Un pareggio che vale già una sentenza: la qualificazione dell’Inter agli ottavi di finale di Champions League è in salita. Sta alla stessa squadra nerazzurra far sì – nelle prossime quattro decisive partite europee – che questa non sia troppo ripida e che si possa attraversare, seppur a fatica. C’era da aspettarselo, però. L’Inter, a differenza delle ultime due partecipazioni alla Champions, non è incappata in una big della seconda fascia. Il gruppo, però, rimane molto equilibrato e soprattutto aperto a sorprese, come dimostra il solo punto conquistato dal Real Madrid, costretto al pari raggiunto solo in extremis in Germania dopo il ko con lo stesso Shakhtar Donetsk all’esordio. Gli ucraini, che contro i Blancos erano riusciti a segnare ben tre gol, ieri non hanno mai impensierito Handanovic. Probabile che nello Shakhtar si fosse radicato una sorta di trauma dopo il devastante 5-0 rimediato contro l’Inter di Conte ad agosto, nella semifinale di Europa League. Il tecnico Castro ha quindi preparato e messo in atto una partita esclusivamente difensiva, un catenaccio d’altri tempi molto simile a quello con cui si è misurata dall’Inter sabato scorso a Genova. Con la differenza che, se i liguri si erano sbilanciati nel secondo tempo, prestando il fianco alla pericolosità offensiva nerazzurra in transizione, lo Shakhtar non si è mai sbottonato, forte anche della vittoria all’esordio nel girone.

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La situazione in classifica non è delle più rosee, ma dopo un risultato così frustrante può esserci spazio anche per cogliere i lati positivi. Uno è rappresentato dal fatto che, come detto, gli avversari ormai accettano spesso e volentieri di dover ricorrere alle barricate quando affrontano l’Inter. Prova ne è l’atteggiamento di una squadra tipicamente offensiva come lo Shakhtar, che può contare su un vasto nucleo di calciatori brasiliani, quindi su un’ottima tecnica di base. L’altro dato positivo è quello relativo ai gol subiti: dopo un pessimo inizio (10 in 5 partite), la squadra nerazzurra è al secondo clean sheet consecutivo. Riconquistare solidità è fondamentale per il futuro nerazzurro. In questo senso, il ritorno di Bastoni e un De Vrij lanciato verso la condizione migliore si sono rivelati due fattori dal peso specifico non indifferente.

Sprechi, lentezza, sfortuna…

Il mancato successo dell’Inter può essere imputato a vari fattori: da una parte c’è una manovra lenta, esasperatamente lenta e prevedibile; poi c’è una buona dose di sfortuna, vedi traverse colpite da Lukaku e Barella; infine, alcune occasioni colpevolmente sciupate, con degli sprechi che alla lunga potrebbero rivelarsi fatali. Non solo gol sbagliati, ma anche scelte decisive errate nell’ultimo passaggio, come è capitato in occasione di alcune sgroppate di Hakimi e Young. La manovra, come detto, è compassata. C’è da dire che giocare contro un avversario che si difende con undici giocatori non lascia spazio allo spettacolo, ma in molti casi gli interpreti nerazzurri sono prevedibili. Brozovic va ad intermittenza, Vidal appare stanco sin dal primo tempo (quinta partita consecutiva da titolare), Hakimi non è nella sua serata migliore, Young è lucido solo nei primi 45 minuti, poi l’inattività causa Covid si fa sentire. E così il vero regista appare Bastoni, che in molti casi si disimpegna addirittura a centrocampo e che ha il compito di scegliere la soluzione migliore per premiare i movimenti dei compagni. Le due traverse vedono come attore protagonista Lukaku: nella prima va via di forza, si fa respingere il tiro dal portiere ma poi serve lucidamente Barella che colpisce bene, a testimonianza che all’Inter spesso e volentieri gira anche male. Il secondo legno è colpito direttamente dal belga, che scopre di poter essere pericoloso anche su calcio di punizione, non esattamente la specialità della casa. Ma è nel suo compagno di reparto che si condensa un atavico difetto nerazzurro – ovvero la mancanza di cinismo – quando Lautaro Martinez sbaglia a porta vuota dopo la conclusione di Brozovic respinta.

