Lautaro impiega poco meno di 3 minuti per portare l’Inter in vantaggio in un derby che si rivelerà complicato, difficile da gestire ed importantissimo sul piano psicologico, visto l’esito che ne è conseguito, per il finale di stagione. Con la regola del gol trasferta ancora in attivo, l’Inter si presentava a disputare questa semifinale di ritorno in svantaggio dato lo 0-0 dell’andata (“fuori casa”) e le sarebbe servito trovare il gol il prima possibile per cercare di raddoppiare prima che il Milan potesse portarsi sull’1-0 o 1-1 chiudendo definitivamente i giochi.
E così è stato.
L’Inter passa in vantaggio con un gran gol del Toro dopo una manciata di minuti controllando per buona parte del primo tempo, nel dettaglio fino almeno alla mezz’ora dove esce fuori il Milan con un paio d’occasioni (la più pericolosa è quella di Saelemakers con paratona di Handanovic) e qualche ripartenza di Leao che crea più di qualche fastidio. Il tutto nasce da un’inspiegabile lunghezza delle due compagini nella posizione in campo, come se fosse l’ultimo quarto d’ora, e questo naturalmente a discapito dell’Inter che era in vantaggio controllando fino a quel momento la gara in tranquillità.
Ma questa attitudine se da un lato genera fastidi alla difesa nerazzurra che riesce a cavarsela, dall’altro dà sfogo anche alle contro-ripartenze interiste e proprio da una di queste nascerà il raddoppio sempre firmato Lautaro: parata di Handanovic su un tiro di Leao lanciato in contropiede viene ribattuto e diventa rapidamente un’offensiva per l’Inter con Correa che lancia il Toro davanti a Maignan, colpo sotto e 2-0.
L’asse sudamericana funziona, seppur ai punti Correa verrà surclassato dal compagno di Nazionale a livello di prestazione, oltre all’assist el Tucu non riuscirà ad incidere soprattutto nei momenti in cui ci si aspetterebbe una giocata che, più di lui, nelle corde, non ha nessun’altro in rosa.
Nel secondo tempo il Milan spinge, senza trovare pertugi, con le respinte della difesa interista e con pochi tiri nello specchio ma lo fa in maniera insistente con l’Inter che sembrava aver mollato un po’ la presa volendo solo controllare il risultato. Ed ecco il gol con un tiro da fuori di Bennacer (prossimo al cambio) che per fortuna Mariani annulla, dopo consultazione al VAR, per fuorigioco di Kalulu che ostruisce la vista ad Handanovic trovandosi sulla traiettoria del pallone.
Qui finisce la gara. Il Milan ha un contraccolpo psicologico, l’Inter mantiene la calma e la gestione del gioco, fino alla ripartenza del totalizzante 3-0 con Brozovic che serve Gosens, subentrato poco prima a Perisic, chiudendo definitivamente la partita e portando l’Inter in finale di Coppa Italia.
El Juego vertical
Da quando si è battuta la Juventus in campionato è evidente che ci sia stata un’inversione di rotta negli atteggiamenti e nel gioco della squadra di Inzaghi. Ed è curioso a volte vedere come queste svolte in una stagione arrivino dopo una partita giocata nella maniera e con un approccio totalmente opposti. Dopo la gara con il Milan in quel fatidico 6 febbraio scorso, l’Inter ha avuto un’involuzione sotto tutti i punti di vista nonostante avesse disputato un’ottima partita, il migliore in campo per i cugini fosse stato Maignan e ci furono una valanga di occasioni sprecate da parte di Dzeko&Co.
Due tiri in porta subìti due gol presi, bella partita ma tre punti ai rossoneri.
Esattamente il contrario di ciò che è accaduto qualche settimana fa, l’Inter fa una partita da Juve contro la Juve e vince 1-0, di concretezza, disputando di certo non la sua partita migliore.
Da lì la rinascita, da una brutta prestazione ma che ha portato punti preziosi si è riacceso l’animo per poter provare a ritornare a giocarsi il campionato ma anche ad esprimere un buon calcio (cosa che mancava proprio da quel derby di ritorno).
