Dopo la clamorosa vittoria in Champions contro il Barcellona, l’Inter si trasferisce in un sabato d’ottobre a Sassuolo e ritrova tre punti sofferti quanto fondamentali per la difficile, ma non impossibile, “remuntada” in campionato. La formazione che si presenta dinanzi ai nerazzurri non è di certo una corazzata ma è giovane e sgambata, pronta a giocarsi gli uno contro uno come a subirli senza troppe paturnie.

L’Inter gioca un ottimo primo tempo, a tratti forse leggermente compassato, ma che nel complesso convince, tant’è che sono diverse le occasioni da gol fallite fino alla rete di Dzeko al ’44.
Nel secondo tempo, al principio, i nerazzurri sono meno impetuosi e pericolosi lasciando spazio (mai troppo) agli attaccanti di casa così da farli rendere in un paio d’occasioni pericolosi.
Poi, arriva la rete di Frattesi sull’unica vera occasione da gol del Sassuolo: cross dalla sinistra e gran inserimento del centrocampista della Nazionale che batte un incolpevole Onana.
Ennesima rimonta subita dopo essere passati in vantaggio e tutti gli sforzi contro il Barcellona di martedì che sembrano sfumare.
A questo punto, l’Inter riprende in mano la gara; gioca, crea, sbaglia finché non ritrova il vantaggio con una palla messa in mezzo da Mkhitaryan per la zuccata di Dzeko, che sigla il suo 101° gol in serie A.
Giunti qui, la squadra di Inzaghi controlla, amministra e si prende la vittoria con i tre punti annessi che, oltre a provare ad accorciare sulle altre concorrenti, danno fiducia allo spogliatoio e a tutto l’ambiente Inter.

Il toto-portiere lo vince Onana
Alla fine, è toccato a lui. Inzaghi sceglie il portiere camerunense per difendere la porta nerazzurra a Sassuolo, quando sembrava che si sarebbe andati avanti con un tira e molla tra campionato e Champions con Handanovic. Prime due partite da titolare per l’ex-Ajax che convincono, a Barcellona, con un po’ di fortuna, è riuscito a rimanere imbattuto mentre a Sassuolo ha sùbito una rete ma senza colpe e trasmettendo una sicurezza più concreta rispetto al collega sloveno.

Inzaghi ha dichiarato che continuerà a valutarli partita dopo partita, non si sbilancia per il ritorno con il Barcellona in Champions ma sembrerebbe più una posa, una mossa per tenere saldo il gruppo visto che Handanovic rimane pur sempre il capitano. D’altronde, il sorpasso di Onana nelle gerarchie sembrava essere solo questione di tempo, da un lato perché serviva una svolta, un cambiamento e d’altro canto proprio perché Handanovic, in verità da diversi anni ormai, è in oggettiva difficoltà. E poi, sinceramente, l’alternanza non faceva proprio bene a nessuno, né ai due portieri né tantomeno all’Inter.
Quindi, seppur non ufficializzato da mister Simone, parrebbe che Onana si sia conquistato a pieno titolo la maglia da titolare dell’Inter o almeno, noi, ce lo auguriamo.

Non è tardi per la nuova Inter

Il vero “in-out” è stato indubbiamente la partita a San Siro di martedì scorso. Lì, con quella vittoria contro il Barcellona, la squadra ha dimostrato di non voler buttare definitivamente una stagione al suo inizio ma di voler reagire e provare a cambiare qualcosa per poter rimettersi in carreggiata.
Insieme alla squadra anche Inzaghi sembrerebbe aver cambiato approccio alla gara, sia nella fase pratica del gioco (più propositivo), sia nella fase della gestione degli uomini (formazione e cambi corretti).
Era l’ultima chance dopo la sconfitta con la Roma per provare a mantenere la sudatissima panchina nerazzurra ed ancora più difficile era mantenere questo livello contro il Sassuolo: sia per le energie perse martedì, sia perché la testa poteva andare di già alla partita di ritorno; invece no, si è giocato, si è sofferto, si è reagito e si è poi riusciti a mantenere un risultato di vantaggio.
Il merito è di tutti.
Inzaghi è conscio di essere sull’orlo del precipizio e si è giocato le sue ultime cartucce cercando di ritrovare un gioco coinvolgente e più dinamico, che per diverse motivazioni si era perso durante il cammino. Non è ancora stato fatto il massimo, due partite non bastano per poter dire di essere tornati quelli della prima metà dello scorso anno ma dobbiamo ammettere di aver visto una volontà, sia da parte dell’allenatore che dei giocatori, di volerci tornare a quei livelli lì.
Vincere con il Sassuolo senza aver creato nulla sarebbe valso come una sconfitta e probabilmente avrebbe acuito la distanza tra allenatore e società, invece le ultime due vittorie sono arrivate con convinzione e buoni propositi, ed era quello che serviva per poter rialzare la testa.

Maledizione giallo, maledizione Lautaro

Al netto di tutto, qualcosa che non va ancora c’è.
In primis: la perversione di Inzaghi di cambiare chiunque sia stato macchiato del reato del giallo. Un difetto (a mio avviso enorme) del mister che prima o poi bisognerà accettare, con la speranza sempre accesa che cambi questo atteggiamento francamente inspiegabile. A Sassuolo i primi due cambi sono stati fondamentalmente “sprecati” ed estremamente frettolosi. Capibile il cambio di Asllani mentre molto più complicato dare spiegazione all’uscita di D’Ambrosio, non proprio ragazzino ed uno che in campo con un giallo sul groppone sa starci.
In secundis: “il momento no(gol)” di Lautaro.
Le ultime partite del Toro sono state perfette sotto il punto di vista della voglia di cambiare qualcosa, di dare una scossa, dell’atteggiamento propositivo. E, in realtà, anche ieri non si può dire che abbia giocato male, nonostante abbia sbagliato almeno quattro occasioni, nitide, da rete.
Il tutto dà la sensazione che servirà solamente sbloccarsi una volta per tornare a segnare con continuità perché il calciatore è in forma; è pur vero che nella carriera nerazzurra di Lautaro di momenti di siccità da gol li abbiamo già vissuti e credo che ne vivremo ancora. E’ un giocatore che ha, proprio nelle sue caratteristiche, periodi di questo genere, non è un rapace un super-goleador e a volte (tipo lo scorso anno) queste pause possono far male alla squadra.
Nel frattempo, aspettando il ritorno dei gol di Lautaro ci godiamo queste due vittorie consecutive aspettando di nuovo il Barcellona per, chissà, magari sorridere ancora.