Momento no

Il Toro continua ad apparire nervoso. Non è il miglior periodo per l’attaccante di Bahia Blanca che, nonostante un ottimo avvio da 3 gol in 3 partite di campionato, è adesso a secco da 4 match. La rabbia manifestata a Genova al momento del cambio non è stata casuale, e condensa l’insoddisfazione che anima il numero 10 nerazzurro. Ieri la sua prova negativa non è stata caratterizzata solo dal gol sbagliato, che può capitare. C’è una serie di palle perse, di scelte infelici, di ingenuità non da Toro, che ha sempre fatto dell’astuzia e della grinta i suoi migliori pregi. L’impressione, però, conoscendo la storia del ragazzo, è che basti un gol affinché possa sbloccarsi e tornare quello di sempre. Il problema, anzi problemone dell’Inter, è che quando uno dei due attaccanti si inceppa non ci sono alternative utili a colmare il deficit.

Cambi inconsistenti

Bisogna riconoscere che quella di ieri sarebbe stata la partita perfetta per Alexis Sanchez. Contro una difesa così chiusa, un giocatore in grado di saltare sistematicamente l’uomo avrebbe rappresentato oro colato, e quello del Nino Maravilla è l’identikit perfetto. La speranza è quella di recuperarlo in tempi brevi, perché la sua mancanza comincia ad essere pesantissima. Non disponendo di Sanchez, Conte ha dovuto ripiegare su Ivan Perisic nell’insolito ruolo di seconda punta, visto che Andrea Pinamonti appare nettamente spaesato, specialmente in contesti così importanti e ricolmi di pressione. L’Inter ha bisogno di completare il suo attacco, una lacuna che caratterizza da troppo tempo la squadra nerazzurra. Manca una quarta punta (c’è da dire che, vista la tendenza all’infortunio di Sanchez, sarebbe spesso e volentieri il terzo attaccante) affidabile, in grado di cambiare la partita in corsa. C’è ancora il terrore, infatti, che uno fra Lautaro e Lukaku possa soffrire di problemi fisici, esattamente l’incubo della scorsa stagione. E si sperava, francamente, di poter risolvere questo disagio nella scorsa sessione di mercato. Non è normale, se ti chiami Inter.

Ciò non toglie, comunque, che Perisic sia entrato malissimo, non apportando nessuna miglioria alla squadra di Conte. Christian Eriksen è invece un fantasma: ingresso in campo a 15 minuti dalla fine, tocca pochissimi palloni e sembra ancora una volta totalmente avulso dal gioco, nonostante la sua qualità fosse sulla carta utile per scardinare e abbattere il muro eretto da Castro. Niente da fare, ancora una volta.

Basta rimpianti

Spesso e volentieri sembra di rivivere alcune situazioni della scorsa stagione, in particolare dell’ultima Champions League. Il sanguinoso pareggio interno all’esordio contro una squadra di quarta fascia, adesso l’incapacità di vincere nonostante un dominio nel gioco. Sono 4 punti persi che, alla vigilia del doppio prestigioso impegno contro il Real Madrid, rischiano di diventare fatali. L’Inter, però, può dimostrare di essere cresciuta e di aver compiuto passi avanti rispetto alla scorsa annata proprio battendo una big europea. Siamo certi che (purtroppo) i Blancos scenderanno in campo con una diversa attitudine dopo il solo punto conquistato nelle prime due partite, con lo spettro dell’eliminazione che si è fatto più concreto. L’Inter dovrà dimostrarsi all’altezza, perché la terza eliminazione consecutiva ai gironi di Champions sarebbe davvero difficile da digerire. E in particolare lascerebbe spazio, ancora una volta, ai rimpianti per i punti persi ingenuamente nella fase iniziale. L’Inter non può più permetterselo: la qualificazione agli ottavi diventa qualcosa di molto vicino a un obbligo.

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24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.