L’Inter è tornata a giocare in verticale, a giocare rapidamente in avanti, ad imporre il proprio ritmo e a fare un possesso palla rivolto a voler far gol piuttosto che tenere il pallone in una modalità sterile e altamente noiosa.
Se l’Inter propone un calcio come quello visto ieri sera è nettamente la favorita (ad oggi) per vincere lo scudetto, il ventesimo, aggiungendo così la seconda stella sulle proprie maglie.
Attenzione però a non ricadere nell’oblio del pre-Juventus con quel gioco compassato, senza mai arrivare a conclusioni a rete e passando la maggior parte del tempo a far litigare Handanovic con il pallone.
Il fantasma della presunzione che possa bastare così e che il Milan dopo questo derby perso sia oramai fuori dai giochi è dietro l’angolo, quindi bisognerà insistere e persistere su questa via senza cali.
Gioielli
Il periodo di blackout ha portato non solo scompiglio all’interno della famiglia Inter, mettendo in discussione allenatore (che per inesperienza a gestire emozioni e giocatori a certi ambienti ha avuto oggettive difficoltà), giocatori e i dirigenti che hanno costruito questa rosa.
Molte critiche sono giunte soprattutto a Barella, essendoci stato in concomitanza con il suo momento down anche la sua pessima prestazione alla non qualificazione dell’Italia ai Mondiali, un giocatore che se è in forma fisica ottimale è fuori controllo per gli avversari. Ieri sera era visivamente in una forma fisica eccelsa ed ha, infatti, giocato una partita magistrale. A volte ci dimentichiamo troppo spesso il talento, la bravura di un giocatore non concedendogli neanche un periodo di stallo.
Idem il discorso per Lautaro. Oggettivamente il suo periodo è stato molto più duro rispetto a quello di Nicolò, mediaticamente un attaccante che non segna (e per parecchio tempo) è sempre messo alla gogna. Ed eccoci qui, Lautaro è campione. Non sarà mai un bomber da 30 gol all’anno e di questo ne siamo consapevoli ma è un calciatore che non manca mai all’appuntamento importante, nei grandi palcoscenici si fa sentire (vedi Liverpool).
Infine tra le prestazioni maiuscole di ieri ci sono i soliti dell’est: Skriniar, Perisic e Brozovic.
Forse sono gli unici tre che non hanno mai avuto un vero e proprio calo, continuano imperterriti a fare delle partite di una quantità/qualità indescrivibile e i rinnovi sono stati cosa buona e giusta.
Almeno quelli di Milan e Marcelo, per quanto riguarda Ivan speriamo tutti di vederlo ancora in maglia nerazzurra ma se così non fosse Gosens ha dimostrato di poter essere un’ottima alternativa.
Un mese per una stagione
Il derby vinto, 3-0 in maniera netta, deve essere una vittoria non solo sul campo ma anche nella testa, mentale. Perché oltre alla finale di Coppa Italia dell’11 maggio, contro la vincitrice tra Juventus e Fiorentina, che sarà importantissima naturalmente ma sempre di una finale si tratta con i suoi mille imprevisti, sarà fondamentale sfruttare questa partita a proprio vantaggio per il rush finale di campionato.
Il destino dell’Inter è, di nuovo, nelle proprie mani e la seconda stella lì, ad un passo. Bisogna saltare l’ultimo grande ostacolo che è la Roma di Mou, che in questo periodo non è facilissimo affrontare ma per il resto l’Inter ha la strada spianata almeno sulla carta.
Tantissima attenzione bisognerà averla anche nel recupero con il Bologna che ha fermato proprio Milan e Juventus e nonostante non abbia più obiettivi stagionali non è una squadra facilmente battibile ad oggi.
Manca poco più di un mese al finale di stagione, l’Inter è tornata quella che Inzaghi ci aveva fatto piacere tanto e sarebbe un peccato non coronare questa stagione difficoltosa con quell’ultimo sforzo per poter entrare nella storia del calcio italiano.