soprattutto, si trova a suo agio quando può puntare l’avversario nell’uno contro uno, cosa che accade di rado. Il cileno, però, appare veramente spaesato e poco concreto, venendo costantemente anticipato. Lo stesso succede per buona parte di gara anche all’argentino. I due attaccanti dell’Inter soffrono la copertura di Romero e Djimsiti, meglio piazzati fisicamente. Poi, però, nella ripresa Lautaro ricorda di essere il Toro: splendida incornata a girare che si rivela vincente, poi assist perfetto per Vidal che vanifica lo 0-2. Ed è proprio questa occasione fallita a rappresentare l’ennesimo rimpianto di questa prima parte di stagione: l’Inter non uccide la partita e, come di consueto, viene punita. Perché, quando va dall’altra parte, paga una tassa salatissima ormai diventata fissa.

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La triste certezza

La percentuale realizzativa degli avversari dell’Inter in relazione ai tiri in porta è francamente incredibile: ancora una volta, un tiro un gol. E sono ancora una volta errori individuali a determinare l’ennesima non-vittoria della squadra di Conte. Bastoni lascia troppo spazio per il sinistro di Miranchuk, che però non è affatto irresistibile: lento e non troppo angolato. Morale della favola: Samir Handanovic, ancora una volta, poteva fare di più. Ed è una frase che ormai non è più sporadica, comincia a diventare triste consuetudine e lascia pensare ad un declino già cominciato da un paio di anni e che diventa sempre più visibile. Sbaglia partendo male, con un passo verso destra, ed il successivo tuffo è notevolmente lento. Parliamo di un errore che costa tantissimo: altri due punti pesanti e un altro clean sheet mancato. Ed è frustrante perché l’Inter non aveva concesso nulla all’organizzazione offensiva atomica dell’Atalanta, che era stata annullata in maniera efficace.

Speranze post-sosta

La sosta di novembre è arrivata, e si possono fare delle prime considerazioni su quella che è stata la stagione dell’Inter fino a questo momento. Con onestà intellettuale. Perché occorre ricordare che la squadra di Conte è stata quella che ha riposato di meno in tutta la Serie A, avendo concluso la stagione 2019-20 il 21 agosto. Dopodiché, subito partite ogni tre giorni, con 6-7 casi Covid che hanno penalizzato la rosa, costringendo Conte a dover chiedere gli straordinari ad alcuni giocatori, vedi Barella, Vidal, Lautaro e Lukaku. Con quest’ultimo che ha pagato l’eccessivo (ma obbligato) stress fisico con l’infortunio muscolare che è pesato tantissimo nelle ultime tre partite. In campo, l’Inter non è mai stata dominata da alcun avversario, ma ha mostrato alcuni evidenti difetti: i gol subiti e la mancanza di equilibrio su tutti, l’incapacità di chiudere le partite nonostante la moltitudine di occasioni create. L’Inter deve concentrarsi proprio su quest’ultimo aspetto: perché è vero che c’è anche della sfortuna se si subisce gol praticamente ad ogni tiro avversario, ma una grande squadra deve prevenire il rischio. Segnando, capitalizzando. Questa è la grande speranza. Solo così si può vincere.

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24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.